19

68 10 10
                                    

Quella sera mancai all'appuntamento. Appena tornai a casa, zia mi avvisò che in serata avremmo cenato con il reverendo Morgan, la sua consorte e sua sorella, con la rispettiva famiglia. Suo marito, il signor Stone, era di origini irlandesi, ma vivevano a Edimburgo. La sorella del reverendo, Vera, era una vecchia amica di mia zia e, quando occasionalmente giungeva qui, era doveroso incontrarsi. Aveva due figli, Viola e William, quest'ultimo chiamato spesso Liam. La prima era già maritata, suo figlio invece era un sottotenente dell'aviazione delle forze armate del Regno. Zia mi raccontò che al momento si trovava in congedo. Senza replicare accettai la proposta e, dopo essermi agghindata carina e casta con un abito colore panna, secondo le direttive di mia zia, mi fece un'unica raccomandazione: «Non farmi fare figure.»
Il perché l'avesse detto era normale quanto strano. Sì, davo spesso il mio parere senza ripudio, ma nelle occasioni tentavo di contenermi.
Uscimmo a piedi per recarci davanti alla chiesa e dopo i saluti cenammo nell'elegante e unico ristorante del paese: quello che si trovava sul molo. I grandi presero a conversare di ricordi di vecchia data, mentre io rimasi zitta ad ascoltare. Anche Liam era del mio stesso parere. Mangiò e ascoltò in silenzio, con un'unica differenza: mi lanciava occhiatine per osservarmi. Mandava segnali piacenti e sorrisini scontati. Alzai le sopracciglia per tollerarlo e fingermi interessata alla conversazione. Erano passati tre anni dall'ultima volta che c'eravamo visti. Fu al funerale di mio zio. In quell'occasione si presentò con la divisa, dandomi a malapena le condoglianze. Non perché fosse maleducato, ma era di poche parole. Mi chiedevo come fosse in grado di dare ordini con i suoi dialoghi stentati, e mi concentrati a osservarlo. Era un uomo di bell'aspetto. Aveva una chioma castana, pelle chiara, un fisico muscoloso e delle leggere lentiggini sul naso, che gli donavano. Quella sera si vestì in maniera informale, con il suo completo di color carta da zucchero.
«Isabel» mi richiamò il reverendo, distraendomi.
«Sì, mi dica.»
«Ho notato che hai una bella voce per il canto e sarebbe opportuno affidarti un assolo durante la celebrazione.»
«Io?» Ero sbalordita.
«Sì, tesoro. Così eviteresti di interloquire con la signorina Shaw» asserì acida la signora Morgan. Desideravo ardentemente controbatterla, ma venni fermata. Mia zia mi diede un piccolo calcio sullo stinco in segreto. Mi ammansii e accettai.
«Ma certo. Con piacere» sorrisi con falsa magnanimità. Mentre  prendevano con positività il mio commento, vidi entrare nel ristorante Lord Lloyd, Daniel e, con mia sorpresa, dei personaggi che avevo notato durante la festa. C'erano la bellissima ragazza bionda con i suoi genitori e un altro ragazzo, che immagini fosse suo fratello. Gli somigliava molto. Si accomodarono al tavolo. Daniel tenne per mano la ragazza e l'aiutò ad accomodarsi accanto a lui. In attesa dei menù, Lord Lloyd, si accorse del reverendo e di noi e, con un cenno di capo, ci salutò. Daniel imitò i gesti dello zio, ma quando scorse anche me si bloccò. Assunse un'espressione turbata, studiando la presenza di Liam accanto alla mia. Quindi non ero stata l'unica a dare un fallo alla serata. Lo avevamo fatto entrambi.
Con un'alzata di mano lo salutai. Lui ricambiò, ma qualcuno cercò di distogliere l'attenzione: la ragazza bionda. Indossava un abito colore blu notte, aveva i capelli raccolti sensibilmente e un trucco appariscente. Era impossibile non notare le sue labbra scarlatte. Al mio atto mi lanciò un’occhiata, come se volesse incenerirmi e con disprezzo distolse lo sguardo. Non era affatto un bel gesto. Non le avevo fatto nulla, non era accettabile un atteggiamento del genere. La tollerai in silenzio e diedi un'occhiata ai miei commensali. Loro si fiondarono a commentare. Cominciò la signora Morgan, con mia zia e sua cognata.
«Quelli insieme a Lord Lloyd e nipote, sono i Campbell: il signor Edward e la signora Edith. Sono famosi a Londra per il mercato economico dell'industria tessile. Si dice che vorrebbero prendere parte negli affari di Lloyd ed entrare nelle grazie della Corona. I Lloyd sono dei capitalisti legati da decenni con le figure reali.»
Ad appoggiare il dialogo intervenne Vera, indicando il figlio. «Sì, il mio Liam è molto informato sulla loro industria e del servizio che offrono al Paese. Le armi sono un bene primario per difenderci e durante la guerra del '14 hanno prodotto più di due milioni di armamenti per i militari.»
«Un bel numero» convenne zia Daisy.
«Sì, Daisy, ma adesso i numeri saliranno alle stelle. Si sa da anni che sono in stretta amicizia e si vocifera addirittura di un matrimonio. A Londra molti giornali ne parlano. Non c'è ancora una data, ma quando avverrà sarà di certo in pompa magna. Il denaro non gli manca. Guardate com'è bella quella giovane ragazza. Mi pare si chiami Helen» concluse civettuola Vera.
Ascoltai con attenzione ogni parola. Alla novità avvertii una fitta dolorosa allo stomaco. Quasi come se perdessi il respiro. Daniel, durante le  nostre chiacchierate, non mi aveva mai confessato il dettaglio e averlo scoperto da altri mi feriva. Non che potessi avere delle pretese, ma sapere di poter passare del tempo e provare delle sensazioni forti con l'uomo di qualcun'altra non era una cosa buona. Né per me, né per lui, ma soprattutto per la bocca degli altri. Avrebbero sparlato e  giudicata. Quella sì che era una guerra devastante, con un missile puntato sopra la testa.


LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora