CAPITOLO 56

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Pov Erika

"Lascia, faccio io."

"Ma sono solo vestiti."

Sbuffai, permettendo che le mani della mia ragazza afferrassero salde lo scatolo che avevo deciso di portare al piano di sopra.

Fu difficile convincere mia madre a lasciarmi andare definitivamente, non riuscendo a farla smettere di piangere a causa della notizia che aveva appena ricevuto. Quella mattina stessa mi trovai a parlare con Alessia riguardo il trasferimento e mi affrettai a impacchettare le mie cose ancora prima che potesse terminare il discorso. Andrea decise di dare una mano ed affittò insieme a Brad un piccolo furgone che non perdemmo tempo a riempire con tutta la mia roba, catalogandola per bene in modo da non confonderci una volta arrivati a casa di Alessia.

Spostai l'auto che era tranquillamente posteggiata nel vialetto e permisi così a Brad di parcheggiare proprio davanti all'uscio di casa per agevolarci con gli scatoloni.

Andrea sbucò fuori dal retro del furgone con un numero spropositato di scatole e si diresse a passo svelto verso il salone, dove si lasciò cadere sul pavimento insieme a tutto ciò che aveva afferrato.

"Attenta. Ci sono cose che si rompono."

Annunciai dopo aver permesso ad alessia di afferrare il mio scatolo pieno di vestiti e averla vista salire tranquillamente al piano di sopra. Andrea annuì e fece un veloce gesto con la mano per scusarsi per poi fiondarsi nuovamente fuori e dare un pugno per nulla motivato a Brad. Povero ragazzo; ha sposato il diavolo in persona. Scossi la testa divertita nel vederli interagire come se nulla fosse e, constatando la costante mancanza della mia ragazza, mi recai al piano di sopra per poter dare una mano.

La sentii mettere in ordine nella sua stanza e, incuriosita, entrai a dare un'occhiata trovandola ricoperta di vestiti e con uno sguardo confuso dipinto in volto mentre cercava di far entrare tutto nell'armadio. Ridacchiai e mi avvicinai a lei quanto bastava per catturare la sua attenzione. Alessia fece spallucce e mi avvicinò maggiormente a sé, prendendomi per la vita con un braccio e permettendo alle sue labbra di lasciarmi un tenero bacio sulla fronte.

"A quanto pare l'armadio è troppo piccolo."

Osservai l'oggetto in questione ed inclinai il capo da un lato, notando delle scatole poste in un angolo, posizionate in modo da non dare troppo nell'occhio. Le raggiunsi incuriosita e feci per aprirle, ma venni prontamente bloccata dalla voce della mia ragazza.

"Non c'è niente lì."

"Al, non sono cieca. Le vedo le scatole."

Mi girai verso di lei e la vidi mordersi il labbro nervosamente, portando una mano tra i capelli e dondolandosi di poco sui talloni, distogliendo lo sguardo dal mio. Mi alzai immediatamente e la raggiunsi a passo sicuro, portando le mani a poggiarsi sulle sue spalle.

"Che c'è in quegli scatoli di così segreto?"

"Nulla."

Le lanciai uno sguardo di sfida e tornai a controllare il contenuto che per tanto tempo era rimasto nascosto nell'angolo di quell'armadio. Alessia mi afferrò per i fianchi e mi alzò da terra, indietreggiando in modo da allontanarmi dal tesoro nascosto. Mi dimenai tra le sue braccia, ritrovandomi pure a scalciare come una bambina arrabbiata con i genitori perché le hanno negato il gelato, riuscendo a colpirle il fianco con un gomito. La ragazza dagli occhi di ghiaccio strinse maggiormente la presa e continuò a indietreggiare. In quell'istante mi venne in mente un'idea fantastica per potermi liberare. Portai il capo a poggiarsi sul suo petto ed inscenai uno sguardo dolorante, accertandomi che stesse guardando.

"Al, mi stai facendo male."

Mi lamentai subito dopo e immediatamente la sentii allentare la presa fino a lasciarmi, vedendola poi allontanarsi completamente da me con sguardo mortificato, fino a raggiungere il bordo del letto e sedercisi sopra portando una mano tra i capelli. Mi avvicinai immediatamente e mi sedetti sulle sue gambe, lasciandole un bacio casto sulle labbra.

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