Parte 3 ~Le scale a cui piace cambiare~

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I giovani James e Sirius, finirono di mangiare il più velocemente possibile, in modo da potersi aggiudicare le poltrone più comode nella Sala Comune di Grifondoro, nonostante fossero entrambi studenti del primo anno, e quelle poltrone, spettassero agli studenti degli anni successivi  (questa era una regola non scritta, temuta però da tutti gli studenti appena arrivati e quindi rispettata).

Nonostante l'esistenza di quell'usanza, James e Sirius non erano di certo i tipi che si lasciavano mettere i piedi in testa così facilmente, erano sicuri di sè stessi e per questo non si ponevano il minimo dubbio nel sedersi sulle fatidiche poltrone.

I due giovani maghetti, finirono quindi il più velocemente possibile la loro porzione di pollo allo spiedo e tutti i contorni annessi, per poi scendere dalla panchina su cui erano seduti ed avviarsi verso la torre Grifondoro. I loro passi veloci, si facevano strada per i corridoi illuminati dalle torce accese fisse alle pareti e dagli spiragli di luce naturale che entravano attraverso archi, fessure e finestre.

-"James" disse Sirius, richiamando l'attenzione del compagno, senza smettere però di camminare con passo sostenuto. "Non mi hai mai raccontato nulla riguardo la tua famiglia... si insomma, non so nemmeno quale sia il tuo cognome!" continuò Sirius, impaziente di una risposta soddisfaciente da parte dell'amico.

-"Beh, i miei genitori si chiamano Fleamont e Euphemia, e il mio cognome lo sai" disse brevemente James, a cui non era mai piaciuto che le persone conoscessero la sua vita privata, ma dopotutto, Sirius poteva essere un'eccezione.

-"Davvero? io non mi ricordo che tu me lo abbia mai detto..." si giustificò Sirius, sentendosi forse per la prima volta in vita sua, non sicuro e agiato come sempre, ma in imbarazzo.

I due continuavano a camminare, mentre il loro discorso procedeva lentamente.

-"Massì tranquillo non importa" gli rispose James, sorridendo all'amico con lo scopo di farlo sentire meno a disagio. "E comunque il mio cognome è Potter, e si, sono figlio di Purosangue,  ora lo sai" concluse ridendo, riuscendo ad allentare la tensione di quel momento.

-" E tu Sirius? Credo di non averti mai sentito menzionare i tuoi genitori, o la tua famiglia in generale... dai su raccontami qualcosa!" esclamò entusiasta James, invertendo quindi i ruoli all'interno della discussione tra lui e l'amico.

Lo sguardo di Sirius si fece cupo improvvisamente, e il sorriso spontaneo che era comparso subito dopo le parole di James nei suoi confronti, scomparve all'udire di quella domanda tanto semplice quanto complicata e dolorosa per lui. A differenza di James, al quale non piaceva parlare della sua vita privata, a Sirius proprio dava fastidio, si vergognava. Era come un tabù per il giovane mago, era la cosa peggiore che gli si potesse chiedere di fare con degli estranei. E per quanto lui e James ormai  fossero inseparabili, il giovane Black avrebbe preferito combattere un drago piuttosto che esprimersi riguardo la sua famiglia.

-"Insomma? Tu che sei un grande chiaccherone sei diventato di colpo muto?" gli chiese Potter, ridendo per la battuta che aveva appena detto.

I due cominciarono a salire le scale per raggiungere la torre con il dormitorio e la Sala Comune della loro casata, quando Sirius si convinse a proferire parola:

-"Il mio nome è Sirius... Black. E sì, faccio parte di quella... famigl.."prima che il ragazzo potesse finire la frase che stava cercando di dire con tanta fatica, sentì il pavimento mancargli sotto i piedi e riuscì ad afferrare l'estremità della scala prima di cadere nel vuoto.

Le scale a cui piace cambiare, infatti, avevano deciso di spostarsi nel momento esatto in cui Sirius stava attraversando le estremità di due rampe diverse, trovandosi di colpo senza un appoggio su cui camminare. James, che a differenza dell'amico si trovava due metri più avanti e quindi su una rampa di scale al sicuro, guardava la scena con occhi increduli. Mentre Sirius cercava con tutte le forze che aveva in corpo di rimanere attaccatto alla scala, Potter scrutava freneticamente le scale e i corridoi circostanti, constatando disperatamente che erano soli. Tutti erano ancora a pranzare e sarebbbe stato inutile quindi chiedere aiuto. Decise allora di aggrapparsi con un braccio alla ringhierà, in modo da evitare di cadere come l'amico, con l'altro invece, iniziò a sporgersi verso Sirius, che stava lentamente allentando la presa per la fatica.

-"Sirius muoviti, afferra la mia mano!!" gli disse James, invitandolo ad aggrapparsi a lui.

-"Stai scherzando?! Se staccassi le mani per aggrapparmi a te rischierei di cadere trascinando giù anche te, e comunque non riusciresti a tirarmi su da solo, peso troppo." gli rispose Black, con un tono di voce a tratti allarmato quanto rassegnato al suo destino.

-"Sirius, non fare lo stupido, guarda non corro alcun pericolo!" disse James, spostandosi leggermente sul fianco per far notare all'amico il braccio aggrappatto alla ringhiera. Potter cercò di essere il più convincente possibile nel dire quelle parole a Sirius, nonostante nemmeno lui fosse certo di farcela.

-"Va bene James..." si convinse Sirius, fidandosi dell'amico e  pronto a staccare la mano dal bordo.

-"Al mio tre stacchi la mano. 1, 2, ...3!!" urlò James, sporgendosi ancora di più in avanti per afferrare l'amico. Sirius staccò di scatto la mano dal bordo in marmo della scala, aggrappandosi saldamente al braccio del compagno. James, una volta che ebbe afferrato con presa salda Sirius, cominciò ad indietreggiare, cercando di trascinare con sè al sicuro anche il suo compagno. James era rosso in viso dalla fatica, le gocce di sudore gli scorrevano lungo le tempie, ma alla fine con uno strattone verso di sè, riuscì a salvare Sirius.

Black, ancora scioccato per l'accaduto, era seduto perterra con la schiena appoggiata alla ringhiera, mentre James cercava di riprendersi dallo sforzo estremo appena fatto.

-"Avevi tutte le mani sudate!" disse ridendo e con il fiatone James, mentre faceva il gesto di pulirsele sulla divisa.

-"Oh si, scusa" riuscì solamente a dire Sirius, per poi continuare con un "Grazie James".

Scoppiarono entrambi a ridere, pensando alle mani sudate, alla paura di quegli istanti,  all'avventura appena vissuta e soprattutto a come non avrebbero mai più percorso quelle scale da soli. Il racconto in sospeso di Sirius sulla sua famiglia, se lo dimenticarono per quel giorno. Sirius non avrebbe dovuto raccontare, o almeno non ancora,  della sua famiglia, la stessa che tanto disprezzava e di cui si vergognava. La famiglia Black.

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