V E N T I S E I

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Punto di vista di Myles Keller

All'arrivo nella cantina di casa mia trovo uno spettacolo inquietante. Madre non si è mossa dal suo posto a letto. Madre non si muove affatto.

Mi affretto accanto a lei mentre cerco freneticamente fra le varie fiale di vetro nelle mie tasche, una di loro rotola sul pavimento di cemento della stanza dal silenzio di tomba.

"Madre?" sussurro quando le voci iniziano ad esclamare nella mia mente. "Ho qualcosa che ti farà stare meglio". Mi munisco velocemente di una siringa prendendola dal kit medico dall'altra parte della stanza, e quando ritorno da lei le sollevo il tessuto che copre l'addome di mia Madre, rivelando in tal modo la pelle scura che circonda la sua ferita. "Forse ti farà un po' male, ma ti prometto che starai meglio".

Con mani tremanti rimuovo il tappo di una delle piccole fiale, risucchiando il liquido con la siringa fra le mie dita. Prendo un respiro profondo e poso l'ago sulla superficie della carne nuda del ventre di Madre, prima di applicare una delicata pressione per bucare i primi strati di pelle guarita male, ed iniettando un po' della soluzione medica. Ritiro quindi l'ago e ripeto il processo nell'area circostante fino a che non svuoto il contenuto della siringa.

Noto il debole sollevarsi ed abbassarsi del petto di Madre, facendomi sempre più preoccupato. Quindi le porto l'orecchio al petto e rilevo il debolissimo suono del suo cuore morente, che si ode a malapena.

"Lo so" mormoro quando penso fra me e me. "Ti serve solo un po' di aria fresca. Quando ero piccolo e non mi sentivo bene tu mi portavi sempre fuori, mi facevi sedere accanto al grande albero e mi sentivo sempre meglio" accarezzo la guancia sudata e pallida della donna sotto di me prima di alzarmi in piedi. Mi sistemo la siringa in tasta insieme ad un'altra fiala di medicina. "Andiamo, Madre".

Con un braccio la sostengo dalla curva della sua schiena, mentre con l'altro la sollevo dalle ginocchia. Alzo quindi la figura fragile dal materasso e mi volto per salire le scale. Il suo peso grava su di me quando percorro gli scalini due a due, ma persisto quando sento il sole baciare la nostra pelle. Apro quindi con attenzione la porta d'ingresso, stringendo gli occhi in reazione alla luce solare, ed avanzo nel percorso terroso attraverso la prateria che si estende davanti a casa mia.

Le braccia cominciano a dolermi sotto al peso di lei, e le voci si fanno più rumorose nell'avvicinarmi all'albero. Segue un momento di pace e di silenzio, interrotto dal suono assordante di una sirena.

"Andiamo, Madre" grugnisco, prendendo a correre lentamente attraverso il campo aperto, e guardando il corpo senza vita fra le mie braccia. "Manca pochissimo, non lasciarmi solo!" la mia implorazione sembra vana, inascoltata dalla bellezza accoccolata al mio petto. "Ti sentirai molto meglio quando arriveremo, te lo prometto!" mi si spezza la voce nel pronunciare le parole.

Non lascio che la vista di diversi imponenti veicoli neri lungo la strada mi distragga, quindi raggiungo il grande salice nel mezzo della prateria. La poso finalmente nell'erba e tra i fiori di campo, e vedo che i suoi occhi si aprono.

"Madre! Aspettami qui, chiederò a queste persone di aiutarti, te lo prometto!" mi viene da piangere all'assenza di reazioni da parte sua, i suoi occhi sono senza vita. "Te la caverai!"

Mi volto e corro verso i SUV che si stanno avvicinando, agitando le mani sopra la testa per attirare la loro attenzione. Devono sapere che Madre non sta bene, per questo sono qui per salvarla.

"Faccio io, ragazzo!" esclama l'uomo cattivo con una tale violenza da farmi cadere in ginocchio, stringendomi le mani sulle orecchie e massaggiandomi le tempie nel tentativo di farlo tacere. "Tu rilassati".

Aaron Hotchner è il primo a balzare giù dal proprio veicolo, approcciando il giovane uomo piegato su sé stesso.

"Myles Keller, FBI! Mani in alto!" ordina puntando la pistola all'uomo mentre i suoi colleghi agenti lo raggiungono. È presente l'intero team ad eccezione dell'Agente Derek Morgan, ancora in ospedale.

Myles emette una risata oscura dalla posizione rannicchiata nell'erba secca della prateria, con la mano stringe la siringa che porta nella tasca del cappotto.

Si alza in piedi senza dire un'altra parola, e brandisce la siringa, pronto a colpire l'agente più vicino, il Dottor Reid. La pistola dell'Agente Rossi emette un forte colpo, ed il sangue sporca immediatamente la camicia del giovane uomo quando questi collassa a terra. Jennifer Jareau si avvicina, allontanando l'oggetto di metallo dalla mano dell'S.I., e gli altri membri la raggiungono per sentire le ultime parole di lui.

"Siamo finalmente liberi" sussurra, poi la sua bocca s'irrigidisce e sputa del sangue sulla barba. "Andate a prendere la vostra piccola ballerina. È morta".

Myles alza gli occhi al cielo ma le sue palpebre restano aperte, mentre la terra attorno a lui si colora cremisi. Rossi gli controlla il battito cardiaco confermando che è morto, poi segue il Dottor Reid che sta già correndo verso l'albero da cui hanno visto allontanarsi Keller.

Spencer è il primo a raggiungere il corpo immobile di Adaline Watson. Mentre si abbandona in ginocchio accanto alla donna, ode vagamente l'Agente Hotchner chiamare con forza un'ambulanza tramite il proprio walkie talkie. Viene raggiunto in fretta dall'Agente Jareau, la quale viene spaventata dell'espressione serena sul volto di Adaline. Quest'ultima ha gli occhi aperti e la bocca rilassata come se si fosse coricata per rilassarsi guardando le nuvole passare.

"Non respira" mormora Spencer unendo le proprie mani ed iniziando la manovra di compressione del torace della donna inerte. "Accidenti, non respira!"

Il corpo di Adaline viene scosso dalla pressione effettuata dall'Agente, ma gli occhi di lei non si muovono. I restanti membri del team raggiungono la vittima, i rami del salice danzano con fare giocoso attorno al gruppo di agenti.

Negli occhi di Jennifer si formano delle lacrime quando la donna si volta, non riesce a sopportare la vista dell'amico che si fa sempre più frustrato nel tentativo di riportare in vita un morto. L'agente si abbandona quindi contro il tronco dell'albero, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi la testa fra le mani quando una lacrima solitaria le percorre il mento e cade nella terra secca fra gli stivali di lei.

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