CAPITOLO 39

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"Non se ne parla."

"Andiamo, mica puoi stare chiusa per sempre in questa casa. E poi devo andare a lavoro."

Quando quella mattina l'ho vista crollare in un silenzioso pianto liberatorio avevo capito che non era ancora pronta a restare sola, così le offrii la mia compagnia fino a quando non l'avrei vista in migliori condizioni, ma i suoi piani erano ben diversi; continuava a ripetere di stare bene e che non c'era motivo che mi preoccupassi, ma non riuscivo a crederle nonostante ci mettessi tutto il mio impegno.

Mi massaggiai una tempia mantenendo le braccia conserte e socchiusi gli occhi, avanzando lentamente verso un punto non ben definito del soggiorno.

"Devi andare a lezione."

"Hai ragione."

Sbuffai, per niente felice al pensiero di dover continuare quella silenziosa tortura. Mi avvicinai a lei e la strinsi tra le mie braccia per poi lasciarle un veloce bacio sulla guancia.

"Non mi va di rivederle."

Alessia rafforzò la presa intorno a me e sorrise tranquillamente, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Non devi parlarci per forza, ma devi frequentare le lezioni. Non voglio che resti indietro."

Abbassai il capo e lasciai fruire un lamento frustrato, per poi dirigermi fuori casa con Alessia al mio fianco. Salimmo in macchina e accesi la radio, impostandola ad un volume basso in modo da fare da sfondo all'ambiente circostante. La ragazza al posto guida mise in moto e fece le manovre necessarie per immettersi in strada.

"Se fai la brava qualche volta ti porto in azienda con me."

Sorrisi immediatamente nel sentire quelle parole e mi girai di colpo verso di lei, vedendola sorridere mentre il suo sguardo era fisso sulla strada.

Arrivai con qualche minuto di anticipo e mi precipitai in aula per prendere il posto migliore. Sistemai il quaderno con gli appunti precedenti e il resto del materiale sul piccolo banco posto davanti a me e posai lo zainetto per terra. Dato che vi era ancora tempo e nessuna traccia di colleghi o professori, mi concessi del tempo per allenare la mente con un gioco rompicapo che avevo scaricato nel telefono. Non appena sentii la porta dell'aula aprirsi, vidi i primi studenti iniziare ad occupare i vari posti e poco dopo notai le ragazze scherzare tra loro. Fui anche in grado di notare Noemi insieme a loro. Mi lanciarono uno sguardo indignato e si misero nei posti in fondo come la maggior parte delle volte. Avrei tanto voluto che Andrea fosse con me in quel momento. Mi girai discretamente verso di loro e fui perfettamente in grado di notare quanto impegno ci stessero mettendo nell'ignorarmi, invogliate da Noemi che non smetteva di parlare nemmeno per un secondo. Il mio telefono vibrò tra le mie mani e catturò immediatamente la mia attenzione, facendomi sorridere non appena vidi il messaggio di incoraggiamento che mi aveva mandato Alessia.

La professoressa entrò in aula poco più tardi e non sembrava per niente rilassata. Iniziò a spiegare la lezione ma il suo tono, di solito calmo e pacato, lasciava ben intuire che qualcosa non andava. Non mi feci molte domande e continuai a seguire la lezione con massima attenzione, riuscendo a capire al volo ogni concetto scritto nelle slides proiettate alla lavagna elettronica e riempiendo un numero spropositato di fogli.

"Stai capendo cosa dice?"

Mi chiese un collega accanto a me, sporgendosi di poco verso il mio posto. Annuii velocemente e dopo aver finito di scrivere il concetto che mi stavo ripetendo in testa da qualche minuto gli dissi che gli avrei potuto prestare gli appunti in caso di bisogno. Lui mi sorrise ampiamente e si avvicinò maggiormente, iniziando a causarmi un lieve disagio, ma decisi di non darci troppo peso e continuare a seguire la lezione.

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