Dodici

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   <Stai lontano da me> urlò lei fissandolo

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   <Stai lontano da me> urlò lei fissandolo.
Lui la fissò confuso, non riusciva a capire quel suo cambiamento così repentino.
Sentiva persino la sua paura.
Il suo cuore battere forte, in modo diverso rispetto a poco prima.
La sua voce era piena di terrore come se le avesse fatto male.
La fissò mentre lei si allontanava.

<Non ti avvicinare> gli disse quando lui stava per andarle incontro.
Rimase dov’era, anche se gli costò un po’ di fatica farlo, perché tutti i suoi sensi gli gridavano di andare da lei.
Il suo istinto gli suggeriva di non darle ascolto e di fare ciò che desiderava realmente.

Rimase dov’era aspettando che lei dicesse qualcosa, che almeno gli spiegasse come mai adesso sembrava terrorizzata.
Lei si allontanava sempre di più, anche se lui non fece nemmeno un passo.
Sembrava che più distanza metteva tra loro più si sentiva al sicuro.

Non le aveva forse detto che non le avrebbe fatto del male?
Non gli aveva creduto?
Possibile che il cadavere di quell’uomo non fosse stato sufficiente a convincerla?
In fin dei conti glielo aveva spiegato.
O lui o lei.

E lui ovviamente non si poteva permettere di far del male a lei.
Anche se non si sapeva spiegare perché ci tenesse tanto a lei era così.
Non voleva farle del male.
Non voleva né ferirla né tanto meno dissanguarla.

Lei arrivò a toccare il muro con la schiena e si fermò non potendo più andare dietro di così.
<Non ti farò del male> affermò lui fissandola negli occhi cerulei.

<L’hai già fatto> disse lei.

Lui sorrise.
<No, io ti ho salvata> disse serio.

Lei scoppiò a ridere.
Una risata divertita anche se un po’ tremolante.
<E quando l’avresti fatto?> chiese lei.
<Quando mi hai morsa?> affermò in tono ironico.

Lui sospirò.
<Tutti commettiamo degli errori, non ti volevo fare del male, ero affamato, non sono riuscito a trattenermi> disse seccamente.

Lei non commentò.
Né lo attaccò per via di quell’ammissione.
O forse semplicemente era stufa di parlare con lui.
<Sei stanca> affermò lui facendo un passo verso di lei.
<E’ meglio che ti riposi> disse.

Lei lo fissò.
<Cosicché tu possa mordere pure me e dissanguarmi?> chiese lei.

Lui sospirò e scosse il capo.
<Non lo farò> le promise.

Lei non sembrava molto convinta, ma non sembrava più molto propensa a scappare da lui perché non gli disse di non avvicinarsi né gli impedì di farlo.
Né fece qualche passo per scartare di lato.
La fissò intensamente mentre le si avvicinava.

La vedeva ogni momento più stanca e quando le fu vicino, lei perse le forze e lui l’afferrò prima che toccasse terra.

La scoperta del cadavere non le aveva giovato molto.
Inoltre era da parecchio che non metteva sotto i denti qualcosa da mangiare.

La prese e l’adagiò sul letto.
Quel cadavere cominciava a puzzare troppo per i suoi gusti.
Era già notte e lui non sopportava più quell’odore.

Si chiese quando Zeus avesse deciso che la sua punizione era finita.
Andò alla porta cercando di aprirla, ma non funzionò.
Pensava di rompere la finestra e scappare da lì una volta che lei si fosse ripresa del tutto.

E ormai era questione di qualche giorno pensò.
Aveva già un colorito migliore.
Molto meglio di quello che aveva quando gli era apparsa lì.
Era così pallida e bianca.
Adesso invece aveva ripreso vigore.

Decise che era inutile aspettare, anche perché non sapeva quando Zeus avrebbe messo fine alla sua punizione.
Quindi sarebbero scappati la notte seguente.
Adesso lei era troppo stanca e troppo terrorizzata da lui.
Non si fidava.
Quindi era meglio aspettare un altro giorno.

L’avrebbe convinta e finalmente sarebbe evaso da quella prigione che per troppo tempo gli era sembrata la sua tomba.

Al suo risveglio le avrebbe spiegato che era il momento giusto per andare via di lì e sarebbero andati il più lontano possibile.

Non stava più nella pelle all'idea di tornare di nuovo libero.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che lo era stato?
E in quel momento si ricordò che da quando Ares li aveva barattati, lui era diventato nessuno.

Zeus li aveva rinchiusi tutti e aveva deciso che o sarebbero diventati i loro cagnolini o sarebbero rimasti rinchiusi nelle segrete per sempre e lui essendo il capo insieme a sua sorella, aveva deciso che sarebbe stata meglio la morte piuttosto che diventare un cane.

E fu quel giorno che iniziò la sua agonia.
E forse da allora si era macchiato di più di una colpa, la colpa di aver portato gli altri a vivere nell'ombra, a soffrire la sete e ancora di più a soffrire la prigionia.

E ancora di più si era macchiato della colpa più grande.
Aver ucciso sua sorella.

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3 - Le Guardiane- ClotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora