6. Gli ospedali mi mettono ansia

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Una lieve commozione celebrale.
Ma siamo seri?
«Cerca di riposarti questa settimana, stai a letto il più possibile e non fare molti sforzi» mi avvisa il dottore, «Mi raccomando Estella, la commozione celebrale non è una cosa da ridere»
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, «D'accordo, farò del mio meglio»
«Per quanto riguarda l'osso sacro, hai detto che fai fatica a camminare, vero?» chiede ancora il dottor Brown.
Annuisco.
«Niente di grave, penso sia solo la botta. Se in due settimane non si è ancora affievolito, vienici a trovare. Ti fisso un appuntamento per la settimana prossima per controllare la testa» continua lui.
«Perfetto» dico scendendo dal lettino, «Posso andare?»
Lui annuisce, ci salutiamo prima che io esca. E naturalmente una volta uscita non trovo mia sorella.
Uffa.
Sarà di sicuro andata a comprarsi un caffè. O a fare qualche stronzata.
E io devo aspettare ancora il suo arrivo.
Ma proprio nel momento in cui i miei occhi continuano a scattare da una parte all'altra, il mio sguardo incrocia uno familiare.
Payton.
Sta sorridendo nervoso mentre mi saluta con la mano.
Mi avvicino, «E tu che ci fai qua?» chiedo.
«Tua sorella è stata chiamata per una riunione con gli altri e ha mandato me a prenderti» spiega.
Non poteva andare peggio questa giornata.
«Sembri agitata, stai bene?» si assicura lui.
«Oltre il fatto che ho una commozione celebrale, l'osso sacro scheggiato e che dovrò stare nel letto per almeno una settimana si, sto bene. Aggiungiamo anche il fatto che in questo istante rimpiango tantissimo di essere venuta in questa città e che gli ospedali mi mettono ansia, ribadisco sto alla grande» finisco il mio monologo, «Ora andiamo che non ho nemmeno voglia di stare qui a chiacchierare con te, in questo istante vorrei solo spacciarti la faccia»

✨🧚🏻💫

I due giorni successivi passarono relativamente veloci, tra serie tv e film. Fortunatamente c'era Eliza che quando aveva un attimo di tempo, passava e stava del tempo con me.
Ma non mi aspettavo l'arrivo della persona che ho davanti.
Tralasciamo il fatto che io sia in pigiama, struccata e i capelli tutti arruffati, concentriamoci su lui, così bellino e con il suo sorriso perfetto.
«Kio» è più un sussurro, «Che ci fai qua?» cerco di alzare la voce.
«Venivo a vedere come sta la mia prima amica con una commozione celebrale» sorride avvicinandosi e chiudendo la porta, «Sai, non ne ho mai avuta una»
«Non so se ritenermi fortunata o sfortunata» cerco di essere simpatica.
«Io direi fortunata, ma sono punti di vista» scherza lui, «Se no, come stai?»
«Relativamente bene, l'unica cosa è che provo un nervoso bei confronti di Payton che vorrei spaccargli la faccia, cosa che farò appena il mio sedere smetterà di farmi urlare ogni volta che mi muovo»
Kio scoppia a ridere, seguito a ruota da me.
Bussano alla porta che dopo pochi secondi si apre. Questa volta è il diavolo.
Come si dice?
Parli del diavolo e spuntano le corna.
«Cos'è oggi? La giornata delle visite?» chiedo mentre Payton chiude la porta dietro sé.
«Ero passato a vedere come stessi, ma vedo che hai compagnia, torno dopo» constata prima di dirigersi alla porta.
«Tranquillo, stavo andando» dice Kio, prima di uscire mi lascia un bacio sulla guancia.
Ma vaffanculo Payton.
Ti odio.
«Non ho voglia di parlare con te» dico, «E non gradisco nemmeno la tua presenza. Puoi andartene?»
Almeno sono stata diplomatica.

tra milioni hai scelto me | Payton MoormeierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora