Cap. XXIV

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Come nulla la valle si ritrovò invasa da Orchi, fetide e orride creature che combattevano con ferocia e forza, massacrando chiunque gli si parasse davanti senza il benché minimo rimorso o pietà.

Non ci furono bisogno di parole o trattati tra Uomini, Nani ed Elfi per creare una provvisoria alleanza contro il nemico che soli non avrebbero mai potuto sperare di sconfiggere; gli unici che non intendevano però scendere in battaglia furono proprio i Nani di Erebor, rimasero a guardare, lo stesso Thorin si ritirò dentro alla Montagna indifferente al sangue che veniva versato dinanzi alla sua porta.

Prima attaccarono gli Elfi con lame e lance, riempiendo poi quelli spregevoli esseri di una pioggia di frecce, a cui si unirono anche quelle di Miriel che, con la sua mira impeccabile, abbatté molti nemici.
Successivamente fu la volta di Nani e uomini che costrinsero gli Orchetti alla fuga con non poco sforzo; di Azog nemmeno l'ombra.

Miriel osservò i corpi putridi ai suoi piedi, pareva tutto terminato.
 «Sire Thranduil, qualcosa non quadra, non possono averci dato così facile vittoria» sollevò appena lo sguardo sotto le sopracciglia incurvate dal dubbio, spostando indietro i capelli sporchi di sangue ed aggrovigliati.
 «Anch'io penso non sia finita, troppo pochi sono morti dei nostri» aggiunse Bard sempre più preoccupato scrutando i dintorni in cerca di qualsiasi indizio che provasse le sue paure.

Purtroppo le loro preoccupazioni si tramutarono in realtà, ben presto fecero ritorno gli Orchi, più numerosi e forti di prima e la battaglia infuriò nuovamente nella valle della Montagna Solitaria.

Colpì l'ennesimo Orco con Amdir, ormai le rimaneva solo la sua preziosa spada dato che l'arco era andato distrutto in uno scontro corpo a corpo vinto con un bel po' di fatica; si apprestò a riprendere fiato, difesa da alcuni Nani disposti a cerchio, quando ecco atterrare un Elfo accanto a lei.
Lo riconobbe subito, Legolas Thranduilion.

 «Arrivi esattamente nel momento giusto principino, sei fresco e riposato, pensaci tu» commentò tenendosi un fianco ferito con una punta di ironia mentre riprende fiato.
 «Tu non capisci, sta per arrivare un esercito ancor più grande di questo, capeggiato da Bolg, per nessuno in questa valle ci sarà scampo. Dobbiamo trovare un modo per difendere la cittadella» disse l'altro con tono grave indicandogli Dale ancora miracolosamente illesa.
 «No non oserebbero...» mormorò sconvolta a bocca schiusa poi ecco risuonare nuovamente grida stridule e numerosi Orchi iniziarono a calarsi dalle alte colline a Nord della Montagna, così sarebbero stati in trappola e tagliati fuori.
 «No, no, no! Maledizione» imprecò uscendo dal cerchio facendosi strada a fatica tra la furia della battaglia, cercando il capo degli uomini «Bard! Fa tornare i tuoi a Dale, la tua gente sta per essere massacrata» urlò all'uomo non appena gli fu vicino.

All'erede di Girion bastò uno sguardo dagli orchi alla cittadella per capire l'imminente tragedia.
 «Presto uomini, tornate a Dale!» alzò la spada in direzione della città, ove si stava dirigendo anche parte dell'esercito di Orchi.

Miriel prese a correre con loro ma essendo più piccola ed ostacolata da alcuni nemici rimase indietro, all'improvviso però si sentì afferrare per un braccio e con un balzo atterrò sul di dietro di un cavallo.
 «Tieniti forte» disse Legolas cavalcando veloce.


Nel frattempo alla Montagna, i Nani osservavano impotenti, gli ordini di Thorin erano precisi: " Non fare niente, non muoversi da lì" e così fecero anche se con il dolore e la rabbia nel cuore.

Dal canto suo, Thorin era sparito, rintanato nella sala del trono attendeva in silenzio, senza nemmeno sapere cosa.
Fu Dwalin ad interrompere la sua quiete.
 «Per quanto ancora andrai avanti così Thorin? Permettici di uscire dalla Montagna e combattere accanto ai nostri fratelli» non ottenne alcuna risposta «Stanno morendo là fuori... Miriel sta morendo» aggiunse con voce rotta dal pianto sperando di far breccia nel suo cuore di pietra.

Egli non sopportava l'idea che fosse stata colei per cui avrebbe dato la vita la prima a tradirlo; risultava alla sua mente inconcepibile, eppure le sue orecchie avevano ben udito.
Gli aveva ripetuto di averlo fatto per il suo bene ma non riusciva a comprendere il significato di quelle parole, cosa intendeva?

Di certo nulla di importante, disse una vocina nella sua testa, lei lo aveva tradito e deriso, i suoi compagni dai Colli Ferrosi sarebbero sopravvissuti alla battaglia mentre Uomini ed Elfi sarebbero crepati sotto le potenti sciabolate degli Orchi.
Eppur, dentro di se, desiderava averla lì accanto a se, lei avrebbe sicuramente potuto consigliarlo su cosa fosse meglio fare anzi, se ci fosse stata lei, molte cose non sarebbero accadute.

 «Quello che accade alle loro vite non mi tange» disse semplicemente con tono freddo sedendosi sul suo trono di pietra «Noi, dentro questa immensa Montagna, sopravvivremo» alzò il mento in maniera altezzosa con una smorfia quasi di disgusto sulla bocca, poi un'illuminazione.
 «Che sciocco, perché non ci ho pensato prima, in questa montagna ci sono sale su sale, alcune anche nascoste, potremmo fortificarle e nasconderci il tesoro, nessuno mai lo troverà lì» disse con sguardo folle guardando l'amico.

 «Stai lì, su quel trono, con quella sfavillante corona ad adornarti il capo, eppur non sei mai stato meno re di quanto tu non lo sia adesso. Non riesci a vedere il mostro che sei diventato» sussurrò Dwalin con gli occhi lucidi per la prima volta in vita sua.
 «Dovrei ucciderti per ciò che hai detto ma ti risparmierò, adesso vattene» sibilò in risposta l'altro, fintamente calmo, scrutandolo.

Il povero Dwalin tornò dai suoi compagni scuotendo la testa con il cuore spezzato.


Ben presto anche le rovine della cittadella furono invase dalle creature oscure, con l'inevitabile morte di molti uomini, donne e bambini.
La vittoria pareva loro così lontana, i nemici si moltiplicavano ad ogni colpo e per quanti sforzi facessero per difendere la gente che scappava ovunque urlando nel panico, non riuscivano a riguadagnare terreno, causando la morte di molti.

Miriel riusciva a mala pena a reggere la spada, stremata andava avanti, ingaggiando lotte sempre più difficili con Orchi enormi ed esperti, parte della guardia del corpo di Bolg.
Ne stava per l'appunto fronteggiando uno quando, distratta dagli ululati proveniente di mannari scesi in battaglia, l'Orchetto sferrò un potente colpo con la sua scimitarra d'acciaio ed Amdir le cadde di mano, mentre una lunga ferita si aprì sul suo braccio.

Il figlio del re elfico lo uccise quasi senza difficoltà per poi raggiungerla osservandole la ferita
 «Dovrai combattere con l'altro braccio, non abbiamo il tempo per curarti» esordì mentre la tirava in un angolo nascosto da una vecchia torretta di vedetta.


"Io non sono come mio nonno" continuava a ripetersi sconvolto, osservando l'oro sotto di se.
No, non era come lui, avevano sempre avuto quel sentimento e quella passione a distinguerli e la sua passione era Miriel.
Ma dov'era lei ormai? Tra le braccia della morte ad esalare sola il suo ultimo respiro, con l'odio nel cuore, mentre lui era lì, a piangersi addosso come un nanetto alle prime armi.
Si era arreso alla malattia del drago, facendola entrare e scavare nel suo cuore fino a distruggere la sua anima nascosta con tanta cura.
No, Thorin Scudodiquercia non avrebbe ceduto, non le avrebbe permesso di vincere così facilmente, no non lui!

Urlò, lanciando la corona che provocò un tintinnio fastidioso sul pavimento, tornando a respirare per la prima volta da settimane.


Finalmente lo videro riapparire dal bagliore fioco del tesoro.
Nonostante gli avvertimenti dei più saggi, Kili si alzò in piedi andando verso lo zio con tutto l'intento di affrontarlo.
 «Non intendo nascondermi dietro un muro di pietra mentre altri combattono le nostre battaglie per noi!» urlò guardandolo dritto negli occhi battendosi una mano sul petto «Non è nel mio sangue, Thorin» aggiunse sofferente una volta che furono vicini.

Thorin passò il suo sguardo su di lui e poi i suoi compagni, con espressione neutra
 «No, non lo è» mormorò sorridendo leggermente guardandolo negli occhi mettendogli una mano sulla spalla «Noi, siamo figli di Durin e la stirpe di Durin non fugge dinanzi alle battaglie» aggiunse con orgoglio appoggiando la fronte alla sua.
 «So di chiedervi molto amici miei... mi seguireste un'ultima volta?» chiese loro con espressione bonaria e valorosa.

Subito i Nani imbracciarono le armi pronti alla loro ultima grande battaglia.


 «Dobbiamo farcela... non possiamo permettergli di vincere» disse a fatica Miriel facendosi una fasciatura di fortuna sul braccio, osservando la battagli ai piedi della Montagna, dove Azog mulinava la sua mazza imperioso.
L'Elfo non ebbe il tempo di risponderle quando in tutta la valle risuonò un grido fortissimo, era nanico, e successivamente uno squillo di tromba.
La battaglia si paralizzò e il respiro di tutti rimase in sospeso osservando la Montagna.

All'improvviso il muro eretto dai Nani fu scalzato via tramite pesanti leve e dalla polvere e le macerie emersero urlanti i Nani di Erebor, capeggiati dal loro re Thorin.

Il viso di Miriel si illuminò di felicità e speranza.
Si alzò in piedi sporgendosi dalle mura incurante, osservando come mano a mano i Nani si radunavano dal loro re.
 «Devo andare» sussurrò con gli occhi lucidi, corse lungo le pietre dismesse, gettandosi lungo le tegole dei tetti che si sgretolavano e cadevano sotto il suo peso.

Con noncuranza atterrò sul cranio di un Troll che prese a dimenarsi confuso per poi venir stroncato da un taglio ben assestato.

Corse sempre più veloce, attraversando le fila di Orchi che urlavano inviperiti e disturbati dall'involontaria luce da lei emessa, sempre più pura e luminosa, li uccise uno dopo l'altro, senza quasi accorgersene dato che i suoi occhi erano fissi sul punto dove sapeva esserci Thorin.

I Nani combattevano con valore e ferocia, incoraggiati dalla comparsa del loro re che, oltre alla vittoria della battaglia, cercava disperatamente la sua compagnia, la sua anima, la sua ragione di vita.
 «Miriel!» urlò guardandosi attorno, trovandosi circondato da nemici che provvide ad eliminare; poi la vide, era appena un puntino luminoso in fondo alla valle, tra il nero di quel lerciume ammassato, che si faceva strada verso di lui.

Sorrise inevitabilmente cercando anche lui di farsi strada verso di lei.


 «Thorin!» urlò forte raggiungendo l'epicentro della battaglia, dove fece però fatica a passare e dovette impegnarsi, stringendo forte l'impugnatura di Amdir anche se il braccio le doleva terribilmente.
 «Zia!» la raggiunse Fili iniziando a combattere al suo fianco, aiutandola e difendendola, vedendola sempre più debole e stanca.

 «Fili! Oh, sono così felice di vederti» sorrise con espressione un po' stralunata, continuando a combattere fiaccamente; avrebbe voluto cedere e cadere a terra ma una delle cose che aveva imparato di se stessa in quei centonovant'anni era che non si sarebbe mai arresa.

Urlò, spinta da rinnovata forza, combattendo e cercando Thorin con lo sguardo.
Poi eccola, arrivò forte e precisa come la falce della morte, la mazzata dell'Orco pallido.
Spostò appena in tempo il nipote prima che venisse ucciso senza speranze, ponendosi tra loro.

 «Tu!» ringhiò roteando Amdir fermandola verticalmente, pronta a combattere «Osserva bene questo cielo e questa terra, perché è qua che troverai la morte per mano mia!» urlò partendo all'attacco contro l'enorme e pericolosa creatura.

Nonostante la grinta, il coraggio e la tenacia, ben presto Miriel si trovò in difficoltà; sentiva la ferita bruciare e il sangue pulsare velocemente nelle vene che si sforzavano di mantenere vigili le sue membra.
Ebbe improvvisamente un mancamento, sentì le ginocchia deboli e il terreno sotto i suoi piedi risucchiarla; non esattamente il momento migliore per mollare.

L'Orco pallido ne approfittò prendendola per il collo, sollevandola alta in modo che chiunque vedesse; tuttavia la sostenne poco, dal momento che Fili si gettò combattendo valorosamente contro di lui.
La ragazza cadde a terra tra il fango e il sangue, respirava affannosamente osservando, senza distinguerne i contorni, suo nipote difenderla dalla furia dell'Orco.


Sentì alcune voci fioche e distanti chiamarla, non riuscì ad intendere però.
All'improvviso accadde.

Azog il profanatore gettò a diversi metri di distanza la spada di Fili, rendendolo disarmato e alla sua mercé; in nemmeno un batter di ciglia, infilzò il Nano lungo la sua lama seghettata, osservando la luce abbandonare i suoi occhi celesti, per poi lasciarlo cadere a terra.
Le mancò il fiato quando, da terra, i suoi occhi si posarono in quelli senza vita del nipote.

Non ebbe ne il tempo ne la forza di piangere che l'Orco la girò nuovamente a pancia in su.
Ella sentì i suoi occhi scrutarla e quel ghigno maligno dipinto sul volto le fece salire un inarrestabile senso di nausea che represse guardandolo con odio e gli occhi pieni di lacrime.

 «Infine, sarà per mia mano che si spegnerà l'ultima stella di Arda» sibilò avvicinandosi al suo viso sporco e stanco.
In un lampo le aggredì il petto con un uncino a tre lame, facendola urlare in maniera straziante mentre la pelle grondante di sangue veniva lentamente intagliata.

Vide sempre più sfuocato.
Udì le grida di suo nipote, Dwalin forse, qualcun altro, non riuscì a distinguerle.
L'ultima cosa che vide fu il volto del Nano palesarsi davanti a lei, poi il nulla.


ANGOLO AUTORE: ed ecco il famigerato capitolo n°24!

Non ho nulla da dire su questo capitolo sinceramente, credo sia uno dei capitoli migliori di questa piccola ff e spero che anche a voi piaccia.

Ringrazio tutti coloro che hanno dedicato tempo alla mia storia e abbiano lasciato un commento o una stellina! Grazie di cuore♥️♥️♥️

Prossimo appuntamento a domani! Mi sto stupendo sempre più della mia perseveranza nel pubblicare ogni giorno😂🙈 

Un bacione😘

Sissi04✨

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