Capitolo 5

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"Te lo sto chiedendo per favore, Edward." disse con tono supplichevole la ragazza dai lunghi capelli rossi e le lentiggini sparse per il viso che s'era messa a sedere sul suo letto del dormitorio, muovendo di tanto in tanto le gambe pallide con fare nervoso.

"Ti ho già detto di no, sarebbe come barare. Non mi va di aiutarti in una simile truffa." mormorò l'altro scuotendo ancora la testa e senza alzarla da sopra i fogli che stava leggendo per quell'esame sempre più vicino.

"Sei proprio un bastardo, lo sai?!" sbottò lei invelenita, sbuffando e mettendo la sua piccola figura accanto all'armadio come ripicca.

"Melany, se ti aiuto con questo esame poi come farai col prossimo? E quello dopo ancora?"  Le chiese girandosi a fissarla con un'espressione severa sul viso che gli dava più l'aspetto di un professore che di quello di uno studente al suo terzo anno.

"Uff" mormorò lei incrociando le braccia al piccolo  petto. "Odio quando hai ragione" brontolò ributtandosi sul suo letto.

Edward sorrise divertito. Aveva conosciuto Melany ai corsi preparatori e, da quel momento, quell'isterica non aveva più voluto lasciarlo stare. Andava e veniva da camera sua di continuo e lo seguiva in qualunque corso anche in quelli in cui non sarebbe dovuta essere.

"Ancora mi devi dire com'è andata l'altra sera con quel tuo appuntamento" disse all'improvviso lei con un tono che sembrava trasparire gelosia.

"È andata bene." rispose semplicemente Edward girando la pagina del libro di diritto penale che aveva davanti e che era arrivato ormai a più di metà. – Ha preso fuoco fin da subito. – pensò senza dirlo. Nonostante fossero amici, non andava di certo a vantarsi con lei di quello che faceva per portare equità in quel mondo marcio che era la legge. Tanti erano coloro che andavano per il loro comportamento e quel pensiero gli fece tornare alla mente che aveva ancora un conto da saldare per quei giorni.

"Almeno una di queste volte potresti farmela conoscere, però." borbottò con un tono che era passato dalla gelosia alla tristezza. Odiava riuscire a capire la natura umana e soprattutto le emozioni come quelle con tanta facilità. Era snervante e poi sapeva bene che si sarebbe sentito in colpa.

"Vedrò di organizzare qualcosa. Ma tu, a proposito, non dovresti stare un po' nella tua di stanza a studiare?" le domandò, sperando che cambiare argomento la facesse desistere dal chiedere altro.

"La mia compagna di stanza è col suo ragazzo e volevano privacy." rispose marcando con enfasi la parola "privacy".
"Piuttosto, sbaglio oppure la tua collezione di tazze è aumentata?" gli chiese, notando solo in quel momento una tazzina di porcellana con alcuni motivi floreali violacei messa accanto ad altre due tazze completamente diverse da quella e raffiguranti la prima quello che sembrava una torre di Pisa e l'altra invece il personaggio di qualche cartone per bambini.


" Si, l'ho comprata ieri sera." Mormorò lui brevemente ripensando al momento in cui l'aveva presa e ricordando l'eccitazione e la soddisfazione nell'uccidere quel bugiardo. Quando aveva preso la prima non sapeva perché l'avesse fatto. Si era fatto un caffè e poi, dopo averla presa, aveva deciso di tenersela come guidato da qualcosa e, quando le rivedeva e ricordava quello che aveva fatto si sentiva sereno.

"Prima o poi mi dovrai spiegare come mai ti è presa 'sta fissa di prendere tazzine in porcellana. In meno d'un mese ne hai comprate ben tre. Ma chi te li dà questi soldi?" dichiarò la ragazza, realmente incuriosita da quella strana mania che era presa al suo amico.

" Se ti sei dimenticata che io lavoro a differenza tua." Replicò lui ridacchiando.
" Consegni pizze a domicilio e ti devi pagare anche l'università! Sono comunque spese anche quelle." Rispose la ragazza indicando di nuovo la tazzina.

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