Capitolo 21

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Quella mattina Rebecca aprì lentamente gli occhi accorgendosi subito di un dolore lancinante alla testa. Quasi le scoppiava così la prima cosa che fece fu mettere una mano sulla fronte e imprecare. Poi riaprì di nuovo gli occhi e notò il soffitto di quella stanza, completamente differente da quello della sua camera. Abbassò lo sguardo e si accorse di indossare solo un paio di mutande sotto quelle coperte che non erano le sue. Quando, però, notó la figura dormiente di Daniele accanto a lei quasi non saltò in aria. Sussultó e si mise a sedere di scatto guardando il ragazzo con uno sguardo confuso. Anche lui sembrava non indossare vestiti e ciò le fece sorgere in mente mille dubbi diversi. Daniele sonnecchiava tranquillo tenendo le labbra carnose leggermente semiaperte. Rebecca per pochi istanti rimase ferma ed immobile a fissare quel volto perfetto per poi fare un sorriso. Poi scosse la testa e distolse lo sguardo. Senza indugiare oltre scese dal letto del suo amico e prese il suo vestito rosso. Lo indossò in fretta e furia, facendo lo stesso anche con i tacchi, e cercó di uscire dalla camera del ragazzo senza farsi sentire. Camminò in fretta verso il corridoio per poter uscire e tornare a casa ma ben presto si ritrovó con il sedere per terra. Un giramento di testa non l'aveva aiutata a passeggiare su quei tacchi così da farle perdere l'equilibrio.

-"Mazza che caduta. Stai bene?"- una voce dietro di lei attirò la sua attenzione. Si trattava di Niccolò che, mentre era intento a sorseggiare il suo caffè assieme a sua moglie, aveva notato ogni spostamento e azione della ragazza andandole poi in suo soccorso. Le porse le mani tatuate per farla alzare, mentre lei avvampó per l'imbarazzo. Non sapeva ci fossero anche loro in casa, ma soprattutto non sapeva perché era lì e cosa avesse fatto quella notte. La ragazza sentendo ancora le guance andare a fuoco guardó per un attimo confusa l'uomo di fronte a lei e poi afferrò le sue mani.

-"Ti conviene togliere i tacchi, piccola. Credo ti giri ancora un po' la testa"- intervenne anche Aurora facendo un piccolo e dolce sorriso. Rebecca, una volta in piedi, annuì imbarazzata e si sfilò i trampoli.

-"Grazie"- mormorò guardando verso il basso.

-"Avanti vieni qui a bere una tazza di latte caldo, ti farà bene"- la invitó a fare la madre di Daniele per poi iniziare a versare un po' di latte nel bollitore. Rebecca continuó a non dire niente e seguì Niccolò per poter prendere posto ad un tavolo. Continuava a tenere basso il capo a causa dell'imbarazzo alle stelle. Niccolò fissò per pochi istanti la ragazza e percepì il suo palese disagio.

-"Immagino ti stia chiedendo perché sei qui"- sussurrò lui cercando di attirare l'attenzione della ragazza, che alzò lentamente il volto per guardarlo. Rebecca annuì ancora un volta e si portò una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Niccolò fece un sorriso per la tenerezza di quella ragazza.

-"Vorrei dirtelo io, ma se te lo dicesse Daniele sarebbe meglio. È lui che ti ha portata qui"- raccontò il moro ricominciando a bere il suo caffè. Rebecca sgranó gli occhi e corrucció la fronte. Continuó a non dir niente e decise di ingerire la bevanda calda che Aurora le aveva appena preparato.

-"Appena finisci qui vai in camera sua e sveglia quello scanza fatiche"- continuó a dire lui facendola ridere divertita.

-"D'accordo"- rispose per poi affogare il volto in quella tazza di latte fumante.

Non appena terminò di fare colazione, in totale silenzio e lentezza, raggiunse nuovamente la camera del ragazzo ed aprì la porta, che aveva lasciato semichiusa. Notò ancora il ragazzo avvolto in un sonno profondo e poi si sedette al fianco del letto. Dopo pochi secondi decise di stendersi accanto a lui per poterlo fissare attentamente. I capelli scuri e ribelli sulla fronte e le labbra rosse non avevano fatto altro che lasciarle un segno profondo. Possedeva una bellezza quasi da farle male. Era la voglia di stargli vicino che le faceva male. Non poterlo baciare, toccare, sfiorare come lei avrebbe voluto. Non poterlo avere. Daniele non era di sua proprietà.

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