5. Allarme

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Pess stava lavorando nel suo orto, quando una fitta gli percorse l'avambraccio. Strinse i denti, muovendo di scatto l'arto. Alzò la manica che lo copriva fino al polso, malgrado facesse caldo, e realizzò di non avere alcuna ferita. Odiava il suo corpo, vedere come fosse invecchiato nel tempo, come la pelle non fosse più liscia e i muscoli forti. Per questo, si copriva anche in estate, per evitare che gli occhi gli cadessero sul suo corpo e ciò risvegliasse in lui antichi ricordi. Detestava pensare al passato e a ciò che aveva perso. Era consapevole che avrebbe dovuto farsene una ragione e accettare il cambiamento, ma non ci riusciva, nonostante gli anni passassero.

Si raddrizzò, mentre il dolore al braccio non sembrava intenzionato a diminuire. Non capiva a cosa fosse dovuto e provò a lenire il fastidio con la magia, senza alcun effetto.

Dopo alcuni minuti, il dolore parve alleviarsi da solo. Si rimise al lavoro, anche se non riusciva a concentrarsi. La sua mente continuava a cercare una spiegazione a quel fenomeno.

Sollevò la testa di scatto, illuminato da un'idea. Chiuse gli occhi e si concentrò sull'immagine di Noreen. Lasciò che i suoi poteri si allungassero, in cerca della ragazza. Passarono vari minuti, prima che potesse sentire qualcosa. Sobbalzò, quando avvertì in maniera distinta le emozioni negative di Noreen. Era in pericolo e stava soffrendo. Lo percepiva. Non poteva ignorarle e sperare che se la cavasse da sola. C'era qualcosa di profondo che non andava. Doveva intervenire, anche se aveva promesso a sé stesso che l'avrebbe aiutata solo se lei gli avesse chiesto aiuto in maniera esplicita.

Si alzò in piedi e riaprì gli occhi. Doveva andare da lei. Si incamminò verso l'abitazione a grandi passi e si affrettò a preparare una sacca con tutto ciò di cui aveva bisogno. Era pomeriggio inoltrato e sarebbe potuto partire di notte, con il favore delle tenebre. Prima però, doveva andare a Retnu un'ultima volta.


Si incamminò per i boschi che conosceva a memoria, mentre decine di ricordi lo sopraffacevano. Al limitare della foresta, usò la magia per cambiare il colore ai suoi occhi, rendendoli scuri. Dopodiché, si incamminò senza fretta per la via principale. Alcune donne si girarono a guardarlo, ma per lo più venne ignorato. Un uomo anziano come lui non era visto come una minaccia dalle persone.

Arrivò alla locanda con l'insegna raffigurante un cervo e spinse la porta per entrare. A quell'orario, il locale era pieno di gente che mangiava o andava lì per scambiare due chiacchiere.

Si sedette al bancone e aspettò di essere servito. Una giovane donna dai capelli castani gli si avvicinò sorridente. Aveva, però, gli occhi stanchi e le spalle un po' ricurve.

«Cosa vi porto?» domandò, cordiale.

Pess abbassò lo sguardo sul ripiano di legno. Sospirò, per rilassarsi, prima di rispondere. «Un sidro di mele».

La ragazza annuì e si allontanò per prepararlo. Pess la scrutò, nervoso. Non avrebbe dovuto compiere un gesto così avventato. Il timore che la donna lo riconoscesse era alto. Cercò di rilassarsi. Tanto sapeva che non sarebbe mai riuscito ad andarsene senza vederla un'ultima volta.

La donna gli poggiò davanti il bicchiere pieno e si rivolse a un altro cliente che si era appena seduto. L'uomo, già abbastanza ubriaco, iniziò a rivolgersi alla ragazza con tono sgarbato e Pess si affrettò a bere un sorso di sidro per distrarsi e impedirsi di intervenire.

La giovane si girò per preparare un boccale di birra per l'uomo, che si alzò sulle gambe traballanti e si sporse oltre il bancone per toccarla. Prima che la ragione gli ordinasse di fermarsi, Pess afferrò il braccio dell'uomo e glielo torse dietro alla schiena con forza. L'energumeno lanciò un urlo e provò a dimenarsi, senza successo. Lo lasciò andare e l'uomo ruzzolò a terra. Pess si risedette e continuò a bere il suo sidro, impassibile, mentre l'uomo ubriaco si lamentava.

Rialzò lo sguardo per trovare gli occhi castani della donna già su di lui. «Siete già venuto qui prima?».

Pess bevve un altro sorso, con calma. «No, sono di passaggio».

«Mi sembra di avervi già visto» ribatté, incrociando le braccia al petto.

Pess scrollò le spalle. «Con tutti i viaggiatori che passano di qua».

La ragazza lasciò cadere l'argomento, malgrado non apparisse convinta, e si spostò per pulire alcuni boccali sporchi.

Pess finì il sidro, bevendo a piccoli sorsi, per prolungare il tempo lì. Non ce la faceva ad alzarsi e uscire da quella locanda. Non riusciva a dare le spalle a quel bancone. A lei.

Quando non rimase più nulla nel bicchiere, cercò, senza fretta, le monete per pagare. Si stava comportando da ragazzino, ma non poteva farne a meno. Si continuava a chiedere se sarebbe mai tornato lì.

La donna si avvicinò di nuovo a lui per prendere i soldi. Pess le allungò le monete e per sbaglio le loro dita si sfiorarono. Ritrasse di scatto la mano, guardando con ostinazione tutto tranne il viso della ragazza.

«Avete un figlio o un nipote che vi assomiglia, per caso?» domandò lei, mettendo via i soldi.

Pess riuscì a trovare il coraggio per rispondere con voce sicura. «No, non sono neanche sposato». Incrociò lo sguardo della donna e realizzò che non stava credendo a nulla di ciò che le diceva. Non poteva averlo riconosciuto. Si era assicurato che ciò non avvenisse.

La ragazza annuì, poco convinta e afferrò il boccale dal quale aveva bevuto. Pess si alzò e si costrinse a girarsi e dirigersi verso la porta. Quello era, con molte probabilità, un addio. Non l'avrebbe più rivista. I rimorsi delle sue decisioni passate lo stavano uccidendo.

Uscì all'aperto e si caricò sopra la spalla la sacca con dentro tutti gli averi che aveva deciso di portarsi. Ormai l'oscurità iniziava ad avanzare e di lì a poco sarebbe potuto partire senza temere di essere scoperto.

Udì dei passi affrettati dietro di sé e si irrigidì. «Come vi chiamate?» domandò la donna della locanda.

Pess rimase fermo un paio di secondi, prima di girarsi per guardarla in faccia. La ragazza lo scrutava in attesa. Aveva le spalle tese e continuava a mordersi il labbro inferiore.

«Viltor» rispose, con il primo nome che gli venne in mente.

La giovane inarcò un sopracciglio, ma non ribatté. Pess si incamminò, malgrado ogni passo gli costasse una fatica immensa.

«Viltor!» lo richiamò la donna «Buon viaggio».

Pess la ringraziò con un cenno del capo, fissandola negli occhi per troppo tempo.

Un uomo alto e massiccio uscì dalla locanda e si voltò verso di loro. «Ervyne, cosa fai?!».

La donna si girò verso il padre e lo raggiunse in fretta. Prima di entrare, però, gli lanciò un'ultima lunga occhiata.

«Stavate importunando mia figlia?!» proruppe il locandiere, avanzando minaccioso verso di lui.

Pess rimase fermo. «No, me ne stavo andando».

L'uomo annuì, più calmo, e rientrò nel locale. Pess si allontanò in fretta e si rifugiò nella foresta, prima di compiere azioni avventate. Ce l'aveva fatta. Dopo anni, era riuscito a lasciarla andare. Era pieno di rimpianti, ma sarebbe riuscito a partire, dopo averla salutata per un'ultima volta. La sua preoccupazione ora andava tutta a Noreen.


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Ricordatevi di Ervyne ;)

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