𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐢𝐜𝐢𝐨𝐭𝐭𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 || 𝐨𝐧

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<<Eccoci qua, andiamo? Cioè, anzi, amore mio posso lasciarvi sole e andare a casa mia?>>

<<No per favore... Jackie ed io con chi parlo? Con mio padre? Assolutamente no, quindi devi venire>> ma per carità Elizabeth stai zitta, che poi non ho neanche capito perché stanno venendo anche loro.

<<E va bene, ma lo faccio solo per te Carter>> abbraccia mia sorella e a me inizia a salire il pranzo di qualche ora prima <<Ok possiamo andare?>> dico infastidita.

Se prima ero convinta di riuscire a respingere l'ansia ora lo sono ancor meno.

<<Salve lei è?>> 

<<Carter, Aria, candidata 1229084>> sorrido 

<<Okay, firmi qua e questo è il suo pass per entrare nella stanza, le chiedo gentilmente di spegnere il telefono e collocarlo dentro questa scatola di plastica assieme a qualunque dispositivo elettronico lei abbia... smartwatch, cuffie bluetooth... insomma ha capito>>

Consegno il foglio firmato e metto il telefono nella scatola <<Bene, grazie mille e buona fortuna cara tra mezz'ora ti chiamano ed entrerai nell'ultima porta infondo>> 

<<Grazie>>  detto questo mi vado a sedere affianco a Elizabeth.

<<Che c'è Aria? Stai bene? Ti vedo un po' in ansia tutto bene?>> Per favore, fatela stare zitta.

<<Elizabeth! Stai zitta per favore, certo che sono in ansia ma secondo te! Porca troia>>

<<Ti vado a prendere un caffè da Starbucks qua affianco?>> la guardo, finalmente una proposta decente 

<<Si va bene... nero e amaro, senza zucchero capito?>> annuisce ed esce dalla porta principale.

<<Oh finalmente se n'è andata! Ho l'impressione che sia deficiente>> dico e Jackson si siede affianco a me.

<<Anche io, comunque, nostre divergenze a parte, come ti senti?>> tiro su il naso 

<<Ho paura.... ho paura di tornare a fare il lavoro che amo>>

 <<Scherzi?>> 

<<Sto ridendo secondo te ?>>

 <<No...?>>

<<E che è ... cazzo è troppo complicato>> mi alzo, ho troppa ansia per stare seduta.

<<Cos'è troppo complicato? Apriti una volta Aria!>>

<<E a che scopo? E più che altro con te? Sei l'ultima persona con cui parlerei di questo argomento>>

Poco dopo vedo Jesse avvicinarsi
<<Aria! Finalmente sei ritornata!>>sorrido, alleluia meriti una statua caro mi stai salvando la vita, gli batto il pugno <<Ciao Jesse come stai>>

 <<Bene bene, tu?>> 

<<Starei meglio se non avessi il test d'abilitazione tra venti minuti>> gli dico e mi metto a grattarmi una mano.

<<Ma stai tranquilla è facilissimo e vista la tua ultima diagnosi qua stai sicura che andrà tutto bene... e poi ho una promessa da mantenere>> annuisco e gli sorrido.

<<Va bene, e con ogni probabilità dovrei iniziare domani mattina... tu ci sei?>> annuisce 

<<Ti aspetto qua con un caffè caldo in mano>> ma che carino 

<<Grazie mille, nero e amaro ricorda>>  sta per dire qualcosa ma quel decerebrato di Jackson lo interrompe

<<Che carini che siete ma ora la potete smettere di filtrare davanti a me?>>

Io lo ammazzo questo <<Senti Jackson perché non te ne stai tu zitto? Che ne dici eh? Senti Jesse lascialo stare, quindi ci vediamo domani?>> annuisce <<Ciao>> esce dalla porta e appena esce lasciandoci da soli nella stanza ritorno a guardare quel cretino seduto davanti a me.

<<Figlio di puttana io ti strangolo con il primo stetoscopio che trovo, non potevi startene zitto? No aspetta... sei geloso! Ecco perché>> mi metto a ridere 

<<Stai tranquillo che tu hai un posto speciale nel mio cuoricino pieno d'odio>>

Mi siedo di nuovo e non pensavo che parlare con qualcuno davanti a lui lo facesse sentire così
<<Non sono geloso, ma, non mi piace vedere due persone amoreggiare davanti a me ecco>> mi metto a ridere di gusto.

<<Bastardo sei anche un gran ipocrita lo sai? Perché tu sei il primo a fare sesso con Elizabeth davanti a me, perciò perché quando io me ne vado poi state a dire che sono io l'associale?? È questo il vostro problema! Criticate sempre me quando poi voi non volete esserlo, è per questo che odio tutti... perché non mo-.... lascia stare.... dimenticati che ti ho parlato>>

Guardo la porta e vedo la segretaria che spalanca la porta d'entrata e un vento freddo mi colpisce lasciandomi brividi ovunque 

<<Hai freddo vero?>> faccio no con la testa <<Tieni la mia giacca>>

<<Io non ti capisco Jackson e vuoi sapere perché? Vuoi sapere perché sei la persona che sto più odiando ora? Perché prima ti comporti come uno stronzo bastardo poi fai il simpaticone ed infine il gentiluomo che di gentile non c'ha un cazzo da fare dandomi la tua giacca>> mi ridacchia in faccia, peccato che non ho detto nulla di divertente.

<<Io sono sempre gentile solo che tu tiri fuori il mio lato bastardo ed è per questo che mi stai sulle palle, però in altre occasioni ho adorato quando c'eri veramente sopra>> mi scappa un sorrisetto.

<<Ti ricordo che siamo in un luogo pubblico e che non è questo il momento di fare commenti del genere mi devo concentrare>>

 <<Se vuoi ti aiuto io a rilassarti>> mi metto una mano in bocca per cercare di non sputare un polmone <<Scherzi vero? Ma vai a cagare coglione>>

<<Aria! Eccoti, scusami per il ritardo ma c'era un traffico assurdo.... Dov'è Elizabeth?>> oh ma guarda chi si rivede Ian 

<<È andata a prendere dei caffè però non è ancora tornata>> si siede vicino a me 

<<Allora ti devi concentrare, i test odierni non sono come quelli di due anni fa che hai fatto e Aria, so che c'è la puoi fare e ti prego non deludermi, che sennò dovrò cercare un'altra dottoressa per il reparto di  diagnostica e tu sei la candidata ideale per cui ho investito soldi, e anche tanti>>

<<Bene i candidati dal numero 122900 al 123000 possono entrare>>inspiro ed espiro <<Abbraccio?>> mi chiede ed annuisco e forse per la prima volta dopo quanto? dieci anni lo riabbraccio, è una sensazione strana ma un po' mi mancava stringerlo perché è pur sempre mio padre.

<<Grazie>> do il cinque a Jackson e vado verso la stanza dove si svolgerà l'esame.

Mi siedo nella terzultima fila e aspetto che consegnino il test.

Non voglio neanche farvi sapere come mi sentivo durante lo svolgimento, anzi si ve lo voglio dire... ero eccitata. Ecco, sarà stato il profumo Jackson sulla sua giacca ed il ricordo delle notti passate in quella settimana a Miami oppure il pensiero di riprendere in mano tutti gli strumenti del mestieri e i bisturi, ecco se c'era qualcuno in quella stanza motivata a superare l'esame a pieni voti ero assolutamente io.

O forse no, o forse mi stavo solamente illudendo come sempre.

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