Capitolo undici

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"Solo gli amori irrealizzati sono eterni."


Inferno.
Non riesco a capire perché molte persone si sentano attratte da quel posto. Come si fa ad apprezzare un posto pieno di sofferenza e dolore? Mi ricordo di averlo chiesto una volta a mio padre quand'ero piccola, lui mi guardò e sorridendo disse "Perché non sanno che succede laggiù!".

Ecco infatti, che ne sappiamo noi? Io resto dell'idea che bastano e avanzano tutte le sofferenze sulla terra, anche perché io non sono proprio la persona più forte della terra!

Anzi, la mia soglia di sopportazione del dolore è misera!

Oggi sento quasi che il cuore faccia fatica a restare attivo per quanto è triste!

Non riuscivo ad alzarmi nemmeno dal letto, poi ho costretto il mio corpo ad uscire da quel calore e affrontare la realtà. Ora eccomi qui, per la strada ad aspettare che il semaforo diventi verde per attraversare la strada, alcune persone passano comunque, ma dico, servirà a qualcosa quell'arnese colorato no?

Perché rischiare? Vorrei un semaforo anche nella vita, qualcuno che mi dicesse di stare ferma, che mi dicesse "non fare quella cosa, non fidarti di quella persona, non legarti a quell'altra", qualcuno che mi dicesse semplicemente "E' rosso!" e io capirei, di cambiare strada, o di aspettare! E invece no, se avessi avuto il semaforo vitale ora non sarei qui, dopo tre giorni di chiusura forzata in casa, a piangermi addosso per un ragazzo.

Verde.

Mi avvio per raggiungere il bar dall'altra parte della strada, Will è lì, mi aspetta da qualche minuto e direi che si merita anche qualche spiegazione in più di quelle che gli ho rifilato in questi giorni.

Spingo la porta e il familiare suono dei campanellini,appesi al soffitto,mi da il benvenuto in quel posto pieno di studenti e lavoratori. Mi avvicino al bancone e ordino la mia solita spremuta d'arancia, mi fermo ad osservare tutte le bottiglie poggiate sulle mensole dietro il bancone, le fisso ogni volta come se fosse la prima e le conto... si, ho qualche problema psichico, me ne rendo conto da sola! Ma quando sono nervosa contare gli oggetti mi rilassa e mi calmo piano piano.

"La spremuta?" chiede il signore dietro il bancone.

"Da questa parte!" dico sorridendo. Lui ricambia il sorriso e mi poggia il bicchiere stracolmo di liquido rossastro davanti, per poi tornare a servire altri clienti con il solito ottimismo.

Afferro il bicchiere e cercando di non far cadere niente, mi guardo intorno fino a scorgere Will in un tavolino, mi faccio spazio tra la gente e poi mi siedo davanti a lui.

"Ma cos'è tutta questa gente questa mattina?" dico sbuffando.

Lui distoglie gli occhi dal suo giornale sportivo e mi guarda di sottecchi, prima di chiudere e ripiegare quell'ammasso di carte e sorridermi.

"Chi non muore si rivede!" dice sarcastico e io sorseggiando un po' di succo alzo le sopracciglia.

Lui si alza per prendere il suo cappuccino con cornetto annesso, ovviamente, e poi torno a sedersi, so che muore dalla voglia di chiedere, gli si legge in faccia, fa sempre strane smorfie con le labbra quando vuole parlare ma ha paura di farlo.

"Avanti, chiedi!" dico poggiando i gomiti sul tavolo e unendo le mie mani per poggiarci sopra il mento e continuare a guardarlo.

Lui mi guarda attento, poi sorprendendomi si alza, accosta la sedia al tavolo e mi porge la mano.

Lo guardo stupita, sfrego le mani sui jeans e decido di alzarmi.

"Andiamo a fare due passi su!" dice sistemandosi la tracolla sulla spalla.

The Maid | Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora