34º Capitolo

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Il giorno dopo, all'alba, sentii un tonfo provenire dal corridoio. Era ancora buio, ma ero abbastanza certo di chi si trattasse.

"Ti facevo più sveglia, Sherry. Dove vuoi arrivare in quello stato?" sorrisi vedendola a terra nel bel mezzo di un tentativo di fuga "Lo sai bene poi: a Vermouth non piacciono gli ospiti maleducati." mi avvicinai a passo lento.

Una volta piegatomi sulle ginocchia al suo fianco mi resi conto dell'ora e abbassai la voce di conseguenza.

"Dove vuoi andare senza di me?"

Alla domanda, la rossa strinse i pugni e cercò, nel limite del possibile, di rialzarsi in piedi. Tremava,  e la fascia alla testa la scomodava. Avanzai ancora, con più cautela per non spaventarla, e le offrii il mio aiuto. Erano le 4 del mattino circa.
Osservò con attenzione il mio gesto e non appena avvicinai la mano per cercare di aiutarla ad alzarsi da terra, la scansò con disdegno.

"Non mi serve il tuo aiuto" sputò acida e pensai soltanto a quanto quel suo carattere difficile fosse attraente.

La vidi alzarsi da sola con una certa difficoltà.

I capelli rossi scompigliati e la camicetta stropicciata le davano un'aria equivoca e sensuale. Non era un segreto, era fisicamente affascinante e il suo carattere difficile non faceva altro che eccitarmi di più.

"Portami via da qui." ordinò secca "Non voglio essere affiliata a dei criminali come voi, non più."

Sorrisi un po' per ciò che aveva appena detto. Era davvero tenero il fatto che pensasse di potermi dare degli ordini.

Ignorai le sue richieste e riaccorciai la distanza tra noi. Lei, stavolta, non sembrava intimidita, anzi. Risoluta come non mai mi ordinò di non toccarla.

"Hai già rovinato il mio appuntamento con una delle persone a cui tengo di più. Non ti basta?" disse ormai urlando "Cosa diavolo vuoi da me?"

Mi fermai. Non avanzai più. Quella domanda mi fece riflettere per un istante.

Cosa volevo da lei? Il mio orgoglio mi impediva di essere davvero onesto con me stesso oppure stavo perdendo la ragione e non lo volevo ammettere?

Ucciderla? A volte, sì. A volte volevo togliermi la briga di dovermi preoccupare per il mio ruolo all'interno dell'organizzazione una volta per tutte. Ma toglierla di mezzo non era più un'opzione.

Il suo sguardo inquisitorio era poggiato su di me. Attendeva paziente una risposta, con occhi iracondi e confusi.

Cosa volevo da lei? La volevo vicino. Non mi spiego il perché. Probabilmente la trovavo più affascinante persino di Vermouth. Osservai con più attenzione le fattezze della ragazza. Mi ricorda tremendamente una persona che, anni fa, fu molto speciale per me: Hell's Angel.

Sebbene all'inizio ero convinto di portare a termine il mio piano di ucciderla fino in fondo, adesso il ricordo della dottoressa Miyano, Elena, stava riportando a galla un dovere che avevo sepolto nelle profondità della mia mente.

"Rei-kun, possibile che tu non possa tenerti fuori dai guai neanche per pochi secondi?"

La sua dolce voce mi riprese con amarezza.

Mi fece avvicinare e si piegò sulle ginocchia per guardarmi negli occhi. I suoi erano di un profondo blu scuro, irreali.

"Ha iniziato quel bastar-"

"Rei-kun!" mi ammonì, prendendo una garza e del disinfettante, iniziando poi a prestare attenzione alle mie lievi ferite.

"Dovevi vedere com'era conciato lui" sogghignai ricordando l'epico destro che gli arrivò stendendolo dopo una lunga serie di botta e risposta.

Gli occhi della donna però erano concentrati sulla medicazione che mi stava impartendo.

Le mie mani si strinsero in due piccoli pugni, ero irritato. Non avevo bisogno di un altro genitore. Nell'orfanotrofio in cui mi trovavo dovevo solo aspettare la maggiore età per andarmene. Quella dottoressa del dipartimento-volontariato non mi avrebbe rovinato i piani. All'epoca almeno, la vedevo così.

"Basta, lasciami!" mi liberai dalle mani della donna "non sei la mia mamma, non toccarmi!"

Vidi i suoi occhi aprirsi dalla sorpresa ma si ricompose subito.

"È vero, non sono la tua mamma Rei-kun" sospirò e mi riprese il viso per terminare di disinfettare gli ultimi graffi "però mi preoccupo per te perché sei ancora un marmocchio nonostante tu ti senta già grande."

Si alzò, accarezzandomi le ferite e addolcendo lo sguardo. Mi osservava mentre non buttavo via neanche una lacrima per le ferite che mi ero guadagnato.

"Non sopporto chi si prende gioco delle vite altrui."

Ero sicuro di aver agito nel giusto quando ho colpito quel ragazzino mentre tormentava un cucciolo di gatto randagio. Il suo miagolio stava disperatamente chiamando aiuto invano. Se non fossi intervenuto, quel bastardo avrebbe continuato fino a fargli male sul serio.

"Non mi importa cosa potrebbero pensare gli altri o quanto possano sembrare cattive le mie azioni. Quel gattino stava soffrendo e io l'ho aiutato! Auch..."

Il bruciore di una ferita poco più estesa cominciò a farsi sentire quando la dottoressa passò il cotone anche lì. Pensai lo stesse facendo di proposito, come per punirmi. Però la intravidi sorridere.

"Vorrei tanto che qualcuno come te, un giorno, possa proteggere mia figlia."

"Diamine" sbuffai sottovoce tra me e me.

Mi sistemai un poco i capelli con fare scocciato.

Questa ragazza le assomiglia davvero tanto e sarebbe troppo inverosimile una semplice coincidenza nel cognome. La curiosità mi stava uccidendo.

Elena Miyano, lei è tua figlia, non è vero?

"Sarò io a proteggerla, e proteggerò anche te. Stai tranquilla, non lascerò che vi capiti niente!" dissi pieno di me, gonfiando il petto come un imbecille.

Ero solo uno stupido ragazzino che con gli anni, dopo che la donna se ne andò senza dire nulla dall'orfanotrofio, si dimenticò di quella promessa.

Feci quello che feci e fui reclutato all'interno di questa spietata organizzazione. Eppure ho sempre avuto i tuoi occhi su di me, Elena.

"Sentivo il suo sguardo su di me, Sherry."

Lei pendeva dalle mie labbra, voleva una risposta alla sua domanda ma, quando le diedi questa risposta, rimase ancora più sconcertata di quanto già fosse.

"Cosa? Si può sapere di che diavolo parli?"

La sua voce si sentì più amara e triste. I suoi capelli rossi coprirono di più il suo viso, nascondendo gli occhi azzurri lentamente. Volevo farle vedere una cosa prima di confessarle tutto.

La presi per mano, aprii la porta finestra e accedemmo al gigantesco terrazzo di cui godeva la mansione di Vermouth. Ed eccoci fuori. Il sole stava nascendo in quel momento donando un colore rosato e aranciato al cielo. A quel punto mi girai verso Shiho e il colore dei suoi capelli me la riportò subito alla memoria.

"Elena. Miyano Elena, è tua madre, vero?"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 12, 2023 ⏰

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