Pov Erika
Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte. Un incubo si era impossessato del mio sonno, cacciando via tutta la tranquillità che mi ero creata in quelle poche ore notturne. Controllai l'orologio; le sei meno un quarto. Scrollai le spalle e mi decisi a scendere dal letto per iniziare a prepararmi. Finalmente avrei iniziato l'ultimo anno accademico e l'imminenza della laurea mi emozionava e terrorizzava allo stesso tempo. Non sentivo Alessia da un po' di giorni. Dopo quella scenata all' escape room non si era più fatta vedere o sentire ed io non ho voluto farle pressione, pensando che magari non le sarebbe andato di parlare o che aveva ripensato a tutto e non voleva più avere niente a che fare con me. Ignorai quella scomoda sensazione di tristezza che cercava di colpirmi ad ogni ora della giornata e scesi cautamente le scale. Un lieve mal di testa iniziò a tormentarmi a intervalli più o meno regolari, probabilmente dovuto al fatto di essere andata a dormire tardi ed essermi svegliata di botto a causa di quel dannato incubo. Non feci colazione; non avevo fame. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la mancanza delle braccia di Alessia intorno a me e delle sue stupende labbra sulle mie. Andrea provò come meglio poteva a tirarmi su il morale e a volte ci riusciva, ma erano casi rari. Il pensiero che tra pochi giorni se ne sarebbe andata mi stava uccidendo lentamente, ma non potevo farci nulla. Per fortuna, il pomeriggio non avevo lezioni e decidemmo di passarlo insieme così da raccontarle tutto sulla prima mattinata.
Non appena arrivai davanti l'ingresso della mia università, notai subito la presenza delle altre ragazze. Mi avvicinai in tutta fretta con un gran sorriso dipinto in volto; sorriso che si spense non appena vidi lo sguardo omicida di Noemi. Valeria e Matilde erano confuse e non sapevano che fare.
"Che succede?"
Chiesi, anch'io preda di una minima confusione. Noemi non mi rispose. Incrociò le braccia al petto, girò i tacchi ed entrò in facoltà senza emettere fiato, rifiutandosi di guardarmi. Inclinai di poco il capo e feci spallucce, affiancando le altre per andare ad occupare i posti migliori per poter seguire la lezione.
La professoressa di questa nuova materia sembrava essere molto simpatica. Aveva i capelli lisci che ricadevano morbidi sulle spalle ed un tailleur che fasciava perfettamente il suo corpo, completato da un paio di tacchi vertiginosi. Aveva una presenza abbastanza forte e non potei fare a meno di compararla ad Alessia. Iniziò a spiegare, ma non seguii molto, concentrata a studiare il comportamento della mia amica dai capelli fucsia. Matilde prese una miriade di appunti, arrivando a consumare decine di fogli. Di sicuro mi sarei fatta mandare gli appunti dato che avevo scritto poco e niente.
Quando terminammo la lezione, uscii in tutta fretta per cercare di raggiungere una Noemi alquanto sfuggente e sorrisi vittoriosamente non appena fui in grado di afferrarla per un braccio. Si girò bruscamente, ma non disse nulla.
"Si può sapere che ti prende?"
Chiesi esasperata, curiosa e timorosa di sapere la risposta. La ragazza davanti a me lasciò fruire una risatina isterica prima di decidersi a rispondere.
"Dimmelo tu. Com'è stato?"
"Di che parli?"
"Scopa bene, vero?"
Mi paralizzai nel sentire quelle parole. Sapeva tutto. Aprii più volte la bocca per cercare di rispondere in qualche modo, ma nessun suono fu liberato dalle mie labbra, facendomi assumere un'espressione da ritardata mentale. Noemi abbassò il capo e sghignazzò amaramente, lasciando passare una mano fra i capelli e lasciandola riposare sul dorso del suo collo. Mi osservò dritto negli occhi e si avvicinò lentamente al mio orecchio.
"Tutto quello che sa gliel'ho insegnato io. Prego."
Non disse nient'altro. Se ne andò a passi svelti, scomparendo tra la folla di studenti spaesati e insicuri su dove andare. Valeria e Matilde mi raggiunsero poco dopo e mi rivolsero uno sguardo interrogativo ma non dissero niente, avendo probabilmente compreso la gravità della situazione.
Quel pomeriggio stesso mi incontrai con Andrea. Dovevo parlare dell'accaduto con qualcuno e lei era la persona giusta. Mi sedetti sul divano e mi lasciai sprofondare sul cuscino, emettendo un lungo sospiro profondo.
"Quindi lo sa. Secondo te gliel'ha detto Alessia?"
Feci spallucce ed allungai una mano per raggiungere il pacco di patatine posto sul tavolino, iniziando ad ingozzarmi come se non ci fosse un domani. Andrea mi bloccò con un movimento repentino, osservandomi con preoccupazione.
"Vacci piano."
Prese la busta, la chiuse e la posò il più lontano possibile da me.
"Comunque è successo di sicuro qualcosa."
Affermò dopo avermi affiancato nuovamente sul divano. La osservai interrogativa, ritrovandomi ad alzare un sopracciglio senza nemmeno rendermene conto.
"In che senso?"
"È da un po' che Brad è strano. Non ride più come prima. Ha sempre un'espressione talmente seria da far paura ai morti."
Ascoltai con attenzione ciò che aveva da dirmi e non potei fare a meno di lasciar circolare una miriade di domande nella mia mente.
"Ti ha detto qualcosa?"
Scosse la testa un paio di volte.
"No, ma credo siano problemi di famiglia. Il giorno prima di cambiare drasticamente aveva ricevuto una chiamata da parte di sua madre."
In quel momento ricordai i numerosi problemi di cui soffriva Alessia e uno tra questi era l'alcool. In cuor mio sperai che non avesse fatto nulla di stupido e avventato.
Pov Alessia
"Lo sai perché sei qui?"
Annuii debolmente col capo continuando a fissare il vuoto.
"Alessia, quello che hai cercato di fare non va per niente bene. Abbiamo detto più e più volte che il tuo corpo non è sbagliato."
Non risposi. Non feci nulla. Semplicemente rimasi seduta su quella piccola poltrona a lasciare che il ricordo, seppur sfocato, di quella notte riaffiorasse in mente. Giocherellai con le mie dita mentre ricordavo la rabbia che scorreva rapida lungo le mie vene e l'odio verso quel mio difetto aumentava sempre più. Non ero riuscita nel mio intento; troppo poco ubriaca per trovare il coraggio e troppo ubriaca per poter prendere una decisione sensata. Ricordo di aver digitato un numero, poi le lacrime e infine il vuoto. Lo psicologo davanti a me mi osservò con quel suo classico sguardo empatico che mi faceva solo venir voglia di prenderlo a pugni in faccia mentre cercava di attirare la mia attenzione.
"posso andarmene?"
"L'ora non è ancora finita."
Mi alzai in piedi e mi recai verso la porta, dandogli le spalle.
"Non serve aspettare che finisca."
Feci per uscire dalla stanza quando sentii nuovamente la sua voce attirare la mia attenzione.
"Che mi dici di Erika?"
Disse tutto d'un fiato per riuscire a terminare di parlare prima che me ne andassi. Mi paralizzai sul posto, stringendo con forza la maniglia della porta. Restai qualche secondo con gli occhi chiusi e presi un respiro profondo per cercare di evitare di crollare per la millesima volta in quei giorni.
"Non vuole avere più niente a che fare con me."
Dissi solo, per poi lasciare la stanza e sbattere la porta dietro di me.
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Fucking Love
RomanceDa un lato una ragazza tranquilla, con una discreta vita sociale, un'amica da tenere sotto controllo ed una carriera universitaria sul finire. Dall'altro un'anima tormentata dal dolore che non riesce a liberarsi del passato. Cosa accadrà quando il d...