Cap. XVIII

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Non si accorse nemmeno cosa stesse accadendo, la musica e il loro ritmo lento l'avevano rintontita e fatta cadere in uno stato di trance sublime che non le dispiaceva affatto, l'unica cosa che ebbe il potere di farla rinvenire fu la mano del Nano alla base della sua schiena e le sue labbra premute sulle sue.

Con passi veloci e passionali Thorin l'aveva riportata a casa, mentre divorava le sue labbra, ammorbidite da un po' di miele che era riuscita a procurarsi al mercato poche ore prima, come una animale famelico.

A tentoni risalirono le scale in legno, scivolando ridendo come idioti diverse volte, raggiungendo finalmente la stanza di Thorin dove erano sicuri nessuno li avrebbe disturbati; con un calcio la porta già cigolante venne spalancata e richiusa.

I loro vestiti iniziarono velocemente a cadere per terra, rivelando i loro corpi nudi segnati da cicatrici simbolo della loro umanità, mentre le loro labbra e lingue si rincorrevano frenetiche e desiderose di altro, molto altro.
Thorin la prese in braccio portandola sul letto dove poté finalmente ammirare le forme del suo corpo perfetto, mentre le sottili mani dell'altra percorrevano il suo petto e la sua schiena con delicate carezze di cui il Nano rimase piacevolmente sorpreso.

Non ebbero bisogno di altro, lui entrò dentro di lei il più delicatamente possibile, facendola abituare alla sua, per così dire, regale presenza, per poi iniziare a spingere prima lentamente e poi sempre più veloce, lasciandosi prendere anima e mente dai sentimenti che li legavano indissolubilmente.
Dalle labbra a distanze millimetriche dei due amanti uscivano solamente delicati sospiri e ansiti di piacere che riempirono la stanza di una melodia sensuale che sapeva d'amore.

Quella notte si promisero l'uno all'altra, e mentre Thorin la strinse tra le sue braccia cadendo in un sonno profondo lei nella sua mente pensò: non amerò alcun uomo al di fuori di lui.

Terminarono di caricare le barchette che li avrebbero portati all'altra riva del lago, una volta lì avrebbero risalito a piedi il crinale verso la Montagna. Miriel sospirò pesantemente nel vedere Thorin prendere da parte Kili, sapeva bene cosa voleva comunicargli.
Il giovano Nano subitò si agitò e discusse contrariato ma nulla smosse Scudodiquercia dalla sua decisione; Kili sarebbe rimasto li per curarsi e riprendersi dalla brutta ferita lasciata dalla freccia Morgul, ciò che il prossimo re sotto la Montagna non poteva aspettarsi era però che Fili sarebbe rimasto con suo fratello.
Zio e nipote si fronteggiarono con sguardi di fuoco e alla fine ebbe la meglio la testardaggine del nipote, che subito raggiunse Kili con Oin al seguito.

Thorin raggiunse allora Miriel, sbuffando contrariato per la decisione del nipote maggiore, le strinse la mano senza dire una parola, l'unica cosa di cui aveva bisogno era un suo contatto, saperla vicina.

Partirono senza guardarsi indietro, velocemente raggiunsero la riva opposta, dando inizio al loro ultimo viaggio verso la Montagna che si estendeva imponente su tutta la vallata brulla, così vicina ed enorme ai loro occhi.


Viaggiarono notte e giorno per tre lunghi ed interminabili giorni; solo al termine del terzo, alle pendici della Montagna, si consentirono alcuni minuti di riposo e ristoro; Smaug forse era ancora li dentro ad attenderli e loro avrebbero dovuto essere pronti a combattere.

Miriel si sedette contro la parete rocciosa, accanto a Thorin, le cui mani vibravano dall'impazienza e il desiderio di avere finalmente tra le mani il tesoro dei suoi avi.
 «Ci siamo quasi, sento già le fucine nuovamente calde e le risate dei bambini grati a te per avergli ridonato la loro casa» disse accennando un sorriso accarezzandogli con un gesto stanco il volto.

 «Sì, sarebbe un vero peccato se morissimo; non sappiamo se quel dannato drago ci stia ancora aspettando dopo così tanto tempo» ribatté l'altro con la sua risatina roca che utilizzava sempre quando era sarcastico.

