CAPITOLO 29

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Pov Erika

Sarei dovuta essere triste per lei, provare empatia e cercare di farla stare meglio e riprendersi da quel momento di delicata debolezza, ma la mia mente era bloccata da una piacevole sensazione di piacere che irradiava il suo calore dal centro del cuore, percorrendo le vene e penetrando in ogni centimetro del mio corpo, fino a raggiungere persino la parte più profonda di me. Era come paralizzata dal macigno che Noemi le aveva lanciato addosso; fissava il vuoto davanti a sé e a niente servivano i miei tentativi di farla riprendere. La mia mente non poté fare a meno di pensare che, finalmente, saremmo state libere di amarci incondizionatamente anche alla luce del sole, ma una parte di me temeva un suo possibile allontanamento. Si lasciò cadere sulla scrivania, poggiando i palmi su di essa e respirando a fondo.

"Al. . .prima o poi sarebbe successo."

"Ho combinato un casino."

Sussurrò, ancora preda di quel suo stato di trance. Provai ad accarezzarle un braccio, ma si scostò bruscamente osservandomi con occhi lucidi per poi raggiungere la porta dalla quale erano spariti Andrea e Brad.

"Dove stai andando?"

"Devo parlare con Noemi."

Non si girò nemmeno. Mi diede solo quel minimo di attenzione necessaria per rispondere alla domanda e poi riprese a comportarsi come se non fossi presente lì con lei. Uscì dalla stanza e raggiunse gli altri. La seguii non appena sentii delle grida arrabbiate e la notai colpire il muro con un pugno, causandosi la spaccatura un una porzione di pelle ed il successivo sanguinamento. Mi fiondai verso di lei e non esitai nell'abbracciarla da dietro, sentendo perfettamente il suo respiro accelerato ed il petto che si alzava smisuratamente nel disperato tentativo di riacquistare la calma. La sua schiena si curvò in avanti e la sua fronte raggiunse il muro così come l'altra sua mano, anch'essa chiusa a pugno. Andrea osservò la scena con palese confusione mentre Brad sembrava più dispiaciuto per me. Dopo un tempo che sembrò interminabile, finalmente si girò, decidendosi ad osservarmi dritta in viso. Ogni suo muscolo facciale era teso ed i suoi pugni presero a stringere la mia maglietta con forza.

"Si può sapere perché hai tutta questa fretta di uscire? Soffri di claustrofobia per caso?"

La voce di Andrea la riportò quasi completamente alla realtà. La osservò con furia, si separò da me e sorpassò suo fratello a grandi falcate, raggiungendo la porta di emergenza e riuscendo finalmente ad uscire da quella maledetta escape room. Rimasi in preda ai miei pensieri per nulla positivi, mentre la mia amica d'infanzia provava ad alzarmi il morale ormai sottoterra. Eravamo in macchina; nessuno di noi aveva più voglia di continuare quello stupido gioco. Il tragitto verso casa sembrò interminabile e il dolore che provavo in mezzo al petto non poteva far altro che aumentare ad ogni secondo che passava. Il mio sguardo era fisso verso la strada, il mento poggiato sulla mano in modo da sorreggere il peso del mio capo. Osservavo fuori dal finestrino e non potevo fare a meno di chiedermi se ci sarebbe stata la possibilità di un futuro insieme.

Andrea, seduta davanti accanto a Brad, si girò lentamente e mi sorrise.

"A che pensi?"

Non volevo rispondere, ma in un momento di smarrimento mi ritrovai a tirar fuori tutte le mie insicurezze.

"L'ho persa, ne sono sicura. Preferisce Noemi e la sua reazione di quando ha saputo di essere stata lasciata mi-"

"Aspetta. Noemi l'ha mollata?"

Sghignazzò Brad, osservandomi per pochi secondi dallo specchietto retrovisore dell'auto per poi portare nuovamente la sua attenzione sulla strada. Annuii anche se sapevo che non mi avrebbe visto.

"L'ha chiamata e l'ha lasciata."

