51. Il Mare

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«Alyx... Alyx tutto okay?» mi chiese la ragazza prendendomi il volto tra le mani.
«Sì- esclamai io ancora spaesata per via del sogno, per poi mettermi a sedere -dove siamo?» chiesi io guardandomi intorno.

Io e Clarke eravamo le uniche due sveglie mentre tutti gli altri erano ancora svenuti, ci trovavamo in una specie di garage malridotto pieno di alcuni buchi che lasciavano passare alcuni spiragli di luce.

«Dove diavolo siamo?» chiese la voce di Bellamy che si era appena svegliato, mentre anche gli ultimi due iniziavano ad aprire gli occhi.

Octavia si poggiò al muro con la schiena, portandosi una mano dietro alla spalla destra «la mia spada è sparita» constatò lei ed io mi allarmai.
«Anche le armi» disse Jasper alzandosi barcollando.

Tastai nervosamente la cintura, le maniche della giacca e perfino lo stivale dove tenevo la lama di riserva, ma al posto dei miei amati coltelli e della mia pistola non c'era nulla «sono a secco» confermai io.

Clarke tirò fuori dalla tasca la scatola che le aveva dato Titus ma per fortuna sopra al velluto rosso c'era ancora la Fiamma.
La mia amica iniziò a battere la mano sulla parete barcollante di metallo ma, dopo che nessuno mosse nulla mi avvicinai a lei e tirai a mia volta un calcio su quella che pensavo fosse l'uscita.

Se non mi avessero aperto subito avrei fatto crollare queste pareti vecchie come la terra, da sola.
In quel momento le mie parole furono ascoltate e qualcuno aprì la parte della stanza esattamente opposta alla mia.
Grande, hai proprio azzeccato Alyx.

I raggi del sole mi investivano completamente ed io fui obbligata a socchiudere leggermente gli occhi dal dolore siccome mi ero abituata al buio da un po' ormai.

Poco dopo una figura in controluce venne nella nostra direzione ed io avanzai fino ad arrivare all'altezza di Octavia per cercare di vedere meglio la figura.

Appena i miei occhi si abbituarono alla luce ci impiegai meno di un secondo a riconoscere la ragazza dai capelli scuri e spettinati, era uguale al disegno.

«Luna» la chiamò la ragazza al mio fianco facendoci così raggiungere anche dagli altri 3 ragazzi che stavano con noi.
«Dove si trova Lincoln?» chiese lei con voce controllata, era davvero una bella donna ed io la stavo invidiando da morire.

«Lincoln è morto» le rispose Octavia dopo aver preso un respiro profondo e la donna distolse lo sguardo incassando elegantemente il colpo, probabilmente era un suo buon amico.

«Ha detto che ci avresti aiutati» la informò mia sorella e la ragazza davanti a me inarcò le sopracciglia «davvero?» domandò lei aspettando di sapere cosa ci servisse prima di darci il suo aiuto.

«Luna... Sei l'ultima della tua dinastia: l'ultima Natblida» le disse Clarke e lei studiò con lo sguardo prima lei e poi Bellamy, facendomi provare un leggero senso di fastidio che non dovevo assolutamente provare.

Poi i suoi occhi si incrociarono ai miei come se mi avesse letto nel pensiero «non è vero, sono venuta a sapere che anche colei che si fa chiamare Natreìna lo è» esclamò lei riconoscendomi immediatamente.

«Non proprio, non lo sono dalla nascita» sottolineai io ed il suo sguardo fu attraversato da un rapido lampo di stupore che però durò poco.

«Sei stata sottoposta all'operazione del Fleimkepa?- mi domandò lei ed io annuii lentamente -allora sei molto più forte di quanto mi hanno riferito- esclamò lei ed io provai un leggero senso di orgoglio -ma se siete qui vuol dire che anche Lexa è morta» concluse la donna.

«Il suo spirito ha scelto te come prossimo Comandante. Titus mi ha affidato la Foamma che ti devo consegnare» rispose Clarke cercando di convincerla, nonostante la I.A. non avesse fatto proprio un bel niente.

Ma non ebbe comunque molto successo.
«Allora avrebbe dovuto dirti che ho lasciato il mio Conclave giurando che non avrei più ucciso» le ricordò Luna in uno sguardo di fuoco.

«Non devi uccidere. Regnare è un tuo diritto di nascita, come vuoi farlo è una tua scelta... Ecco» le disse mia sorella porgendole lentamente la Fiamma.

Luna allungò le mani e tastò la piccola pietra di diamante con le dita «riconosco il sacro simbolo, ma questo cos'è?» chiese Luna guardando Clarke negli occhi.

«Questa è la Fiamma: contiene lo spirito degli scorsi Comandanti... E di Lexa- spiegò lei con un piccolo sorriso sulle labbra per farla sentire più sicura -vuoi prenderla e diventare il futuro Comandante?» chiese mia sorella con una punta di speranza nella voce.

La ragazza guardò prima la seconda I.A. ne guardava la forma strana e il simbolo dell'infinito stampato sopra, sembrava quasi convinta.

Poi però la sua attenzione si rivolse a me, mi guardò profondamente negli occhi quasi come se volesse capire a cosa stessi pensando, poi riportò la sua attenzione a Clarke «no» rispose.

La sua voce era dura e subito dopo che ci mandò in frantumi ogni speranza chiuse con la sua mano le dita di mia sorella sulla Fiamma, per intendere che non voleva averne nulla a che fare, poi si girò di spalle se ne andò.

«Grandioso, meno male che ci avrebbe aiutato» commentai io in maniera sarcastica quando la ragazza bionda si voltò nella nostra direzione senza parole, poi si mise a cercare di inseguirla.

«Ei, aspetta» la richiamò mia sorella e tutti noi la seguimmo, ma ci bloccammo immediatamente quando ci rendemmo conto del posto dove eravamo.

Una piattaforma in metallo era l'unica cosa che avevamo sotto ai piedi e davanti ai nostri occhi si ergeva un'altissima ma un po' pericolante torre che una volta doveva probabilmente essere un braccio che serviva per pescare.

Io feci un giro su me stessa prima di capire dove ci trovavamo, infatti ero su una palafitta che prima dell'attacco con le bombe doveva servire per l'estrazione del petrolio dal mare.

Ogni cosa che si riusciva a vedere era completamente circondata dal mare, un enorme telo azzurro che si estendeva fino al confine della mia vista, senza farmi scorgere uno straccio di terra, eravamo proprio in mezzo al nulla.

Mi voltai rapidamente verso di Blake che, a differenza mia, aveva sul volto un'espressione completamente stupita e meravigliata mentre io mi trattenevo dal coricarmi a terra e pregare qualcuno di non farmi cadere.

E menomale che non soffro di vertigini.

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