7. Aiuto

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I giorni successivi ho cercato di uscire dalla mia stanza un po' di più.
Volevo vedere Payt e chiedergli scusa.
Ma ogni volta che uscivo, lui non c'era.
O non voleva vedermi.
Oggi è la prima volta che esco di casa dopo una settimana. E devo andare dal dottore.
Mi metto dei jeans chiari, una canottiera con dei fiorellini, le AirForce bianche e lego i capelli con uno scrunchie in una coda disordinata. Abbellisco il tutto con degli orecchini, due bracciali, una collana e degli anelli oro. E naturalmente la mia borsa a baguette nera.
Come i gironi precedenti, di Payton non c'è traccia.
«Sei sicura di voler andare da sola?» mi chiede Riley.
«Si si, la testa non mi fa male e l'osso sacro va un po' meglio» rispondo, «Prendo però la tua macchina»
Esco di casa e monto in macchina. Prendo dei respiri profondi.
Aiuto.
A volte mi sento davvero male, inadatta e fuori luogo. Sento come se il mondo intero mi stesse giudicando, che fossero tutti pronti a puntarmi il dito addosso. Non mi sento mai abbastanza. E questa cosa me la fanno sempre pesare i miei genitori, che mi comprano sempre a Riley.
Vorrei solamente che la mia vita fosse solo un po' più semplice.
Asciugo velocemente una lacrima, che è sfuggita al mio controllo, non vorrei rovinasse il mascara.
Abbasso il freno a mano, allaccio la cintura, regolo gli specchietti, ingrano la marcia, sono pronta a partire quando qualcuno picchietta le dita contro il mio finestrino.
Payton.
Sento un tuffo al cuore.
Il suo sguardo è serio, gli occhi sono socchiusi mentre la bocca è serrata.
Abbasso il finestrino.
Non mi sta evitando?
Il suo sguardo è cambiato, non mi guarda piu come il primo giorno. Ora sembra...
Freddo?
«Dove credi di andare?» chiede, «Non è sicuro guidare per una che ha appena avuto una commozione»
Ma sempre protettivo.
«Devo andare in ospedale a farmi controllare»
«Non è comunque una scusa. Poteva accompagnarti tua sorella o qualsiasi altra persona»
Mi ha lanciato una frecciatina?
«Volevo andare da sola, ora se non ti dispiace devo andare. Sono in ritardo» dico, alzo il finestrino ma sono costretta a togliere il dito dal pulsante quando Payton mette la mano sul finestrino.
Non vorrei tranciargli via le dita.
«Ti accompagno io» constata poi.
Non se ne parla.
«No, vado da sola. Credo di averti già fatto disperare» ribatto.
«Se questo hai ragione ma se ti dovesse succedere qualcosa, di nuovo, mi sentirei responsabile» dice.
«Guido io o mi devo spostare?» chiedo mentre spengo la macchina.
Lui scoppia a ridere.
«Che ho detto di così tanto divertente?»
«Non andiamo con questo catorcio» dice.
«E con cosa allora? Volando? Oppure in elicottero?» chiedo ironica.
«Con quella» dice Payton spostandosi e indicando una macchina rossa.
«Con la mia Supra»
Scuoto ripetutamente la testa, «Non se ne parla»
Vorrei non aver mai fatto questo gesto, la mia testa inizia a girare e mi sembra di svenire.
«Stai bene?» dice Payton, ma la sua voce è
lontana. Prendo la testa tra le mani e cerco di tenere gli occhi aperti.
La faccia di Payton è allarmata ed è decisamente pallido.
Prendo la mia borsa e tento di scendere dalla macchina senza barcollare troppo.
Sembro ubriaca.
Payton afferra la mia vita quando sto per cadere.
«Ti prego portami in ospedale» riesco a dire prima di cadere tra le sue braccia.

tra milioni hai scelto me | Payton MoormeierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora