PROLOGO

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Il sole di quella calda mattina di luglio brillava alto tra le fessure della finestra, andando a colpire con insistenza le mie palpebre chiuse, costringendomi a spezzare il mio tanto amato sonno. Sbadigliai un paio di volte, prima di aprire del tutto gli occhi e portarli verso il display luminoso della sveglia posta sul comodino affianco a me. Segnava le nove e un quarto. Era ancora presto e avrei preferito proseguire il mio viaggio verso il regno di Morfeo, ma sapevo perfettamente che se avessi fatto tardi all'appuntamento con Andrea, la mia migliore amica da sempre, di certo non l'avrei passata liscia. Sbuffai al pensiero di dover abbandonare il mio amato letto; davvero non avevo alcuna intenzione di lasciarlo. Mi sedetti lungo il bordo del materasso, lasciando passare qualche minuto per liberarmi dallo stato di dormiveglia, per poi dirigermi svogliatamente verso il bagno. Scendere le scale che portano in cucina fu il vero trauma; rischiai di cadere un paio di volte perché non avevo proprio alcuna intenzione di alzare i piedi, continuando a trascinarmi come un morto, seguendo il profumo della colazione.

"Di già sveglia?"

Mia mamma, intenta a posare l'ultimo pancake sul piatto, mi sorrise. Come fa ad avere tutta questa carica di prima mattina continua ad essere un mistero per me. Annuii in risposta, sbadigliando per l'ennesima volta, per poi lasciarmi cadere di peso su una delle sedie poste intorno al tavolo. La forte luce artificiale, mischiata a quella naturale che non si faceva scrupoli ad introdursi tramite le vetrate delle varie finestre, quasi mi impedì di mantenere gli occhi aperti. Presi il piatto di pancakes, iniziando ad assaporarne ogni singolo pezzo.

"Come sono venuti?"

Osservai con attenzione lo sguardo di mia madre; era speranzoso.

"Decisamente meravigliosi! Come fai a farli così buoni?"

"Segreti del mestiere."

Mi fece l'occhiolino, ridendo sotto i baffi, per poi sparire al piano di sopra. Non avevo ancora controllato eventuali messaggi, così, non appena terminai di mangiare, andai al piano di sopra per prendere il mio cellulare e sbloccarlo, constatando di avere una chiamata persa. Mi affrettai a digitare il numero della mia amica, aspettando pazientemente che rispondesse, camminando lungo tutta la mia stanza fino a quando non sentii la sua squillante voce.

"Finalmente ti sei svegliata."

Sorrisi involontariamente nel sentirla, pur sapendo che non mi avrebbe vista. Mi sedetti lentamente sul morbido letto che poco prima ospitava il mio corpo, spostando il telefono da un orecchio all'altro.

"È sempre un piacere sentirti."

"Sarebbe bello anche poterci vedere se solo venissi all'appuntamento che abbiamo programmato settimane fa."

Scossi il capo in rassegnazione; avevamo stabilito che ci saremmo incontrate alle dieci, ma come sempre deve mettermi fretta.

"Erika Daniela Ricci!"

Mi resi conto di non aver aperto bocca per troppo tempo quando la sentii chiamarmi per intero. Se devo essere sincera, detesto quando usa il mio nome completo, ma Andrea fa sempre di testa sua e a nulla sono servite tutte quelle volte in cui le ho detto, quasi pregandola, di non usarlo.

"Che vuoi?"

Le domandai, utilizzando un tono infastidito, volendola provocare un po' mentre decidevo cosa indossare prima di uscire.

"Hai davvero usato quel tono con me?"

"mh-mh"

"Piccola stronzetta, non appena ti vedo ti faccio a piccoli pezzettini."

Non riuscii a contenere una sonora risata a quella sua minaccia di morte. Sentii dei passi avanzare moderati verso la mia stanza, vedendo poco dopo la figura di mia madre fare capolino dalla porta, senza mai perdere quel sorriso che la caratterizza.

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