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I giorni successivi furono piuttosto monotoni.
Yoongi si svegliava, dopo qualche ora due guardie entravano nella sua cella e lo portavano fino alla stanza degli interrogatori, nella quale gli venivano poste diverse domande dalla stessa poliziotta, domande alle quali il ragazzo rispondeva con assoluta sincerità.

Arrivò il giorno del processo.
Yoongi non provava alcuna emozione, tanto già conosceva la sua sorte. Non sarebbe venuto nessuno dei suoi conoscenti, dato che non gliene erano rimasti.
Il giovane rimase in silenzio per tutto il processo, alla fine del quale venne condannato all'ergastolo.

Ma non era tutto.
Il giudice comunicò che il criminale avrebbe dovuto scontare la sua pena all'interno del carcere con la massima sicurezza di tutta Seoul.
Eoduun.
Yoongi ricordava quel nome.

Dopo la fine del processo il colpevole venne caricato su un'automobile della polizia, che partì alla volta di Eoduun.
Dopo una mezz'ora la macchina si fermò, i poliziotti scesero e spinsero il prigioniero fuori dal veicolo.

Yoongi si trovava di fronte ad un enorme edificio grigio scuro dalla forma quadrata, senza finestre, che con la sua imponenza sovrastava tutto il terreno circostante. Era indubbiamente in periferia, lontano dalle abitazioni dei cittadini di Seoul, ed era letteralmente in mezzo al nulla.
Per quanto fosse ormai indifferente a qualunque cosa, il ragazzo dovette ammettere a sé stesso che quel luogo già gli trasmetteva una disperazione opprimente, insieme al cielo di un grigio lattiginoso, che come sfondo faceva risultare quel panorama ancora più inquietante.

Dopo che vi fu entrato, constatò che l'interno della prigione non fosse di sicuro più allegro dell'esterno.
I corridoi erano scarsamente illuminati e, nonostante fosse ancora mattina presto, sembrava già notte.

I poliziotti che lo accompagnavano si fermarono di fronte ad una porta e bussarono. Dopo pochi secondi uscì un uomo alto e dai capelli scuri.
Yoongi non riusciva ad attribuirgli un'età: non aveva neanche un capello bianco, non aveva rughe o occhiaie, e sarebbe potuto sembrare piuttosto giovane; eppure aveva lo sguardo di un uomo più anziano di quello che poteva sembrare.

«È lui il nuovo arrivato di cui mi avete parlato qualche giorno fa?» chiese lo sconosciuto. Aveva una voce molto più profonda di quanto Yoongi si aspettasse, e i suoi occhi sottili e freddi lo scrutarono.

«Sì, è lui signore.» rispose uno degli agenti che mi aveva portato lì.

«Bene. Ho già fatto preparare una cella per lui. È piuttosto pericoloso, dico bene?» continuò l'uomo, che ormai il ragazzo aveva capito essere il direttore del carcere.

«Sì, signore. È responsabile di un omicidio, gliene avevamo parlato quando l'avevamo contattata.» disse a bassa voce un altro poliziotto. Il clima non era tranquillo. Era come se la polizia avesse quasi timore a parlare con quell'individuo misterioso.

«Sì, ricordo.» il direttore fissò a lungo l'agente che gli aveva appena parlato, per poi aggiungere «Chiamo subito i miei dipendenti, così che possano portare il criminale nella sua cella. Vi prego di aspettarmi qui, ci vorrà poco».
Detto questo, tornò nel suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle. Uscì dopo qualche minuto, con un lieve sorriso sul volto.
«Arriveranno tra poco. È questione di momenti.» affermò.
In effetti subito dopo che ebbe finito quella frase arrivarono due uomini che indossavano delle divise nere.

«È lui. Portatelo nella cella prestabilita.» ordinò il direttore.
Le due guardie affiancarono il criminale, pronte ad accompagnarlo verso il luogo nominato dal loro capo; cominciarono a camminare, portandolo con loro, ma la voce del direttore li fermò.

«Min Yoongi, giusto?» chiese.
Il ragazzo si voltò verso di lui. Non era sicuro di avere il permesso di parlare, così annuì, continuando a guardarlo.
L'uomo gli rivolse un lieve sorriso, che non aveva nulla di allegro, dicendo un'ultima frase.

«Spero che ti troverai bene nella tua nuova casa».

PRISON | Yoonmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora