TRABOCCANTE CATTIVERIA

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-Apri quella maledetta porta-
Sentire urlare qualcuno alle sette e mezza del mattino poco prima che le mie cinque ore di scuola iniziassero non era esattamente quella che io definivo la pace dei sensi.

-Nefertiti apri la porta altrimenti ti giuro che aspetto che tu esca e fidati che ho molto tempo da sprecare-
Scossi Marco per la spalla.
L'idiota continuava a dormire come se nulla fosse, come se una pazza non fosse fuori dalla porta della "mia" stanza.
-vattene- urlai di rimando -e dammi una volta per tutte anche la copia delle chiavi di casa mia, non gradisco le tue intrusioni.-
Marco si alzò di scatto udito il mio urlo di rimando e si stropicció gli occhi.

Perché diavolo doveva sempre finire in questo modo, cosa aveva di sbagliato quella donna?

-che ore sono?- il fiorellino completamente spaesato fece uno sbadiglio e successivamente si riversò sul letto bisbigliando qualcosa molto simile a "cinque minuti mamma".
-siete due bastardi uscite immediatamente da lì.-
È incredibile come l'idea di essere arrestata per effrazione non la toccasse minimamente.
Stranita mi alzai dal letto e raccolsi i miei vestiti da terra, dovevo raggiungere il bagno, puzzavo di alcol e sul pavimento erano sparse varie bottiglie.

Chi è il pazzo che organizza un matrimonio di domenica ben sapendo che il giorno dopo c'è scuola e che molti degli invitati il lunedì poi avrebbero lavorato e soprattutto chi è il pazzo che a diciannove anni si sposa?

I postumi della sbornia di ieri sera si fecero sentire e con tutta la calma del mondo raccolsi da terra qualcosa da mettermi addosso per affrontare la mia sgradita ospite.
Marco dormiva ancora ma non ci detti molto peso, si sarebbe alzato da solo quando ne avrebbe avuta voglia.
Appena aprì la porta una iena mi si parò davanti ed entrò nella stanza come una furia per poi dirigersi verso la bella addormentata.

-sei sposato razza di deficiente e cosa fai, vai a letto con questa!-
Era rossa in viso per la rabbia e aveva un aspetto decisamente troppo trasandato per lei.
Credo di non averla mai vista in queste condizioni, si stava lentamente lasciando andare e la cosa mi disturbava.
Quella ragazza aveva il dono della bellezza eppure si lasciava andare così facilmente da risultare ridicola.
-non rompere il cazzo- la zittì Marco accompagnando la frase con un gesto della mano come a voler scacciare una mosca fastidiosa.
Ero appoggiata sullo stipite della porta e osservavo la scena con le braccia incrociate, tutto ciò era surreale.
Incredibile, surreale era la parola che usavo più spesso ultimamente.

-e tu!-
Mi puntò il dito indice contro e mi guardò con astio.
-Devi finirla subito, perché continui a portatelo a letto.
Tu non sei innamorata di lui!-
Una risata nervosa mi uscì dalle labbra.
-più o meno per lo stesso motivo per cui tu portavi a letto me pur essendo innamorata di un'altra.-
Serena mi guardò con gli occhi spalancati, non si aspettava di certo quella risposta, come d'altronde io stessa non mi aspettavo di risponderle in quel modo.
Devo dire che con il tempo ero diventata sempre più brava a rispondere a tono, e questo mi aiutava molto.
Lo sguardo da pesce lesso che Serena aveva era la gratificazione più grande.

-sei solo una cretina, da quando lui è morto tu non hai fatto nulla per cercare di migliorare, ti sei lasciata andare al tuo stupido dolore. Vuoi distruggerci tutti quanti, vuoi farlo solo perché sei un egoista, un insensibile. Sei orribile!-
Le lacrime le scesero sulle guance e mi guardò con lo stesso sguardo carico di disgusto che io usavo per guardare me stessa ogni volta che posavo gli occhi sullo specchio.
Sapevo benissimo di essere disgustosa, sapevo di non essere una buona persona e sapevo ancora meglio che se Alessio fosse stato qui mi avrebbe sgridata, ma non mi importava.
L'odio mi aveva corroso qualcosa che adesso non potevo recuperare e forse non volevo farlo.

-Tu davvero non comprendi il motivo?-
Era incredibile come proprio lei osasse farmi la predica.
-Voi tutti mi avete rovinato la vita, credi che non sappia nulla?
Credi davvero che io non sappia cosa è successo quella sera? Tu credi davvero che non sappia nulla della sera in cui Alessio è morto?-
Serena ebbe un sussulto e perse l'equilibrio per un attimo tanto che dovette appoggiarsi al letto.
Bugie era la parola d'ordine delle nostre vite, io ero una stupida che ancora mi meravigliano del marciume che albergava in noi.

-Nefertiti lascia perdere-
Marco si era alzato a sedere sul letto, non voleva ne parlassi.
Mi aveva raccontato di quella sera solo perché era ubriaco e io mossa dalla rabbia avevo tradito la sua fiducia, non che della sua fiducia mi importasse qualcosa.

-cosa sai?- chiese Serena.
Quella sera ero uscita dalla stanza di mio fratello sotto suo invito dopo averlo fatto mangiare, ero consapevole che gli rimaneva poco da vivere ed ero ancora più consapevole che avrei voluto passare al suo fianco ogni minuto che gli rimaneva, ma lui aveva già deciso come procedere e mi aveva escluso dalla sua vita ancora una volta.
Non gli era importato nulla della mia decisione in merito, non gli importava del fatto che sarei stata disposta a rimanere al suo fianco anche nei momenti più brutti sperando in un miracolo.
No, lui aveva già deciso!
Ricordo che quella sera mi chiamò un ragazzo che stavo frequentando dopo la rottura con Serena, rifiutai la chiamata e quando mio fratello mi chiese chi fosse gli risposi che non era nessuno.
Ricordo che lui mi guardò negli occhi e mi disse che era stanco e voleva riposare e che io avrei dovuto fare lo stesso, dopo due minuti di battibecchi cedetti e uscì dalla stanza consapevole del fatto che non sarebbe stato solo, lì fuori c'era Serena.
Sarebbe stato al sicuro, sarebbe stato maledettamente al sicuro...

-so tutto!-
Le lacrime premevano per uscire e questa volta non le trattenni.
-Me lo hai ucciso, per colpa tu è morto, sarebbe potuto sopravvivere-
Serena mi guardò, le labbra le tremavano e qualche singhiozzo le uscì tra le lacrime.
-mi dispiace, ti giuro io non credevo che avrebbe fatto una cosa del genere-
-non é stata colpa sua Nefertiti- la difese Marco che oramai completamente sveglio si era alzato dal letto.
-non é stata colpa sua, hai ragione! È stata colpa mia che mi sono illusa che lasciando mio fratello con un incompetente non gli sarebbe potuto mai accadere nulla di male-
Serena iniziò a piangere sempre più forte e Marco le si sedette vicino e la strinze al petto nudo.

-smettila, non é una cosa di cui parlare ora-
Mi guardò male e accarezzò la testa a quella ragazza come a volerla calmare.

-era diventato talmente debole che non riusciva a farsi la barba da solo, tu sapendo questo hai lasciato lì il rasoio-
Mi tremava la voce e conficcai le unghie nelle mani per resistere alla tentazione di andare verso di lei e schiaffeggiarla.
-non immaginava che avrebbe fatto una cosa del genere Nefertiti-
Marco mi urlò contro, non aveva il solito tono con cui mi rimproverava sempre, questa volta era furioso.

-nessuno di voi mi ha detto che mi fratello si è tagliato le vene, mi avete fatto credere che fosse morto nel sonno per la sua malattia, come avete potuto!-

Stavo urlando oramai, ero così delusa...

-Nefertiti basta!-
Marco mi si parò davanti e mi bloccò i polsi con le mani, avevo iniziato a scorticarmeli con le unghie lasciando dei profondi graffi
Quel vizio ce lo avevo da così tanto tempo...
-lasciatemi in pace- sussurrai.
Marco fece cenno a Serena di andarsene e lei ubbidí dimenticandosi della ragione per cui aveva fatto irruzione in casa mia.

-calmati- la sua voce mi arrivò alle orecchie e la rabbia si trasformò in dolore.
-no che non mi calmo, è colpa sua, lei doveva occuparsi di lui quella sera- Appoggiai la testa sul suo petto e improvvisamente tutto divenne buio.

Avrei voluto perdere i sensi e ritrovarmi in quel tipo di buio invece crollai in un abisso più brutto uno che ti strappa via le forse e ti risucchia la vita.
Se fossi stata diversa magari non mi sarei trovata in questa situazione.
So bene di non essere mai stata meritevole di qualcosa in vita mia, sono stata coltivata come l'erba cattiva che si nutre e soffoca l'erba medica.
Non mi importava di essere additata come la strega del villaggio, volevo solo che la mia luce non venisse mai spenta, mi sarei gettata nelle fiamme pur di non spegnere quella luce.
Eppure qualcuno di più forte durante la notte in punta di piedi aveva bussato alla mia porta e con le mani sottili aveva scavato nel mio animo intrappolano la speranza che custodivo con gelosa parsimonia, l'aveva stretta in pugno e nella gelida notte l'aveva portata via ghignando.
Giunto il giorno poi mi ero resa conto e l'unica cosa che capì fu il fatto che una strega cattiva senza la sua luce guida rimane solo un contenitore vuoto che non saprà mai cosa vuol dire essere umana.

Ero condannata a a questo e non lo accettavo, non lo avrei mai accettato.

Vita ordinaria di una ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora