Ventisei

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Lei lo fissò.
Era così furiosa con lui.
Si stava baciando con quella donna.
Certo bastava che lo lasciasse da solo che si sentiva in diritto di baciare chiunque.
Ebbene che stesse con quella stronza ruba uomini pensò arrabbiata.

E adesso le chiedeva perdono per il modo in cui l’aveva trattata.
Cose da non credere.

<E’ meglio che tu torni dalla tua amica> disse lei semplicemente.

Lui la fissò confuso.
<Non so cosa tu abbia visto, ma lei aveva un ciglio nell’occhio la stavo aiutando> affermò lui serio.

Lei scoppiò a ridere.
La scusa più vecchia del mondo.
Che diavolo credeva che fosse nata ieri?
Come se non sapesse quello che aveva visto.
Lei rise divertita sul serio adesso.

<Senti Cloto io so che ti sto chiedendo molto e so che dopo quello che ho fatto non potremmo più comportarci come prima, ma ti do la mia parola che non ti toccherò più e non mi avvicinerò più del necessario va bene?> le chiese.

Lei non riusciva a credere alle sue orecchie davvero gli stava promettendo una cosa del genere?
Le aveva chiesto perdono.
Eppure questo la fece sentire ancora peggio.
Lei non era pentita di quello che era successo.
Anzi rimanendo da sola a pensare a lei non era dispiaciuto affatto, ma aveva paura di lui.

Ed era arrabbiata perché era stato proprio per un uomo che le sue sorelle l’avevano barattata come se lei non contasse nulla per loro.
Dopo tutti i secoli passati insieme.
Non riusciva ad accettarlo.
E adesso lui le aveva spezzato nuovamente il cuore.

Annuì.
<Va, va bene> disse lei con voce spezzata.

Non si aspettava una cosa del genere.
Lui la lasciò andare dopo che la guardò ancora un po’ come per sincerarsi che lei non stesse mentendo o che non scappasse da lui alla prima occasione.
Si guardarono entrambi senza dire una parola.
Lei non sapeva cosa dire.

<Ho preso due nuovi biglietti, il volo è domani sera> disse lei.
Lui si voltò come se non volesse che lei scorgesse qualcosa nel suo volto.
Che cosa le stava nascondendo?
Sapeva che era stupido ma alla fine aveva preso un biglietto anche per lui in fin dei conti non le aveva fatto del male.

E lui aveva ragione lei lo voleva per quanto avesse cercato di opporsi era stata una resistenza alquanto debole.
Si era sgretolata subito.

Era caduta in pieno nella sua rete e ormai non poteva più tornare indietro, ma poteva evitare che qualunque cosa le stesse crescendo nel petto nei suoi confronti si trasformasse in qualcosa di pericoloso e irreversibile.
Qualcosa del tipo amore.

No, lui non era fatto per amare.
Per storie serie.
Eterne.
E forse non avrebbe nemmeno mai amato.
Non né era capace.
Era il figlio di Ares infondo.

Lei sospirò.
Era messa davvero male se era arrivata a questo.
Eppure anche Atropo amava, anche se, era la morte.
Anche se non era stata creata per questo.
Poteva pur voler dire qualcosa no? si chiese.

Decise che era meglio lasciar stare.
Tra loro c’era stato qualcosa.
C’è stato qualcosa, ma è finito tutto si disse.
Era inutile trasformare ciò che era successo in qualcosa che non sarebbe mai potuto avvenire.
Lui non avrebbe mai potuto provare qualcosa per lei che si avvicinasse all’amore e lei nemmeno lo pretendeva.
Sarebbe stata pazza se fosse stato così.
Se avesse pensato di meritare il suo amore.
Se avesse desiderato il suo amore.

In fin dei conti lei non lo amava.
Provava qualcosa per lui.
Un senso di comprensione per ciò che aveva passato.
Dispiacere per tutti i secoli di prigionia.
Rispetto per la sua forza, il suo coraggio.
Il suo non essersi piegato al volere del re degli dei.
Il suo combatterlo sempre.
Provava anche desiderio.
Attrazione ma in fin dei conti non era una cosa così anormale.

Però si doveva impedire di amarlo.
Se l’avesse fatto.
Se avesse provato amore per lui sarebbe stata davvero rovinata.
Loro erano così diversi.
E lui era così oscuro.
Così diverso da lei.
Non erano due cose che si potevano conciliare o addirittura unire.

In quel momento si rese conto che in effetti si univano abbastanza bene.
Si erano uniti fisicamente.
Ed era stato qualcosa d’importante per lei.
C’era stato sentimento oltre che passione.
E lei si era sentita davvero sua in quel momento.

Cominciarono a camminare.
Basta non voleva più stare a sentire i suoi pensieri.
Eppure loro continuavano a susseguirsi e assillarla.
Come ad esempio quella gelosia.

La gelosia era un’emozione forte che arrivava solo quando qualcuno toccava qualcosa che ti apparteneva e alla quale tenevi particolarmente e lui non gli apparteneva.
Eppure in svariate occasioni l’aveva sentita per lui.

Scosse il capo.
<Basta> disse in quel momento ordinando ai suoi pensieri di tacere non né poteva più.
Non voleva sentirli perché le faceva male.
Non era questo che voleva sentire o pensare.
Voleva pensare che tutto andasse bene.
Che in fin dei conti non era stato così importante e che poteva dimenticare, ma sapeva che erano tutte bugie.

<Cloto?> la chiamò lui e lei si voltò guardandolo.
Lui la fissava confuso.
Vide che aveva allungato una mano ma la lasciò ricadere e si ricordò che lui aveva promesso di non toccarla.
Era un uomo di parola a quanto pareva.
O stava cercando di esserlo?
Quel pensiero le strappò un sorriso pensando che stava cercando di comportarsi bene per lei ma non s’illudeva.

<Stai bene?> le chiese.

<Mi è venuta un’idea> disse lei senza rispondere a quella domanda.
Preferiva evitarla poiché non sapeva davvero cosa rispondere.

<Siamo liberi fino a domani quindi per svagarci potremmo andare in una discoteca> disse lei semplicemente.

Lui la fissò alzando un sopracciglio.
<Cos’è una discoteca?> le chiese.

Lei sorrise.
<Lo vedrai! Seguimi senza fare domande> disse seccamente.

Lui le camminò di fianco senza nemmeno sfiorarla.
Le sembrava una lontananza forzata.
Una lontananza che non era stata lei a chiedere.
E che nemmeno le piaceva.

In ogni caso non fece nulla per porvi rimedio o qualcosa del genere.
Era meglio lasciare le cose come stavano.
Meglio mantenere quella distanza se così si sarebbe evitata di far trasformare ciò che provava per lui ulteriormente in qualcosa che non desiderava.
Continuarono a camminare.

<Conosci qualcuno che si chiama Kevin?> le chiese in quel momento.

Lei lo fissò e scosse il capo.
<Solo te> disse lei.

Lui annuì.
<Perché questo nome?> le chiese.

<E’ uno dei nomi che mi piace di più> ammise lei con un sorriso.

Lui annuì e sembrò pensarci su come se lei gli avesse appena dato un argomento su cui interrogarsi.
A volte non lo capiva.
Si chiese come mai gl’importasse del nome e perché le avesse rivolto solo adesso quella domanda.

Decise di non chiederglielo.
Preferiva mantenere le distanze, distanze che lui le aveva promesso e che sembrava fare attenzione a mantenere.

Ormai si era fatto buio pesto mentre camminavano e lei chiedeva informazioni per la discoteca più vicina.

Si fermarono in una pizzeria prima perché lei aveva cominciato a sentire i morsi della fame.
Quando finì di mangiare e pagò il conto andarono via.

3 - Le Guardiane- ClotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora