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Terminammo di parlare, rubandoci occhiate furtive. Il tempo trascorso insieme mi aveva rasserenata. Giungemmo davanti a casa mia. Nel vederla provai repulsione. Le luci erano ancora accese e dietro le finestre scorsi l'ombra di mia zia. Presi un respiro profondo, ma ero ancora molto agitata.
«Sei pronta?» Daniel mi invitò a scendere. Con un mezzo sorriso e con il capo negai e lui sorrise con me.
«Ti starò vicino se mi permetti di farlo» mi porse la mano, attendendo la mia. Senza riflettere, presa da un turbine d'emozioni, gliela strinsi. Il suo torpore distese i miei nervi.
Scendemmo dall'auto, Daniel sollevò di peso la mia bici dal portabagagli e tirò fuori la valigia. Mi aiutò a trasportare il tutto fino alla soglia di casa e, dopo aver suonato il campanello, attendemmo che lei aprisse. Non ci volle molto prima che mia zia si precipitasse. Aprì la porta rapida. I suoi occhi castani erano ancora arrossati, ma non accennò a nessun tipo di affetto. Dopo un aspetto sollevato, sopraggiunse la versione furiosa. Avevamo ancora dei conti in sospeso.
«Finalmente. Sei tornata. Mi hai fatto prendere un colpo. Adesso entra» parlò a raffica per poi terminare piatta. Priva di espressioni. Mi rivolse un'occhiataccia che riservò anche a Daniel. Inquadrò lui, l'auto e le mie cose. Nonostante mi avesse riportata da lei, c'era anche la beffa di esser giudicato male. Prima che lei potesse dire qualcosa, Daniel ci tenne a rassicurarla.
«L'ho trovata per strada e mi sembrava doveroso riportarla da lei, signora Wilson. Isabel non era in grado di guidare il suo mezzo» spiegò, in maniera molto formale indicando la sua auto. Lei non gli diede peso. Si guardò attorno per vedere se qualcuno ci stesse ascoltando. Come se fossimo dei ladri.
«Va bene, Daniel. Ti ringrazio per quello che hai fatto, ma ti pregherei una cortesia. Voglio che tu la rispetti d'ora in poi» fece una pesante pausa per gravare sulla situazione. Io intuii cosa volesse dire, mentre Daniel assunse un’espressione disorientata.
Zia Daisy concluse con aria cinica. «Vorrei che non frequentassi più Isabel.»
Le mie paure vennero a galla. Appena zia finì di imporre, lo guardai. Lui lo fece con me ed entrambi diventammo pallidi.  Avevo la necessità di stare con lui, di parlare con lui, di sentirmi dire le sue innumerevoli teorie, di assorbirmi le sue frasi filosofiche e combattere la sua cocciutaggine a suon di scherni e risate. Mi serviva lui. D'istinto mi avvicinai al suo braccio. Strinsi il tessuto della sua camicia. Daniel ancora sconcertato, tirò un lembo di stoffa del mio vestito. Stordito dalla richiesta, rispose a zia Daisy.
«Le assicuro, signora Wilson, che non ho fatto nulla a Isabel e mai mi permetterei di fare qualcosa contro la sua volontà e metterla in cattiva luce.»
«Isabel sa entrarci senza problemi in cattiva luce. È questo il punto. Ha bisogno di disintossicarsi dai suoi demoni. Ti solleverai e poi avrai di certo i tuoi impegni famigliari.»
Chiamare demoni le mie idee lo trovavo di cattivo gusto. Assunsi una faccia di disappunto, ma non potei ribattere. Ci trovavamo già allo scontro ad armi pari. Speravo di tenere delle riserve. Intanto Daniel, non avendo voce in capitolo, contrariato, obbedì. Zia, invece, confermato il concetto, si congedò con una fredda buonanotte.
Appena fummo da soli ci osservammo senza perdere un attimo di entrare l'uno nell'altro. Gli occhi di Daniel si ingrandirono sbarrati, quasi spaventati. Imprudente mi prese la mano e intrecciò le sue dita nelle mie. Le strinse forti, quasi come se volesse imprimersi sulla mia pelle. Con il richiamo di tosse di mia zia, decisi di forzare il distacco e, svolgendo un’azione che non mi sarei mai aspettata di compiere, mi avvicinai e lo abbracciai. Misi una mano dietro la sua schiena per tirarlo a me e, alzando di poco le punte dei piedi, gli sfiorai con le labbra la guancia. Un gesto semplice ma intenso, che fece vibrare le corde del cuore e scaturire la voglia inesorabile di farlo ancora.
«Grazie, Dani» gli sussurrai, sentendomi davvero grata. Daniel mise una mano dietro alle mie spalle e ricambiò il bacio. Chinò di più la testa per sfiorarmi l'angolo delle labbra. Nel farlo lo sentii respirare a pieni polmoni sulla mia pelle. Un incendio divampò nel mio corpo e un'attrazione inspiegabile mi impedii di stargli lontana. Bramavo di più, ma non potevo. Tornai presto con la mente sulla terra e di colpo mi separai. Senza voltarmi, con il cuore affranto, chiusi la porta alle mie spalle.

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