Capitolo 14

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Clyde's pov

Con mio dispiacere noto che le cose sono sempre le stesse, nonostante siano passati già quattro anni fa quando ho finito la scuola. C'è il weekend, soli due giorni, e neanche hai il tempo di respirare che è lunedì, mentre per arrivare a venerdì sembra quasi impossibile. Mi chiedo come cazzo funzioni. Sono tornato da tre settimane e già vorrei cavarmi un occhio.
«La macchina è qui.» Mi dice William, facendo anche un segno con la mano. Almeno il lunedì è iniziato bene: ci hanno assegnato un compito di gruppo, ed io e Liam lo faremo insieme, per cui stiamo andando a casa sua. Paris dovrebbe essere qui da un momento all'altro.

Non l'ho vista per tutto il weekend, lei è stata sempre con Bethany, che però oggi non è venuta a scuola, mentre io ho passato del tempo con zio Ross e zia Abbie. Dopo essermi ingozzato di lasagna a più non posso, siamo finiti tutti e tre a vederci la televisione, e non si sa come ci siamo svegliati lì ieri mattina. Inutile dire che mia zia era al settimo cielo, perché ha avuto una scusa per passare più tempo con me. Non mi sono di certo lamentato, anche perché mi fa piacere passare del tempo con loro.

«Ciao.» Paris è appoggiata allo sportello della macchina e sorride. Oggi non le ho parlato tanto, perché nessuno dei due aveva molto tempo. Però adesso ho un intero pomeriggio, ovviamente dopo aver finito il progetto con Liam. Noto che non parla con suo fratello, ma solo con me. Deve essere ancora arrabbiata con lui. «Come è andata la giornata, Blake?»

«Adesso alla grande.» Le faccio un occhiolino, a cui ride. Liam alza gli occhi al cielo, ma trattiene un sorriso. Oggi ci siamo seduti vicino, quindi abbiamo parlato abbastanza. Non ho nominato né Bethany né Dylan -Paris mi ha raccontato tutta la storia, ieri a telefono-, e neanche lui l'ha fatto. Però non lo vedo triste, o forse è solo apparenza. Sono quasi sicuro che Paris non c'entri niente con l'impero di droghe del padre, ma non ho la stessa certezza su William. Dovrei passare ancora più tempo con lui, e questa sembra una buona scusa.

In macchina Paris insiste per farmi mettere davanti, così lei sta dietro. Io e Liam parliamo tutto il tragitto di football, o almeno, finché non ci fermiamo davanti ad una scuola piena di bambini. Uno entra nella nostra macchina: il loro fratellino. Adrian, mi pare si chiami.
Nessuno dice niente, finché il bambino non si accorge della mia presenza. «È lui il ladro di sorelle, Liam?»

Paris borbotta qualcosa e appoggia la testa sul sediolino, chiudendo gli occhi, mentre William ride. Io cerco di essere socievole e simpatico, per cui gli porgo la mano. «Ciao, io sono Blake.» Lui guarda la mia mano, quasi schifato, inarca un sopracciglio e mi fissa. No, direi che faccio proprio schifo a socializzare con i bambini. Paris gli dà una gomitata nelle costole e si scusa da parte sua. Le sorrido, per dirle che non fa niente. Anche io, forse, se avessi avuto una sorella sarei stato protettivo nei suoi confronti. Figuriamoci quando questo piccoletto scoprirà che ho usato sua sorella... mio Dio, mi ritroverò tutti i Collins pronti ad ammazzarmi.

«Comunque sì, ometto, è lui.» William a quanto pare si diverte così, perché non ignora la frecciatina che mi ha mandato il suo fratellino e mi sta condannando a morte. Mi giro a guardare Paris, che ha gli occhi spalancati e le guance arrossate. Non è normale che voglio baciarla anche qui, così, davanti ai suoi fratelli. Sembro un diavolo di pervertito, almeno però è maggiorenne.

Il resto del tragitto lo passiamo tutti in silenzio, ed io mi concentro su qualche canzone che passa alla radio per non pensare alla bionda seduta dietro di me, con la gonna ancora più corta adesso che è seduta... Pervertito, dice una vocina nella mia testa. Non posso proprio dargli torto. Quando arriviamo, Paris mi prende la mano. Magari se finisco in fretta con William riuscirò a passare un po' di tempo con lei. «Volete qualcosa da mangiare prima di iniziare a studiare?»

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