Capitolo 17

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- Perseus -

Percy aprì gli occhi di scatto, ma non si ritrovò sull'Argo come si aspettava.

Intorno lui era tutto bianco e gli sembrava di fluttuare nel nulla.
Era la stessa cosa che era successa quando era morto, quando Harry Potter lo aveva colpito con quell'incantesimo, per eliminare Tartaro.

Ma era piuttosto sicuro che quella volta nessuno l'aveva colpito con nulla.

Si sollevò e fu strano.

Si guardò intorno, davanti a lui una figura, una figura che lo lasciò di stucco: davanti a lui c'era se stesso.

- Ma cosa... - fece

- Ciao Perseus - disse la figura.

- Tu sei me? Come è possibile? - chiese il figlio di Poseidone.

- È possibile perché io sono te - rispose l'altro - Lo sono sempre stato -

- Non capisco - disse Percy.

Per un attimo credette che i suoi nemici gli stessero facendo un brutto tiro ma dall'altro se stesso non sentiva provenire ostilità. Una grossa energia ma non ostilità.

- Ci siamo già incontrati non lo ricordi? Io non ho un corpo, sono una forza primordiale, assumo le sembianze di altri per mostrarmi - spiegò l'altro Percy - Non ti ricordi di me perché ho fatto in modo che te ne dimenticassi....ma la pace è finita figlio di Poseidone -

La verità e la consapevolezza lo colpirono come un fulmine a ciel sereno.

A quel punto si ricordò tutto. Quello che aveva davanti non era altri che Caos.

- Come fai ad essere me? E come fai a parlare solo con me e non con gli altri? - chiese Percy.

- Ti chiedo scusa in anticipo giovanotto, mi sono preso la briga ti prenderà in prestito il tuo corpo - disse Caos

- Che cosa hai fatto? - chiese Percy scioccato.

Caos si strinse nelle spalle e mi guardò con la stessa espressione che facevo io di solito quando combinavo qualcosa che non dovevo fare e ne ero consapevole di aver fatto un casino.

- Eri l'unico che poteva ospitare parte del mio spirito, ma sta tranquillo non invaderò più di tanto la tua vita, con il mio spirito nel tuo corpo sarai più potente di quanto sei di solito, con l'aggiunta di... immortalità - disse

Percy lo guardò scioccato.

Non si stava davvero riferendo all'immortalità vero? Dell'immortalità vera e propria, quella che gli avevamo offerto per due volte e lui aveva rifiutato perché voleva una vita normale, vero?

- Mi spiace deluderti ma è proprio così - rispose Caos - Forse, in fin dei conti lo sei sempre stato... Perseus sono con te dalla nascita e tu non te ne sei mai accorto perché non ho voluto, il tuo destino è stato scritto prima che le Parche ci mettessero lo zampino, tu sei nato per fare grandi cose, sei nato come mio erede. Perseus Jackson tu sei me come io sono te, tu sei il caos, sei nato per distruggere o creare, sei nato per togliere la vita o per risparmiarla, sei me in versione umana, con un corpo e un'anima troppo buona per questo mondo a volte. Ricordi la prima profezia che ti riguardava? Eri tu che dovevi scegliere se distruggere il mondo così come lo conosciamo o risparmiarlo e fare in modo che diventi migliore. Sei sempre stato tu, ragazzo. Sei sempre stato tu ad avere il destino del mondo nelle mani. Se non è un indizio quello -

Percy scrollò il capo incredulo.

Avrebbe voluto ribattere, dirgli che non era vero quello che diceva. Che era assurdo e che se era vero, allora perché non l'aveva mai saputo?

Ma non se la sentì di ribattere.
Perché nel profondo, dentro di sé, sapeva che Caos aveva ragione.
Una parte molto nascosta della sua anima lo sapeva, l'aveva sempre saputo.

- So che adesso sei sconvolto, Perseus ma con il tempo accetterai la situazione e ricorda: sei l'unico in grado di salvare questo mondo dall'ennesima distruzione, ma ricorda, non puoi farlo da solo e anche se sei immortale e io sono dalla tua parte avrai bisogno dei tuoi amici per vincere -

Detto questo scomparve o meglio Percy si svegliò, incontrando i volti preoccupati dei suoi amici e il soffitto della nave.

                              ***

Finalmente arrivarono a New York.
La Grande Mela scorreva sotto di loro affascinando i maghi che non l'avevano mai vista.

L'entusiasmo e la meraviglia non mancava di certo sulla nave. C'era chi non vedeva l'ora di vedere questa famosa città e chi non vedeva l'ora di tornare a casa.

Purtroppo però, la tensione non era scomparsa.
Era addirittura peggiorata da quando Percy era svenuto all'improvviso qualche giorno prima e quando si era risvegliato era stato più strano e schivo del solito.

Qualcosa era successo mentre era privo di sensi, qualcosa di cui non voleva parlare e nessuno sapeva più che cosa pensare.

- Guardate in basso ragazzi, sotto di voi c'è il Campo Mezzosangue - annunciò Leo.

I maghi lo fecero e attraverso gli alti pini scorsero un luogo che non si sarebbero mai aspettati: un laghetto con le canoee, delle stalle da cui uscivano dei Pegasi, una parete d'arrampicata, un'arena, un anfiteatro, un padiglione e delle case che formavano la lettera greca Omega.

- Appena atterriamo voglio che venga convocata una riunione straordinaria - disse Percy uscendo sul ponte - E subito dopo devo fare una chiacchierata con gli Dei -

Lo guardarono confusi.

- Perché adesso? - chiese Jason perplesso - Che è successo quando sei svenuto? -

Il figlio di Poseidone si passò una mano tra i capelli.

- Ho parlato con Caos - disse.

- Stai parlando della creatura primordiale che ha creato il mondo? - chiese Nico.

Percy annuì.

- Che...che ti ha detto? - chiese Annabeth preoccupata.

Il figlio del mare rise senza gioia.

- In pratica? Mi ha detto che io sono lui e lui è me - spiegò Percy - In poche parole io sono Caos -


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