Capitolo 24

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Bill osservò l'ora sull' orologio Casio appartenuto a suo padre e che, per quella sera, aveva deciso d'indossare, almeno per fare una bella figura, senza passare per un rozzo macellaio di un quartiere di Detroit. Si lisciò la camicia bianca che aveva preso dal suo armadio e che, avendola vista sgualcita per via di quanto tempo era passato dall'ultima volta che l'aveva indossata, aveva lavato e poi stirato meglio che poteva avendo la giornata libera. Non era abituato a vestirsi a modo oppure ad andare ad appuntamenti o cazzate simili, non ne aveva il tempo. Tra il lavoro e lo stile solitario che aveva non usciva molto, e se lo faceva era per cercare le sue prede, oppure andare a bere in qualche pub della zona dove stava da solo per qualche ora a fissare una partita di basket che trasmettavano sulla tv.

I fari di un'auto che accostava davanti alla macelleria gli illuminarono i jeans neri che stava indossando in quel momento, cercando di essere in tinta con la camicia. - In perfetto orario. – Pensò, quasi stupito di vederla arrivare in maniera perfetta lì. Il finestrino del passeggero si abbassò mostrando la figura di Jennifer al posto di guida. "Sei qui da molto?" Domandò la donna con un largo sorriso sul volto. Metteva in mostra il lucidalabbra e faceva notare anche a Bill il trucco che le risaltava la pelle chiara e gli occhi azzurri.

"Nah, sono appena arrivato anche io." Rispose lui ricambiando il sorriso e riprendendosi da quella visione, mentre lei spegneva la macchina. "Ti sei persa di nuovo per caso?" Le chiese lui ironico, sentendola sghignazzare mentre apriva la portiera per quell'ennesima punzecchiatura che ormai stava iniziando ad apprezzare.

"Sono partita venti minuti prima di quanto avevo pensato di fare per essere sicura di essere precisa." Ammise con un rossore d'imbarazzo sulle guance mentre si affacciava sul marciapiede, lasciando, a causa del suo abbigliamento, Bill di sasso. Jennifer indossava un corto vestito nero che metteva in mostra le sue gambe stranamente pallide e, con la scollatura sul davanti, anche le curve generose.

" Vogliamo andare?" Domandò con un nuovo splendido sorriso la donna che, a modo suo, sapeva di aver preso all'amo quel tipo.


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Il locale era proprio come se lo ricordavano entrambi. I soliti tavolini disposti per la piccola sala intima, i posaceneri messi a disposizione per quel piccolo angolo fumatori sulla destra della stanza e la solita cucina che sembrava più di una casa accogliente che di un ristorante all'estremità a sud della città. Lo avevano scoperto casualmente molti anni fa in una delle loro prime uscite e, da dopo quella volta, avevano iniziato a usare quel posto per festeggiare date di anniversari oppure momenti importanti e, anche per quella sera, la posta in gioco era alta per uno dei due.

Raider fissava Lucy davanti a sé con ansia. Perché l'aveva invitata? Perché aveva deciso di fare quella cazzata? Questo si chiedeva mentre sperava che qualche pazzo omicida entrasse lì dentro per fare mattanza e ficcargli magari un proiettile in testa ponendo così fine alla sua esistenza. La porta del ristorante si aprì come per realizzare il sogno sanguinario del detective. Lo sguardo di Raider si concentrò sulla coppietta appena arrivata: due tizi biondi, uno era alto piuttosto massiccio e con addosso una camicia bianca che, a una prima occhiata, sembrava aver visto giorni migliori, mentre la donna indossava un corto tubino nero e sembrava divertirsi accanto all'altro.

"Mi spieghi perché siamo qui io e te?" Domandò Lucy, interrompendo sia i pensieri dell'uomo verso quei due e il silenzio che le stava pesando più di quanto credesse l'uomo davanti a sé e che avrebbe strangolato per quel dannato invito.

"Volevo cercare di appianare le cose dopo quello che è successo l'altro giorno." Cercò di spiegare il detective quasi con imbarazzo e stropicciando il tovagliolo vicino al piatto mezzo vuoto.

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