Capitolo 35

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Clyde's pov

«Dobbiamo parlare.» Dico il mattino successivo a Steven, entrando nel suo ufficio come se fosse il mio. Non ho più paura di lui come qualche mese fa. «Si tratta del caso di Adam Collins.» Ieri ne ho parlato con Chase e insieme abbiamo deciso che dirlo a Steven è la scelta migliore. Abbiamo anche cercato di indagare, ma non abbiamo trovato nessuna informazione utile.

Steven alza la testa dalle scartoffie che stava leggendo. «Cosa c'é, agente Evans?» Non sembra arrabbiato, solo rassegnato.

Mi schiarisco la voce. «La storia di Adam Collins non mi ha convinto molto, per cui ieri sono andato ad interrogarlo di persona e cercando di rassicurarlo perché c'è qualcosa che lo spaventa. Non è lui, il vero capo, signor Gonzalez, c'é qualcun altro ai piani alti. Adam non vuole confessarlo ai federali però finché non sa che la sua famiglia è al sicuro.»

Per un attimo credo che Steven mi dirà che non c'è problema e che ho fatto un ottimo lavoro, invece sospira. «Ti parlerò liberamente, Clyde. Credo che tu stia soffrendo molto, ti senti solo perché hai perso i tuoi genitori e oltre Chase non hai nessun altro come amico. Le missioni sotto copertura a cui hai partecipato prima di questa duravano al massimo due settimane, perciò comprendo che ti sei affezionato ai Collins. Ma inventarsi una cosa del genere per proteggere un criminale...»

All'inizio non credo a ciò che sto sentendo. «Inventarmi? Stai scherzando spero. Non lo farei mai, cazzo. Devi fidarti di me per una buona volta, so che ho sbagliato molte cose in questa missione, ma posso assicurarti che non sto mentendo.»

«Esci, Clyde.» Steven fa cenno verso la porta. «Dopo il processo starai meglio.» Le orecchie mi fischiano per la rabbia, così lo fisso per qualche istante di troppo prima di alzarmi e andarmene. Chase mi aspetta fuori, a braccia incrociate e appoggiato al muro. Inarca un sopracciglio non appena mi vede, quasi a chiedermi come é andata, per cui scuoto la testa.

«Cosa facciamo, adesso?» Il mio migliore amico mi lascia una pacca sulla spalla e ci dirigiamo verso il suo ufficio. Prendo le chiavi della sua macchina, quella federale dell'FBI. Io non ce l'ho perché sono in quadra con Chase e ogni squadra ne ha una, al massimo due. L'altra mi pare che ce l'ha Chloe.

Non mi arrenderò finché non prendo il primo colpevole e credo che il mio migliore amico lo sappia. «Andiamo a fare una visitina ad Adam e questa volta non esco senza un nome. Ho bisogno anche di te, in modo che veda che la sua famiglia sarà davvero protetta.»

Chase corruga la fronte mentre ci avviamo verso l'ingresso. «Ma Steven non accetterà mai di proteggerli, ti ha appena detto di no.» Non rispondo. «Clyde, non puoi proteggerli solo tu. Metti a rischio anche te stesso. Ci rimani secco.» Sono una persona orribile se non me ne frega niente se muoio? Non ho niente da perdere, alla fine. Oltre lui e gli zii non ho nessuno che tiene davvero a me, Steven ha ragione quando dice che spesso mi sento solo.

«Non preoccuparti. Zio Ross era nell'esercito da giovane.» Faccio passare le chiavi dell'auto da una mano all'altra senza spostare lo sguardo da davanti a me. «Ed è l'unica opzione che abbiamo.» Non saprei proprio a chi rivolgermi altrimenti per proteggere William e Paris.

Chase ha la classica faccia della disapprovazione, poi però sospira e annuisce. «Va bene e se hai bisogno di una mano fammi sapere. Mi stanno simpatici, non mi dispiace badare a loro.»

«Sembra che stai parlando di bambini.» Alzo gli occhi al cielo. «E comunque grazie. Ti farò sapere se ne ho bisogno.» Appena arriviamo davanti alla macchina io vado nel lato del passeggero, Chase invece alla guida. È stato lui a prendere per primo a prendere la patente, io ero un po' negato. Adesso me la cavo.

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