SOFFRI E PIANGI

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POV'S VENEZIA

-sei così bella-

La madre di Nefertiti le accarezzò il volto pallido con le lacrime agli occhi.

-sei così bella mentre dormi bambina mia-

Una strana sensazione mi si schiudeva nel petto guardando quella scena, era come osservare qualcosa che ti strappasse ogni briciolo di sentimento positivo e ricucisce nello spazio vuoto lasciato un piccolo granello di nulla che piano piano divorava tutto ciò che aveva intorno.
Se dovessi descrivere a parole come mi sentivo in quel preciso istante, direi colma di vuoto.

Voltai la testa verso Marco, mi tremavano le labbra.
Lui mi capì, mi prese per il braccio e mi strinse a se...

-ho scelto un vestito bellissimo, non pensi Filippo?-
La madre di Nefertiti si rivole a suo marito che con uno sguardo di compassione la prese per mano e la condusse fuori dalla camera mortuaria dell'ospedale.

Il corpo di Nefertiti era adagiato dentro una bella bara scura priva di decorazioni, all'interno era foderata di una stoffa bianca che si confondeva con il colore della sua pelle.

-io non me la sento Venezia-
Mia sorella uscì dalla stanza e raggiunse i genitori di Nefertiti di fuori.
Rimanemmo io e Marco...

Non so perché la gente si ostinasse a parlare con i morti, ma in quel momento lo capì...
-mostriciattolo, ti arrabbieresti vedendo i fiori che ti hanno portato, sono tutte rose bianche come quelle di Alessio.
Non un minimo di fantasia!-
Marco si sedette sulla sedia accanto alla bara e sistemò uno dei ciuffi ribelli di Nefertiti dietro all'orecchio.

Presi coraggio e mi avvicinai.

-questo non serve che dici?-
Presi il crocifisso che le avevano messo tra le mani e lo pogiai sul piccolo tavolinetto all'angolo della stanza.

-ci hai messo poco...- sussurrai poi.

Quella maledetta lettera le aveva affaticato qualcosa di già debole, una corsa inutile in rianimazione, solo questo era rimasto.

Ero fuori dalla stanza di Nefertiti con in braccio il piccolo Toth e ricordo solo lo sguardo spaesato del piccoletto quando i medici trasportano di corsa il corpo della sua mamma in un'altra stanza.
Io non lo so se lui avesse compreso quello che accadde in quel preciso istante, voglio illudermi di no, voglio pensare che il suo ricordo ultimo fosse di una ragazza addormentata.

Quella sera tornata a casa avevo pianto più di quanto credessi fosse possibile, trovavo impossibile che nel giro di cosi poco tempo avrei dovuto assistere al secondo funerale più straziante della mia vita.
Quella sera la prima lacrima scese appena mi diedero la notizia.
Maria venne a prendere Toth e lo portò a casa, io chiamai mia sorella.
Quando rispose stava già piangendo, mi disse che lo aveva sentito, mi disse che mentre stava fumando un brivido le aveva attraversato la schiena e che aveva sperato con tutta se stessa che quella chiamata non arrivasse mai.
Anche io avevo sentito lo stesso brivido quando sua madre si precipitò nella stanza e in cuore mio sapevo che se ne era andata via, ma sperai fino all'ultimo istante che fosse di nuovo un falso allarme.
In passato era successo altre volte, perché questa volta era diverso?

La seconda lacrima mi scese quando i medici ci diedero l'ora del decesso e ci passarono il numero del becchino dell'ospedale per comunicargli i dettagli della funzione.

La terza lacrima era carica di odio per lei, doveva essere più forte di così.
Aveva rimproverato suo fratello che si era arreso, ma alla fine aveva fatto lo stesso.

La quarta lacrima mi scese quando Marco mi abbracciò, lui era impassibile.
Mi strinse a se come a voler soffocare il mio dolore e io invece di dare supporto alla donna che aveva perso sua figlia piansi e urlai come una bambina su quanto fosse tutto ingiusto.

Vita ordinaria di una ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora