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Negli ultimi tempi nel villaggio si creò un gran movimento. Più del dovuto. Non conoscevo la fonte del tumulto, ma attirò ugualmente la mia attenzione. Rientrai in negozio dopo una pedalata sul lungomare con la mia bicicletta. Ormai eravamo a fine maggio e il profumo dell'estate era giunto alle porte. Appena varcai l'uscio, notai un'aria più leggera in mia zia. Aveva il volto scarno, ma colorato, di uno strano rossore vivido sulle guance.
«È  arrivata posta questa mattina. Leggi un po'» mi disse, ponendo tra le mie mani una busta di carta. «Forse è l'occasione in cui conosceremo gente nuova e di alto rango.»
«Ah! È necessario?» Chiesi scettica, senza aprire la busta, dando per scontato che si trattasse di un invito di alto lignaggio. Era impossibile non accomunare quella missiva a un mittente altolocato. La carta era di filigrana bianca e sottile, sigillata con uno stemma famigliare rosso cremisi, puntato C. S.
«Sì. Sarebbe bello» mi invogliò. Posai gli occhi su mia zia con poco entusiasmo.
«Sono tutti tirati e hanno la puzza sotto il naso.»
Zia Daisy sembrò scocciata della mia osservazione.
«Non si fa di tutta l’erba un fascio. Non avere pregiudizi.»
«Ci proverò» lasciai la lettera sul bancone e le scoccai un bacio sulla guancia,  ignorando la sua predica. Era l'unica a cui mi permettevo di esprimere la mia dolcezza. Non amavo le smancerie, ma lei chiudeva gli occhi quando la baciavo, e la cosa mi piaceva molto.
«Su, dai, birbante bugiarda» rise, lusingata.
«Vai a girare l'insegna.»
Obbedii, e andai a girare l'indicazione della scritta Aperto. Appena le mie mani furono sulla chiave per girarla, zia Elise, con entusiasmo, si precipitò verso la porta, mostrandoci, come se fosse un trionfo, la sua lettera d’invito. Entrò con veemenza, tanto da farmi indietreggiare.
«L'abbiamo ricevuta tutti! Andremo a un ballo. Io amo i balli» schiamazzò come una papera felice. Le scivolò perfino il cappello, che sistemò in fretta. «E tu cara» disse rivolgendosi a me, guardandomi dall'alto al basso. «Datti una sistemata. Non sei per nulla come la mia Rosalyn. Hai sempre quei capelli sciolti!» Continuò.
La ignorai, alzando gli occhi al cielo. Certo, ero differente dagli standard e dalla moda della fine degli anni 30', con boccoli, acconciature, fermagli, cappelli, guanti e chi più ne ha, più ne metta, ma preferivo il semplice e il naturale. Meno impegnativa e soprattutto sbrigativa.
«Buongiorno anche a te, zia Elise» sospirai. «Cosa ti serve?» Le chiesi.
«Il solito» Così mi tolsi dalla conversazione servendola, lasciando a mia zia il compito di annuire ai suoi commenti e accompagnare i suoi discorsi.

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