Senza rendermene conto, mi ritrovai a singhiozzare come una bambina in preda alle lacrime. Andrea, in una mossa per nulla intelligente, scavalcò il sedile e mi raggiunse al mio fianco, posandomi una mano sulla spalla ed invitandomi ad accoccolarmi sul suo petto; invito che non rifiutai.

"Noemi è stata la sua prima volta in quasi tutto. È logico che abbia reagito in quel modo."

Mi fece notare il fratello della donna per la quale il mio cuore stava esplodendo e rischiava di uccidermi.

"Anche se quello che prova per lei non si può definire amore, c'è comunque molto affetto e non è una cosa da poco."

Continuò poi, dopo aver accostato l'auto davanti casa mia. Lo osservai interdetta e mi avvicinai allo spazio presente tra i due sedili anteriori.

"In che senso non si può definire amore?"

Sospirò e girò il busto quanto bastava per legare il suo sguardo al mio.

"Mia sorella non è mai stata veramente in grado di amare. Si fa piacere qualcuno al punto da portarsela a letto, ma non darebbe la sua stessa vita per quella persona."

Non mi accorsi che Andrea era già scesa dall'auto e aveva aperto la portiera per aiutarmi a fare lo stesso. Brad mi sorrise e spense il motore del veicolo. Ricambiai il suo sorriso davvero troppo simile a quello di sua sorella ed accettai l'aiuto della mia amica. Non appena mi trovai davanti l'ingresso di casa mia, il ragazzo della mia amica d'infanzia si schiarì la gola per attirare l'attenzione.

"Sai. . .io faccio il tifo per te. Magari puoi insegnarle ad amare."

Sorrise nuovamente, ma questa volta non ricambiai il gesto. Come poteva credere una cosa del genere quando nemmeno io sapevo cosa sarebbe successo adesso?

Pov Alessia

Dovevo calmarmi. Il cuore mi stava esplodendo, le mani sudavano, il corpo tremava, il respiro mancava. Dovevo assolutamente calmarmi. Avrei voluto chiamare Erika, ma sicuramente dopo la scenata all'escape room non avrebbe voluto avere più niente a che fare con me, quindi eccomi al solito bar, al solito posto, a bere il solito numero di alcolici fino a perdere la cognizione del tempo ed il completo uso dei miei stessi sensi. Una birra? Un cocktail? Non sapevo più nemmeno cosa stessi ingurgitando. Osservavo la partita trasmessa dal piccolo televisore del locale e ridacchiai al pensiero della discussione che avevo avuto con Noemi non appena la raggiunsi a casa sua. Che fosse arrabbiata era evidente, ma non ne compresi il motivo fino a quando non decise di iniziare una discussione più o meno civile.

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"Sei tu."

"Mi devi una spiegazione. Come sarebbe a dire che non vuoi più stare con me?"

Rise istericamente e si portò una mano davanti al viso per cercare, in parte, di nascondere la sua espressione ferita. Si allontanò dalla porta d'ingresso e andò a passi pesanti verso lo studio di suo padre, tornando pochi minuti dopo con in mano una chiavetta USB. La osservai confusa, ma tutto mi fu chiaro non appena ricordai cos'era successo pochi giorni prima. Sgranai gli occhi e la osservai con evidente terrore.

"Per quanto Ancora avevi intenzione di tenermelo nascosto?"

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Sospirai pesantemente, mandando giù l'ennesimo sorso di alcool, per poi lasciare i soldi sul bancone e dirigermi barcollando verso la macchina. Vi entrai con non poca fatica e mi accasciai sullo sterzo. Di inserire le chiavi non se ne parlava; richiedeva troppa lucidità ed in quel momento ne ero sprovvista. Le luci delle auto che sfrecciavano lungo la strada illuminarono il mio volto a intermittenza. Sorrisi nel pensare al casino in cui mi ero cacciata. Il mio sguardo si posò sul cavallo dei miei pantaloni; li slacciai e permisi al mio cazzo di liberarsi dai tessuti. Lo osservai disgustata, facendo schioccare la lingua sul palato un paio di volte.

"È tutta colpa tua."

Dissi freddamente, mentre una mia mano si occupava di raggiungere un paio di forbici da cucina che avevo dimenticato nel cassettino dell'auto.

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