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Yoongi si nascose dietro la porta della cucina, sporgendosi abbastanza da poter osservare cosa stava accadendo, ma senza esporsi troppo alla luce, per evitare di essere notato. Sua madre era seduta al tavolo, come al solito circondata da vari foglietti e bustine. Si reggeva la testa tra le mani, poggiando i gomiti sulla superficie legnosa, e singhiozzava rumorosamente. Non era la prima volta che Yoongi la vedeva in quello stato, ma gli faceva sempre male al cuore; fu preso dall'impulso di correre da lei, ad abbracciarla, ad asciugarle le lacrime e poi farla sdraiare nel lettino insieme a lui, a farsi le coccole finché entrambi non si fossero addormentati.

Ma sapeva che se le si fosse avvicinato anche solo di un passo, le cose non sarebbero andate come voleva. La mamma non lo avrebbe abbracciato, non si sarebbe lasciata asciugare le lacrime e non gli avrebbe fatto le coccole.

Per questo Yoongi preferiva rimanere nascosto nel corridoio buio, ad osservarla, provando a trovare un modo per aiutarla; ma finiva per restare immobile, impotente, con la paura di fare qualcosa di sbagliato, e il dolore prendeva possesso del suo corpicino gracile.

La donna alzò il capo, le mani a coprire gli occhi traboccanti lacrime, e tirò su col naso, per poi lasciar ricadere le braccia sul tavolo con un tonfo e abbassare lo sguardo sugli oggetti che vi erano poggiati. Allungò le dita verso uno strumento che usava spesso, e se lo avvicinò all'avambraccio sinistro.

In quel momento Yoongi si ritrasse in fretta, nascondendosi completamente dietro al muro e facendovi aderire la schiena, e si lasciò scivolare verso il basso fino a raggiungere una posizione rannicchiata. Evitava sempre di guardare la mamma quando faceva quella cosa, gli faceva impressione e lo intristiva tanto.

Il bambino si chiese perché, perché proprio a lui dovevano succedere tutte quelle brutte cose, e le lacrime cominciarono a scorrere anche sul suo visetto pallido.

Yoongi aprì gli occhi, ritrovandosi aggrovigliato tra le lenzuola, reduce dell'ennesimo incubo.
L'aspetto peggiore di quei sogni non era la loro frequenza, ma il fatto che corrispondessero a ricordi di eventi realmente accaduti. Ormai ci aveva fatto l'abitudine, cercando di non pensarci per il resto della giornata, ma quella volta era diverso.
Sentiva una forte pressione all'altezza del petto, un fastidio insopportabile, che sapeva non se ne sarebbe andato tanto facilmente.

Si rigirò nel letto, cercando una posizione comoda almeno per permettergli di chiudere gli occhi, dato che le speranze di riprendere sonno fossero minime. Le ferite sul suo torace erano ancora visibili, sebbene fosse ormai passata più di una settimana, ma non facevano più male. Non sapeva determinare che ore fossero, non c'erano finestre e all'interno della cella regnava un buio pesto. Probabilmente Woohan stava dormendo, data l'immobilità del suo corpo, e se fosse stato sveglio non avrebbe esitato a disturbare Yoongi pur di non annoiarsi. L'unica particolarità del sonno del ragazzino era il modo in cui respirava: era normale che non russasse, ma non aveva nemmeno il respiro più pesante di quando era sveglio.

A Yoongi non restava che aspettare sdraiato l'arrivo delle guardie, senza poter fare altro se non lasciar divagare la propria mente.

Chissà in che cella si trovava Jimin.

Probabilmente era spaziosa, illuminata da una luce soffusa, che il suo inquilino poteva scegliere se tenere accesa o spenta. Forse c'era anche un divano, anzi, una poltrona, e una libreria piena di romanzi interessanti da leggere in caso di noia...

Ma no, che stava pensando? Era impossibile trovare libri e poltrone in una cella... però sicuramente c'era un grande letto. Sì, un letto morbido e confortevole, sul quale si poggiava il corpo di Jimin durante la notte.

PRISON | Yoonmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora