LA VITA NON È FATTA PER DUE

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Quando sai di aver commesso un errore di qualunque tipo esso sia in genere ci sono due vie da percorrere: negare fino alla morte oppure ammettere di aver sbagliato, ecco io appartenevo alla prima categoria.

Era l'ultima ora di lunedì sette gennaio, il primo giorno dopo la fine delle vacanze e il primo giorno di rientro a scuola.
Beh, la giornata era iniziata male ed era finita anche peggio!

-Marco, Marco- scossi il braccio dello zuccone che mi stava accanto sperando si svegliasse prima che la professoressa si accorgesse che era completamente ubriaco.
Dio, lo avrebbero bocciato di nuovo!
-zitta- bofonchió girando la testa verso il muro e ignorando il fatto che gli scuotessi il braccio da tre minuti.
-deficiente, vuoi alzarti!
È quasi ora di andarsene e la prof consegnerá i test corretti, se ti trova così finisci male, di nuovo!- sussurrai tirandogli un orecchio.
Lui fece una smorfia poi alzò la testa scopigliandosi i capelli spettinati e stropicciandosi gli occhi semichiusi.

Ogni volta che lo guardavo era come se dentro di me si smuovesse un sentimento a cui non sapevo dare un nome.
L'unica cosa certa era il fatto che il sentimento non fosse affatto positivo.

2 anni prima

-Nefertiti ti presento Marco- girai la testa in direzione della voce e poi mi alzai per andare a stringere la mano del nostro ospite.
Mia madre mise altri due piatti in tavola poi ci disse che avrebbe iniziato il suo turno in ufficio.

-questa proprio non me l'aspettavo- dichiaró Marco salutandomi con un cenno del capo e sorridendomi allegro.

Quel ragazzo non era mai triste ai tempi.
Quando lo conobbi per la prima volta rimasi affascinata da quel sorriso raggiante che usava anche nei momenti peggiori, ogni cosa accadesse bella o brutta che sia lui sorrideva...
Odiavo il suo sorriso.
Lo odiavo perché in qualunque occasione lui sorride io stavo male, il suo sorriso lentamente era diventato il mio demone persecutore...lo odiavo.
Col senno di poi forse avrei dovuto moderare questi sentimenti ed evitare che mi trascinassero in un mare in tempesta.

-già, è un vero piacere rivederti Marco- risposi sedendomi a tavola e iniziando a fare le porzioni di pasta al pommodoro.
Cercai di evitare il suo sguardo il più possibile, ma la consapevolezza di avere i suoi occhi addosso non aiutava.
-vi conoscete?-mio fratello sembró confuso, ma dopo aver afferrato il piatto ricolmo di cibo che gli porgevo perse interesse per noi concentrandosi sulla pasta.
-già, ho avuto la sfortuna di incontrarlo- risposi sorridendo acida - è finito nella mia classe dopo non aver superato la terza superiore, ed è anche il mio vicino di banco- sibilaí porgendo il piatto anche a quest'ultimo che continuava a sorridere come un cretino.
-la tua sorellina è un adorabile concentrato di acidità- rispose lui afferrando il piatto e portandoselo sul tavolo poi arrotoló nella forchetta una manciata di spaghetti e se li portò alla bocca.

-Ale, ti devo parlare quando questo se ne va- Alessio mi guardó interrogativo poi sembró capire all'improvviso di cosa volessi parlargli e cambió espressione diventando cupo.
cupo.
-di cosa parlate?- si intromise la causa della mia rovina.
Guardarlo ora con la sua faccia di bronzo completamente ignaro di quello che mi aveva fatto mi provocava un senso di rabbia che sarebbe sfociato sicuramente in qualcosa di brutto.
Non mi importava se ciò che mi aveva fatto fosse stato sostituito da un evento per lui traumatico, mi aveva umiliata, mi aveva derisa e ora si trovava seduto davanti a me con la faccia di bronzo più irritante che avessi mai visto indossare a qualcuno.
-non sono affari tuoi- sorrisi al mio sgradito ospite e gli poggiai davanti una bottiglia d'acqua sperando gli andasse di traverso.

-Dobbiamo rimandare per dopo, l'andiamo a prendere domani. Appena finito di mangiare devi andare via.- Marco sembró confuso, ma annuí con il capo poi spostó lo sguardo su di me e osservó il mio piatto vuoto.
Odiavo essere osservata troppo a lungo, mi innervosiva!
-perché non mangi?-chiese passando lo sguardo da me al piatto vuoto.
-ho una visita importante più tardi e devo rimanere a stomaco vuoto- risposi versando il contenuto della bottiglia d'acqua dentro lo scintillante bicchiere di vetro.
-nulla di grave spero.-

"Ipocrita"

Marco arrotoló un'altra forchettata di spaghetti poi se li portó alla bocca.
-solo una seccatura da cui si deve liberare.-
L'acqua mi andó di traverso, stavo per vomitare i polmoni.
Mio fratello era deluso, profondamente, non da me, non dalla situazione, solamente dal fatto che non gli volessi dire chi era stato...

-mostriciattolo calmati, bevi con calma altrimenti non ci sarà nemmeno bisogno che io prenda la macchina per accompagnarti. Verranno direttamente loro-
Marco rise e Alessio si aggiunse guardando me che diventavo sempre più rossa e imbarazzata.

La situazione era surreale, avere Marco davanti a me visto ciò che stavo per fare era surreale.

-simpatico- bisbigliai guardandoli male entrambi.
Mi alzai dalla sedia e misi il piatto e il mio bicchiere dentro la lavastoviglie.
-sai, credo che Venezia quella della 4b sia interessata a te- osservó Alessio cambiando discorso.

"Una cosa giusta la sai fare anche tu allora!"

-Venezia sbava dietro a qualsiasi essere abbia una carta di credito- rispose lui.
-so che ti piace, ma sul serio se proprio vuoi la ragazza concentrati su Serena molto più bella, oppure sulla sua amica Maria con quell'aria angelica non sai cosa le farei- concluse infine.
-quando fate questi discorsi la domanda che mi sorge spontanea è sempre una: che cosa avete per la testa? - sentirli parlare così mi dava il voltastomaco, questo perché ancora non conoscevo Venezia almeno...

             ***

-Ale, sei pronto?- lo chiamai dalla cucina mentre lui era intendo a finire la sua partita a fifa.
Aveva dei gusti decisamente discutibili.
-sisi, arrivo!- mi rispose.
Mi accarezzai la pancia e una fitta di dolore mi colpí il petto, di lì a poco sarebbe stata vuota. Non sapevo più che fare.

-È la cosa giusta- mi disse mio fratello entrando nella stanza
-quel bambino è frutto di una violenza, non devi tenerlo, non sei in grado di garantirgli un futuro e sai bene cosa ne penserebbero i nostri genitori-
Lo vidi avanzare nella stanza e prendere dal bancone della cucina il pacchetto di sigarette che aveva comprato la mattina stessa.
Aprí il pacchetto ed estrasse una sigaretta poi se la portó dietro l'orecchio e richiuse il pacchetto mettendoselo nella tasca anteriore dei jeans, afferró le chiavi di casa e si diresse alla porta.
-lo so, so anche che è brutto ciò che provo nei confronti di questo cosa qua dentro. Io vorrei non ci fosse, vorrei sparisse all'istante, vorrei non dover andare in quell'ospedale per farlo, vorrei farlo io stessa. So che non è colpa sua ma...- mi sentivo malissimo per le mie stesse parole, ma erano i miei veri sentimenti, non potevo farci nulla.
Lo odiavo con tutta ma stessa, lo vedevo come un piccolo alien.

-vieni qui- Alessio mio abbracció, lo sentí
sospirare, poi una fonte di calore mi si avvicinò alla pancia, aveva pogiato la sua mano sul mio bambino e continuava a nascondere il viso stringendomi sempre più forte in modo che non potessi vedere la sua espressione.
-Ale, è tutto apposto?- sussurrai al suo orecchio.
-io sto bene, so che per te è difficile fare questa cosa, ma è la cosa migliore, non posso fare altrimenti- il mio fratellone si staccò da me ritrovando la lucidità.
Prese la sigaretta e se la mise tra le labbra per poi correre giù dalle scale e raggiungere il portoncino.
Lo seguí a breve distanza dopo aver chiuso la porta di casa.

***

-Nefertiti- la voce di Marco mi riscosse, mi stava porgendo lo zaino e una canna, presi il primo e nascosi la seconda dentro la tasca del giubbotto.
-È suonata?-chiesi confusa.
-non doveva consegnare i test?-
-si è suonata e no non lì ha consegnati, mi hai svegliato per nulla, a cosa stavi pensando?-

Mi guardó come mi guardava un tempo...

-ad Ale- risposi.
Marco mi lanció un occhiattaccia poí uscí dalla stanza senza nemmeno aspettarmi lasciandosi dietro un alone di pensieri inespressi.
-se solo lo sapesse Ale, era così fatto che non si ricorderá nemmeno chi aveva davanti quella sera-

Il soffitto della classe non poteva rispondermi è...

Vita ordinaria di una ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora