Tra di noi scese un silenzio assordante, ma chiassoso. Smisi di piangere, asciugando il volto. Gli rubai occhiate e lui ricambiò. Perché? Perché mettersi così a disposizione?
«Come mai ti sei trovato in zona?»
«Stavo tornando a casa, quando ti ho vista.»
«E hai colto l'attimo.» commentai secca.
«Sì...» fece una pausa per poi riprendere. Sembrava in ansia. «Non dovevo?»
«Non lo so» ammisi. Mi girai a guardare attraverso il finestrino, quando Daniel attirò la mia attenzione.
«Sei stata molto coraggiosa questa sera. Non è da tutti mettersi in discussione davanti agli altri.»
Mi sorprese. «Non lo definirei coraggio decidere per la mia vita.»
«Sì, ma sei anche consapevole che può portarti a delle conseguenze per aver rifiutato. Ad ammetterlo di dominio pubblico.»
«Credo che tu sia più abituato di me con la gente e farti conoscere.»
«Ma non ho mai avuto il coraggio di fare quello che hai fatto. Rifiutare delle condizioni che non volevo e non aver il timore di giudizi.»
«Devi pensare solo a quello che vuoi, Daniel. Il giudizio è momentaneo. La tua vita non è degli altri.»
«Hai ragione. Mi hai dato una buona lezione» sorrise. Sembrava uno di quei sorrisi enigmatici.
«Sono felice che anch'io insegni qualcosa a te.»
«Tu mi stai insegnando tanto, Is» tolse lo sguardo dalla guida e me li dedicò. Mi svegliai prima che mi potessi incantare, aggiungendo del finto umorismo.
«Sei più grande di me, secondo la tua nozione sei il più sapiente.»
Rise amaro, ricordando. «Sai sempre come prevalere su un dialogo e sdrammatizzare, ma intendevo su come affrontare la vita. Sai, oggi mi hai ricordato una persona.»
«Chi?»
«Mia madre.» mi lanciò un'occhiata. Alla sua dichiarazione così intima il cuore prese il sopravvento, mentre le parole indietreggiarono. A stento farfugliai. «Tu... Tua madre?»
«Sì. Mia madre. Un tempo scelse ciò che amava, senza rimpianti.»
«Perché parli al passato?» Gli feci notare.
«Perché è morta.»
Provai tristezza. Ero consapevole che Daniel vivesse con suo zio, ma non mi ero mai posta la domanda di come ci fosse finito. Ipotizzai che avesse avuto più o meno la stessa mia analoga situazione per via di una separazione, ma non arrivai a pensare che qualcuno fosse morto.
«Mi dispiace.»
«Non preoccuparti. Lo sono da anni.»
«Lo sono?» Chinai la testa, incerta.
«Sì. I miei genitori non ci sono più» confermò, come se lo avessi dovuto sapere.
«Non ne ero a conoscenza» negai con la testa, desolata.
«Da quanto tempo?»
Daniel sbuffò. Assunse un'espressione afflitta. «Da diverso tempo.»
«Ti andrebbe di parlarmi di loro? Se non ti infastidisce.»
Annuì. «Non so da dove cominciare... Credo che tutti passiamo dei periodi bui. Prima che vivessi con mio zio, abitavo in una casa modesta nella periferia di Londra e avevo come unici parenti la famiglia di mio padre. Lui non era come quella di mia madre. Da ragazzo lavorò come giardiniere per la sua residenza. Quando si incontrarono la prima volta, mia madre aveva solo diciassette anni. Sai, a volte me la ricordi. I tuoi gesti, le espressioni, il tuo modo di chiamarmi e perfino un po' la somiglianza. Hai dei tratti somatici simili. Lei era l'unica a chiamarmi Dani» cercò i miei occhi per vedere come avrei interpretato la confessione. Rimasi colpita da quella affermazione. Sentire ciò che lui pensava di me mi lusingava. Abbassai la mia barriera della diffidenza nei suoi confronti, dando modo a Daniel di percepirlo.
Lui proseguì. «Si chiamavano Christopher e Lilith. Fu amore a prima vista. Quando mia madre seppe di essere incinta, venne cacciata dalla sua famiglia. Dopo quel trambusto andarono a vivere insieme, dopodiché si sposarono. Quindi ho vissuto la prima infanzia con i miei nonni paterni. Ogni tanto, di rado, faceva visita mio zio Charles, per avere nostre notizie. Quando compii tre anni, mio padre perse la vita. C'era la guerra e partì sul fronte in Belgio. Al rientro dal suo funerale, di lui ricevemmo solo alcuni effetti personali, tra cui le ultime lettere che scrisse a mia madre e le corrispettive che ricevette da lei. Insieme c'erano anche delle mie foto. Ovviamente mi è stato raccontato. Da tutto questo mia madre ne uscii devastata. Cadde in depressione. Costretta a lavorare per mantenermi, vivemmo dai miei nonni. La vedevo solo, quando era possibile, durante l'ora di pranzo e quando rientrava la sera, io già dormivo. Molte volte cercavo di trattenermi fino a tardi per starle accanto, anche solo per vederla o sentire la sua voce, ma mi addormentavo e perdevo l'occasione» sorrise con malinconia, in memoria di alcuni privati ricordi. Volse fugaci occhiate distraendosi dalla guida per notare il mio interesse.
«E poi? Cosa è successo?»
«Mio zio, in quel periodo fece una proposta a mia madre per aiutarla: quella di tornare dalla sua famiglia, con me. Fu più una sua iniziativa, che dei suoi genitori. I miei nonni materni non mi conoscevano, per loro scelta. Mia madre, nonostante fosse in difficoltà, rifiutò. Era una donna ostinata e sentiva il dovere di difendere la memoria di papà. Lei era molto in collera con loro, prima che mio padre lasciasse Londra.»
«Perché era arrabbiata?»
«Potevano evitargli l’arruolamento.» sintetizzò, con una sfumatura stizzita. Forse anche lui appoggiava la sua idea. Non compresi a cosa si riferisse, ma per discrezione mi astenni.
Intanto Daniel continuò.
«Quando compii sei anni si ammalò. Cominciò tutto da una tosse e con il passare del tempo peggiorò. Non andò più a lavorare perché era sempre stanca e debole, e in quell'occasione, che potevo averla per me, le restai vicino, fino alla fine. Mio nonno lavorò per procurarle il necessario e guarirla, ma nessun farmaco, rimedio o aiuto sanitario funzionò, così, dopo quasi un anno di sofferenze, mi lasciò» concluse con gli occhi puntati davanti a sé. Prima di guardarmi indurì la sua espressione, stringendo le mani attorno al volante. Mi immedesimai con dispiacere nella sua sofferenza privata, tanto da voler fare qualcosa per lui, ma rinunciai. Non era opportuno tra di noi.
«Non credevo affatto tutto questo» mi schiarii la voce.
«Neanche io lo avrei detto se non lo avessi provato. Purtroppo sono cose delle vita» finse un sorriso, facendo spallucce e sembrando disinvolto.
Mi interessai a sapere altro. «Come mai sei con tuo zio se tua madre non aveva acconsentito?»
«Dopo che mamma morì, mio zio venne a casa dei miei nonni e chiese di prendersi cura di me, in cambio di denaro. Loro non accettarono e un’udienza giudiziaria decretò che non erano adatti a crescermi per diverse circostanze. Così si videro costretti a salutarmi senza poter replicare. Conoscevano la famiglia di mia madre con la prospettiva che non ci saremmo rivisti per molto tempo. Quella fu la prima volta vidi mio nonno Gregory piangere, e scoprii che anche gli uomini più ostili possono mostrarsi deboli per l’affetto di un caro. Prima di salire nella vettura riuscirono a donarmi alcuni effetti personali dei miei genitori. È grazie a loro che ne sono in possesso.»
Annuii, consapevole di sapere cosa significasse non rivedere più qualcuno che ami. «Deduco, quindi, che non li hai più rivisti» chiesi timidamente, sperando di non mancare di tatto.
«No. Non mi era permesso. Sono cresciuto circondato da gente dovuta alle conoscenze di mio zio. Ho imparato ad ambientarmi.»
«Hai cambiato radicalmente vita.»
«Sì. Ho un avvenire abbiente e promettente, ma per tutti questi anni, dopo la morte di mia madre, ho promesso a me stesso di continuare a essere me stesso e cercare di diventare una persona migliore, dando una mano a chi ne avesse avuto bisogno. Come ne ebbe bisogno mia madre se avessimo avuto maggiori possibilità economiche. Voglio essere un medico, anche se la mia scelta non è mai stata gradita in famiglia.»
«Perché?»
«Mio zio non ritiene una necessità la mia volontà di terminare gli studi. L'università è solo un titolo da aggiungere alla mia formazione. Non prende la cosa con serietà. Per lui il mio destino è già scritto. Non lo ritiene degno della nostra famiglia, visto che da generazioni sono pionieri nel campo dell'imprenditorialità delle armi, abituati a comandare e a essere serviti. Io non mi sento di far parte di questo mondo. Essere a capo di un'impresa è soddisfacente, hai molti privilegi, è vero, ma non accetto le sue idee. Ho altre ambizioni. Più umane. Odio le armi. Odio la guerra. Hanno portato via mio padre, e sapere di prendere posto in qualcosa che ha condannato l'infelicità di mia madre, non so... Non ci riesco. Non sono mai stato come loro. In realtà non tollero l'industria che lega la mia parentela.»
«E lui sa il tuo parere?»
«Certo, ma crede che abbia solo troppa sensibilità inutile.»
«Io non credo che sia inutile se alla fine ti porta a provare del dolore per qualcuno che hai amato.»
Daniel sorrise con rammarico. «Il mondo degli affari non ha sentimenti, Is. È diverso. È privo di emozioni. Ci sono molti antecedenti che nessuno capirebbe. Si pensa al denaro e non alla dignità della propria anima. Perciò vieni sottovalutato e, a volte, deriso, solo perché provi delle emozioni che ti legano ad avere delle scelte che gli altri non condividono.»
«Io non credo che tu abbia sbagliato. Piuttosto penso che anche tu sia stato coraggioso nel proseguire con i tuoi obbiettivi. Devi essere felice. Se la scelta di diventare medico ti rende appagato, non ci vedo nulla di sbagliato.»
Daniel alle mie parole di conforto sembrò commosso. Non rispose presto.
«Grazie. È importante per me il tuo parere positivo. Mi rendi contento.»
«Sono con te se hai bisogno di un sostegno» pronunciai d'impulso. Forse avrei dovuto tacere.
«Lo so» confermò convinto. La sua risposta mi sbalordì tanto da turbarmi.
Cosa voleva intendere? Aveva forse notato la mia debolezza nei suoi confronti? Temevo aver dato un’impressione sbagliata o commesso un passo errato, quando Daniel ricominciò a parlare.
«Posso chiedere, invece, di te e della tua famiglia?»
Accantonando i miei dilemmi, esitai. Preferivo evitare l'argomento, ma lui si era esposto nel confidarsi con me. Alzai le sopracciglia per il disastro che aggravava sulle mie spalle.
«Non mi fa piacere, ma mi sembra equo.» sospirai, a disagio.
«Non devi se non vuoi.»
«No, figurati. Solo che non ne vado fiera. Tutto qui» mi strinsi nelle spalle. «Porto ancora addosso il peso dello sbaglio di mia madre. Lo avrai sentito in giro, la storia del pittore francese, Julian, e la sua infedele moglie.»
«Perché dovresti avvertirne il peso?»
«È scappata via con un altro uomo e io sono sua figlia. La gente fa collegamenti stupidi, come se fossimo tutti uguali» mi rabbuiai.
«L'ho sempre trovato ingiusto.»
«Lo credo anch'io, ma è così che vanno le cose, purtroppo. Hai un timbro già dalla nascita, che neanche sapevi d'avere.»
«E tuo padre, invece?»
«Papà non ha retto. Dopo l’allontanamento di mia madre ci siamo trasferiti a Parigi, ma ci siamo stati solo per qualche mese. Poi, non so per quale ragione, io sono tornata qui mentre lui è tornato in Francia. Ecco. Questo è quanto...»
«Capisco... Adesso mi sono chiare molte connessioni.»
«Chiamali casi.»
«Dei casi particolari se lo portarono a restare qui.»
«Da quello che so, papà venne qui in riconoscenza di mio zio per averlo salvato in guerra. Entrambi furono feriti e in seguito vennero congedati. Durante la riabilitazione papà ospitò zio Harry a casa sua e al suo ritorno in Inghilterra, mio zio volle ricambiare il favore, solo che papà non riuscì più a fare ritorno tanto presto. Rimase "incantato da mamma" o almeno, così diceva sempre quando mi parlava di lei. Con me non ha mai usato parole negative su Emily, nonostante potesse farlo. Non so. Per rabbia, per esempio» alzai le spalle.
A Daniel apparve strano il mio modo di chiamarla.
«Perché la chiami per nome?»
«Non ricordo più il suo viso. È un'estranea. Come dovrei chiamarla secondo te?» Mi espressi con durezza. Daniel assorbì il mio stato e cercò di ammorbidire la situazione. «Anch'io non ricordo molto bene il viso di mia madre. Molte volte ho odiato chiedere aiuto a delle foto» sorrise a bocca chiusa con amarezza. In fondo aveva ragione. Con gli anni la memoria vacilla e il ricordo nitido molto spesso svanisce.
«Forse sarà dovuto al trauma della perdita. Plausibile.»
Daniel, comprese e concordò. «Non l'ho mai vista in questo modo.»
«Rincuorati, non sei l’unico» dissi con sarcasmo.
«Grazie. Mi fai sentire meno in colpa» ridacchiò a stento alla mia battuta, per poi tornare serio e porre altre domande. «Quanti anni avevi quando lei è andata via?»
«Quattro.»
«Eri davvero piccola.»
«Non si è mai grandi per voler accanto la propria madre, ma io non ricerco più il bisogno di lei da molto. Anche prima di sparire non è mai stata molto presente e questo era uno dei tanti motivi dei loro litigi. Erano incompatibili e non so perché si siano sposati. So solo che fu un matrimonio veloce. Papà diceva sempre che l’amore lo aveva reso cieco e lo ha fatto compiere un passo affrettato, senza conoscere il resto. Prima di lui mia zia mi raccontò che mia madre era fidanzata con un uomo di Swanege, ma annullerò i preparativi delle nozze perché lui dovette spostarsi a Bristol per lavoro e fare carriera. Poi Emily conobbe papà, ma credo che lei lo abbia sposato solo per ripicca, mentre papà l'amava sul serio. So che i primi conflitti sono nati perché papà desiderava tornare in Francia, ma mia madre scartò l'idea. Gli promise che si sarebbe abituata al matrimonio che e poi sarebbero partiti. Poi rimase incinta. Mio padre volle ancora il trasferimento, ma lei attese che nascessi. Questo alla fine è ciò che è successo. Dopo un paio di anni mia madre ricominciò a sentirsi con il suo precedente fidanzato, con la morale che un giorno scelse di uscire dalle nostre vite, lasciando me e papà. Insomma una vera stronza» conclusi.
«Perché parli così di tua madre?» Daniel mi osservò, inarcando un sopracciglio per il dispregiativo affidato.
«Come la definiresti? È stata una persona orribile!»
«Sì, ma è pur sempre tua madre.»
«Una madre non abbandona sua figlia. I conflitti con papà non dovevano riguardare me» incupii il tono, senza rendermene conto.
«Sì, questo è vero, ma l’ha fatto anche tuo padre. Perché non sei delusa di lui?»
«Perché avrebbe dovuto restare qui se non ha mai avuto voglia di farlo? Io so che ha sofferto. L’ho visto diverse volte e, nonostante fosse amareggiato dalla vita, lui mi amava. So che lo ha fatto. Avevamo un rapporto speciale, ha fatto di tutto per non farmi avvertire il peso di quel vuoto. Cantavamo, giocavamo, ogni sera mi raccontava fiabe inventate e mi ha trasmesso la sua passione per l’arte. Sai, prima di incontrare mia madre, lui viveva per questo. Sognava di diventare un’artista affermato e avere una sua galleria» sospirai, nostalgica.
«Credi che tuo padre avesse già intenzione di rimanere lì?» Irruppe con dubbio Daniel, dissolvendo i ricordi nella mia mente.
«Non lo so, ma non giudico mio padre per le sue decisioni. Anche se difficili, so che ha un valido motivo, e se non fosse stato per Emily non ci saremmo mai separati. Ecco perché non ce l’ho con lui. Papà è stato solo una conseguenza. Lei la causa di tutto» terminai, con rabbia celata.
Daniel ascoltò con attenzione, guardandomi. Attese che mi calmassi e dopo un pesante silenzio si espose cauto, saltando alle conclusioni.
«Deduco che non hai intenzione di perdonarla.»
«Non si può perdonare qualcuno che è consapevole di ferirti. Quello di cui sono solo certa è che ho l'ardente desiderio di riabbracciare papà. So che credi che sia avventata per la mia scelta di andare a Parigi, ma ho davvero bisogno di lui in questo momento. Lo voglio accanto» confessai con voce debole, avvertendo un magone sul petto. Le lacrime tornarono a riempirmi gli occhi e con immediatezza abbandonai l’attenzione di Daniel. Grazie al buio dell’abitacolo, in segreto, mi asciugai le lacrime che caddero spontanee lungo le mie guance. Tentai di smetterla prima che se ne accorgesse, quando improvvisamente avvertii il calore della sua mano poggiarsi sulla mia. Meravigliata, alzai lo sguardo verso di lui, ma Daniel era concentrato sulla guida. Intuii la sua gentile comprensione tanto da sentirmi rincuorata. Lasciò che mi ricomponessi e, appena di accorse di aver ripreso il controllo del mio stato d’animo, chiese altro.
«Hai più sentito entrambi in questo tempo?»
«Per i primi mesi, ma non ho mai saputo il contenuto delle loro lettere. La corrispondenza l'avevano i miei zii e so che hanno chiuso completamente i rapporti per loro volontà.»
Daniel, stupito, si espose contrariato. «Quindi tu non sai più nulla perché lo volevano loro?»
«Sì. Ho provato a comprendere, con il tempo, il perché di questa drastica scelta, ma loro hanno sempre avuto delle negatività al riguardo, così ho lasciato correre senza interessarmi ulteriormente. In fondo sono stata felice. Possedevo già la mia famiglia. Con i miei zii avevo un padre e una madre e, con la famiglia Shaw, degli zii acquisiti.»
«Non immaginavo un intenso legame con loro fino a questo punto.»
«Rosalyn e Stephan sono come fratelli per me. Da bambini eravamo inseparabili.»
Daniel al nome di quest'ultimo si spinse a volerne sapere di più. «Com'è questo Stephan?»
«È un terremoto e un ottimo fratellone nei momenti peggiori» sorrisi malinconica. «È impossibile non notarlo. Ha la tua stessa età, ma ha una mentalità incline al gioco. Almeno era così. So che è un avvocato rinomato ed è sempre stato un tipo molto istintivo e intraprendente. Soprattutto quando c’era un ostacolo da superare. Lui aveva un motto: Vivi e salta. Può sembrare una semplice frase, ma le sue parole mi hanno sempre infuso coraggio e con lui non mi sentivo mai sbagliata. Ma a parte questo, non si smentiva mai nel prendermi in giro. Anche sul mio nome. Sai, fu lui ad affidarmi il diminutivo di Is, anche se all’inizio era strano.»
«Come mai?»
«In realtà mi chiamo Isabella, come mia nonna. La mamma di mio padre è di origini italiane, e quando i miei genitori lo decisero so che fu una vera battaglia. Papà mise il nome della nonna, ma a Emily non garbò e volle renderlo più inglese, ma quando c’era mia nonna il nome era rigorosamente in italiano. Ogni tanto mi davano anche la pronuncia francese.»
«E tutta la questione del nome non ti creava confusione?»
«Un po’, ecco perché Stephan ha semplificato ogni cosa e tutti lo hanno preso in considerazione. Trovava sempre soluzioni e se avevo bisogno del suo aiuto era sempre pronto a darmi una mano. Un giorno decisi di voler ascoltare in cosa consistessero i litigi tra i miei genitori. Si vociferava su di loro senza riserbo, fino a giungere a me, e avevo timore che le voci della loro separazione fossero concrete. Io vivevo già da i miei zii, quindi iniziavo a sapere sempre meno di loro. Stephan mi consigliò di nasconderci nell’armadio, all’insaputa dei miei genitori e, dopo alcuni minuti litigarono. Ricordo che cominciai a piangere per le urla, ma Stephan mi calmò con un forte abbraccio, e mettendomi le mani sulle orecchie. Le sentivo di meno» sollevai un angolo della bocca, assorta dal ricordo. «Poi però ci addormentammo facendo preoccupare molto i nostri genitori e, quando uscimmo allo scoperto, ci accusammo a vicenda di essere sonnambuli» ridacchiai. «È impossibile non voler bene a un tizio del genere, solo che è scomparso anche lui e tuttora non capisco il perché» rimasi perplessa.
Daniel ascoltò molto interessato. Lo vidi riflettere, forse stava unendo i pezzi di un puzzle invisibile nella sua testa.
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LOVE
RandomIn un villaggio sulle coste del Dorset, Isabel, un'irruente ragazza di origine francesi, ha ambizioni differenti a qualsiasi altra giovane donna della fine anni '30. Spaventata dal matrimonio e dagli obblighi che la società impone, ambisce l'ardita...