 «Thorin, non perdere la speranza, anche se quel drago fosse vivo noi lo sconfiggeremo, insieme; guarda» aprì un braccio indicandogli gli altri intenti a prepararsi per la scalata e la possibile battaglia «Siamo arrivati fin qua con te, guidati da te, per il nostro popolo; non abbiamo paura della morte o della battaglia o dell'oscurità, non più. Abbiamo attraversato tutto questo insieme per il nostro popolo e andremo anche incontro alla morte se servisse per uccidere Smaug, ma ti posso giurare che Erebor sarà di nuovo dei Nani, costi quel che costi» concluse guardandolo dritto negli occhi.

Il Nano rimase in silenzio, stupito da così tanta saggezza e determinazione nella voce della compagna con cui era cresciuto, per poi rimanere incantato dai suoi occhi e dalla loro limpidezza; con la sua mano ampia, calda e un po' callosa, andò ad accarezzarle il viso, sorridendole dolcemente «Ti ho mai detto che ti amo e che sarei perso senza di te?» domandò retoricamente.

 «No ma non ho mai avuto bisogno che me lo dicessi» Miriel sorrise abbassando un attimo il capo per poi rialzarlo e tornare a guardarlo.

 «Thorin è quasi il tramonto, dobbiamo andare» gli ricordò Dwalin sistemando la sua ascia sulla schiena, sentendosi un po' in colpa per aver interrotto probabilmente uno dei loro ultimi attimi di tranquillità, ma necessitavano di scalare la Montagna e anche velocemente.

 «Sì eccoci, andiamo» disse Thorin rialzandosi prendendole una mano aiutandola, per poi rivolgersi a tutti.
Così iniziarono a scalare a mani nude la parete rocciosa, fino ad arrivare a metà della statua del Nano scolpita dai loro avi.

Mancavano solo pochi minuti, giunti davanti al punto indicato dalla mappa attesero che l'ultimo raggio del dì di Durin toccasse la pietra per poi lasciare il cielo plumbeo sfumato di un lieve rossore.

 «Dov'è la porta» domandò Nori.
 «Non lo so» rispose Bifur guardando la roccia preoccupato con il cuore palpitante in gola.
 «Presto, apritela! Cercatela!» ordinò Thorin mentre gli altri iniziarono a cercare una qualsiasi cosa che potesse mostrar loro la porta, la loro unica speranza che per mesi li ha accompagnati nel loro viaggio.

Tutti i tentativi dei Nani di cercare e buttare giù quella dannata porta furono inutili, persero le speranze e uno alla volta, affranti, iniziarono a ridiscendere la Montagna.
 «No non fate così» provò a convincerli Bilbo ma ottenne solo sguardi pieni di dolore, anche Miriel, che aveva riposto così tanta fiducia in quella missione, lo guardò con occhi spenti per poi ridiscendere.

Il povero Hobbit si guardò intorno cercando di capire cosa non avesse funzionato, quando un tordo si appoggiò su una roccia accanto alla parete; Bilbo lo guardò incuriosito per poi guardare in alto, la luna fece capolino tra le nuvole e un sottile raggio raggiunse lento la parete della Montagna, rivelando improvvisamente allo Hobbit quella che gli parve a tutti gli effetti la toppa di un porta.

 «Aspettate! Aspettate! Eccola, la porta! Non era l'ultimo raggio d'estate ma il primo di autunno» urlò contento cercando di richiamare i suoi compagni; si girò e rigirò in cerca della chiave, calciandola all'improvviso a causa della stazza dei suoi piedi.
Fortunatamente un robusto scarpone la bloccò prima che potesse cadere tra le rocce.

Thorin la raccolse, guardando la porta, si avvicinò e inserì la chiave nella toppa, facendola girare senza problemi; nel mentre tutti erano ritornati indietro e guardavano ansiosi la schiena del loro re.

Con una leggera pressione, il Nano scostò la pesante pietra, aprendo l'entrata per la Montagna.
Lui stesso vi entrò per primo, subito seguito da Miriel e Balin.

 «Conosco queste mura... questa pietra» mormorò commosso sfiorando la pietra come se fosse cristallo; Miriel non resistette all'emozione e cadde in ginocchio.

 «Siamo a casa» sussurrò tra le lacrime di gioia.

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