CAPITOLO 40

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Le settimane passarono in fretta e in un altrettanto battito di ciglia arrivarono le tanto agognate vacanze natalizie. Dopo il periodo di assestamento dovuto al ritorno di alcune vecchie ferite di Alessia, tornai a concentrarmi pienamente sullo studio e cercai di ignorare le ragazze il più possibile. Chiamai regolarmente Andrea per informarla su tutti i folli avvenimenti che stavano succedendo e per lamentarmi a riguardo degli innumerevoli libri che dovevo studiare per poter superare la sessione invernale sana e salva. Alessia mi sopportava a volte, permettendomi di ripeterle le nozioni che avevo acquisito e provando a farmi domande inerenti al programma (cosa che non sempre le riusciva).

La mia felicità era alle stelle perché finalmente avrei potuto riabbracciare la mia migliore amica dopo mesi e torturarla ai grandi cenoni tradizionali e alle uscite di shopping selvaggio. Sarebbe andata a prenderla Brad e avrebbero passato il resto della giornata insieme, sicuramente accoppiandosi come conigli.

Quest'anno sarebbe stato un tantino diverso. Di solito la mia famiglia e quella di Andrea si organizzano per poter festeggiare tutti insieme, ma, dato che ora si sono uniti anche Alessia e Brad, il grande pranzo di Natale sarà sicuramente spostato da loro. Ho deciso di concedermi una piccola pausa dallo studio, giusto per potermi godere il Natale in santa pace, ed è principalmente per questo che mi ritrovai chiusa in camera per un lasso di tempo della durata di circa sei ore; Alessia accanto a me a sentirmi ripetere le materie e lamentarmi di tanto in tanto.

"Non sembra così difficile."

"Ridillo dopo aver studiato due manuali e tre libri di approfondimento."

Il suo sguardo tranquillo mi scrutava attento mentre teneva le fotocopie tra le mani con la schiena poggiata alla testiera del letto e le gambe accavallate tra loro, permettendo ai piedi coperti dalle scarpe di uscire dal materasso. Mi sporsi verso di lei e le strappai i fogli di mano, ricatalogandoli ed inserendoli negli appositi raccoglitori. Sbuffai sonoramente e borbottai qualcosa di indefinito anche per me, sistemandomi a gambe incrociate con davanti i libri che dovevo ancora finire di studiare. Guardai distrattamente l'orologio e notai che mancava ancora molto al rientro da lavoro dei miei e alla successiva cena a cui non facevo altro che pensare.

"Sto morendo di fame."

Mi lamentai, strizzando gli occhi e lasciando cadere la testa all'indietro, rilassando le spalle ed incarnando la schiena. Alessia si sporse in avanti per sedersi, mi prese per le spalle e mi condusse accanto a lei, ricadendo lentamente sul materasso. Mi accarezzò un braccio mentre le sue labbra non smettevano di assaporare la mia fronte, scendendo poi verso le guance fino a raggiungere la loro meta finale: le labbra.

"Pensandoci bene, ho qualcosa che potresti mangiare."

Ridacchiai alla sua palese richiesta e le diedi un colpetto all'altezza della spalla, alzando il capo per poterla osservare direttamente in volto.

"Scema. Non ho intenzione di farti un pompino."

"Ne sei sicura?"

Chiese con quel suo sguardo carico di stupidaggine, ma talmente divertente da impedirmi di prenderla sul serio. Si girò di fianco per avvolgermi maggiormente con le braccia e portarmi completamente sopra il suo corpo, impedendomi di allontanarmi. Le sue labbra ferme sulle mie.

"C'è Fra nell'altra stanza."

"Cercherò di non esprimere troppo il mio apprezzamento nei tuoi confronti."

"Sei davvero impossibile."

Risi di gusto, lasciandole un altro bacio sulle labbra per poi posare la guancia sul suo petto ed ascoltare i battiti del suo cuore che erano ormai diventati la mia canzone preferita. Passammo qualche minuto in quella posizione, fino a quando non sentimmo il campanello di casa risuonare limpido in tutte le stanze. Sperando che andasse ad aprire Francesca, non mi mossi dalla mia posizione, ma quando la sentii gridare "apri tu!" Mi dovetti rassegnare e scesi al piano di sotto. Mi posizionai davanti la porta di casa e, dopo essermi resa un tantino più presentabile, aprii cautamente il blocco di legno che ci separava dal mondo esterno, trovandomi Matilde a testa bassa sul portico.

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