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Come promesso, in serata, Daniel era in attesa che giungessi. Appena mi scorse gli si illuminarono gli occhi. Era in compagnia di Rosalyn e Robert al caffè di David e, improvvisando una passeggiata in spiaggia, si unirono anche Jade e suo marito, lasciando l'attività al signor Price. Era una notte stellata e decidemmo di ammirare le stelle. In passato lo avevamo sempre fatto, raccontandoci delle storie davanti a un falò. Approfittando del buio e dello schiamazzo dei nostri amici, io e Daniel ci ritrovammo più isolati, stesi l'uno accanto all'altro. Assunse la modalità Osservatore dei cieli e mi piaceva ascoltarlo.
«La vedi quella?» Mi indicò un gruppo di stelle luminose. «Quella è Orione. Nell'insieme sembra una clessidra e la sua costellazione conta circa 130 stelle perfettamente visibili, senza difficoltà. Alcune più delle altre. Lo vedi quell'allineamento di tre stelle di quasi pari luminosità, poste al centro della figura?»
«Sì, le vedo» a stento le riconobbi.
«La più conosciuta è Sirio. È la più illuminata dal sole.»
«Capisco» guardai ancora il cielo, in cerca qualcosa, ma poi mi sorse un dubbio. Lui doveva saperlo, considerando che sapeva sempre tutto. «Quante costellazioni ci sono?» Smise di guardare il cielo per rivolgersi a me. Nel farlo, paragonai i suoi occhi a delle stelle luminose. Le più luminose. Erano grandi e neri come la notte e al riflesso della luna brillavano. Erano le mie stelle preferite. Lui intanto rispose.
«Circa ottantotto.»
«E le conosci tutte?»
«Gran parte» assunse un tono di voce saccente.
«Che sapientone!» Ridemmo. «Dove hai trovato il tempo per capirle?»
«Mi piacciono le cose complicate e poi ci sono i libri» spiegò con ovvietà.
«E per capirle nel cielo? Io vedo solo stelle. Riconosco poche figure che possono sembrare costellazioni.»
«Alcune sono più luminose di altre e poi devi solo collegare. È facile. Vedi?» Si espose più su di me, per indicarne una. «Iniziamo con una semplice. Quella. Quella è Cassiopea.»
«Ah? E da cosa lo vedi?»
«Cerca di seguirmi. Adesso te la disegno. Le vedi queste stelle che insieme formano una M rovesciata?» Mosse il dito a mo' di M laterale.
«Sì» cominciai incerta, per poi affermare le sue parole. « Sì, la vedo.»
«Bene, più su, invece» Daniel mise una mano sul mio polso e lo alzò in direzione. «Abbiamo Grande Carro e Piccolo Carro o chiamati anche Orsa Maggiore e Orsa Minore. Ovviamente si distinguono per le grandezze e la luminosità. Qui c'è la Stella Polare, quella che si segue per indicare il Nord. Eccola, è la più luccicante. Si trova sulla punta della coda.»
«Certo che ce ne sono così tante che le perdi di vista.»
«All'inizio è normale» si fece grande. Puntai i miei occhi su di lui, cercando di non  ridere.
«All'inizio è normale» imitai la sua voce. «Sembri il signor so tutto io.»
Daniel sembrò spaesato. Prima si accigliò, poi alzò un sopracciglio. «È così che la pensi?»
«Sì, ma mi piace. Almeno, se non so qualcosa, posso sempre affidarmi a te.»
Commisi un errore madornale. Mi ero esposta troppo. Infatti Daniel chiese spiegazioni.
«Sempre affidarti a me?»
«Intendo dire, fino a quando starai qui» cercai di riparare.
«O tu te ne andrai» puntualizzò.
«Sì. Infatti. Per conoscere meglio e orientarmi anche da lontano. La Stella Polare, giusto? Penserò a te quando osserverò il cielo e dirò: sto imparando, ma all'inizio è normale» lo imitai ancora. Lui, invece, perse il buon umore e si incupì. Non badò alla mia presa in giro.
«La Stella Polare è un punto di riferimento. E se ne trovassi qualcun altro? Il Nord potrebbe essere molto più vicino di quello che pensi.»
La sua affermazione sapeva di ambiguità. Lo ignorai, cercando di apparire indifferente. In realtà mi sentivo a disagio.
«Non credo. Hai appena detto che il Nord è un punto di riferimento. Come tale, prima di arrivarci, si trova lontano.»
«Non sono d'accordo con te.»
«Punti di vista» feci spallucce. Si creò un clima teso e imbarazzante. Lo spezzai tornando a concentrarmi sulle stelle, impegnandolo a illustrarmi.
«Allora, mi hai parlato di Cassiopea, Orione, Sirio... Ne sono ottantotto e non posso rimanere a dormire qui. Datti una mossa.» lo esortai a proseguire dandogli con una gomitata sul braccio. Dal mio modo di fare, Daniel, dopo un sospiro silenzioso, sorrise. «Stai sfruttando la mia intelligenza.»
«Devi ritenerti fortunato. Porteresti anche definirti un astronomo con me. Sei un so tutto io.»
«Nessuno me lo hai mai detto.»
«Forse perché nessuno ti stava ad ascoltare sul serio. Ti credono forse noioso.»
Daniel fece un sorriso sghembo per la provocazione. «Sicuramente poco attenti a conoscere. Per fortuna ci sei tu ad attutire.»  
«Mi assumo la responsabilità di sopportare e dare sfogo ai tuoi picchi di conoscenza» misi una mano davanti alla bocca e trattenere la risata.  «Scusa. Mi esce spontaneo. Non riesco a trattenermi.»
«Tranquilla. Sto apprezzando il tuo peggio.»
«Allora devo ritenermi fortunata se mi sei ancora amico.»
«Già. Però io ora continuo» decise di cambiare discorso. Mi indicò ancora le stelle, facendo disegni immaginari e nominando altre costellazioni. Alcune erano presenti. Altre le tenne presenti solo per farmele conoscere. Lo ascoltai e, oltre ad avere una favella interminabile, con paroloni grossi che per fortuna comprendevo, provai  piacere nel vedere che mi stava dedicando una lezione di astronomia privata. Sembrava felice. Sorrideva, non solo con le labbra, ma anche con gli occhi. Era sereno, mi piaceva vederlo così. Senza accorgercene ci accostammo di più. Stava ancora parlando quando improvvisamente si fermò. Involontariamente gli avevo toccato la mano e rimanemmo zitti entrambi. Il silenzio parlava per noi. Distolsi lo sguardo dal cielo per girarmi verso di lui, in attesa che lo facessi. Adoravo quando si concentrava su di me ancor prima che lo guardassi io.
Daniel, lieto e incurante delle conseguenze, si azzardò a sfidare la sorte, sfiorando delicatamente il mio volto con la mano. Le sue lunghe dita coprirono per gran parte la mia guancia e la sentivo bruciare. La sua pelle era calda e il  tocco magico e palpabile. Sentii brividi ovunque,  il cuore era in tumulto, come se volesse uscire dal petto, e i miei polmoni necessitavano di ossigeno. Molte cose stavano cambiando e lui era la fonte principale. Il mio respiro divenne irregolare e un desiderio irreparabile di ricambiarlo si fece sempre più pressante. Agendo d'istinto misi la mia mano sulla sua. Daniel, credendo di doverla togliere, la sollevò, ma gliela fermai subito. Intrecciai le mie dita fra le sue,  si sorprese, mostrando gioia. Avevamo entrambi sorpassato il limite della timidezza del tocco, per diventare naturale e nostro. Un atto che apparteneva a entrambi. Avvertii pace con lui accanto,  tanto da sentirmi sicura. Protetta.  Il cuore a un tratto spiccò il volo, battendo le ali in una maniera davvero energica. Cosa mi stava facendo quell'uomo sbucato dal nulla? Mi stava cambiando e io gli avevo dato il pieno consenso. Ero forse una stupida? Forse, ma molte volte provare sensazioni inspiegabili e nuove rende stupidi.


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