𝐏𝐓.𝐈𝐈: 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐢𝐜𝐢𝐚𝐬𝐬𝐞𝐭𝐭𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨

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Il ragazzo dai capelli neri stava camminando lungo la schiera delle celle stranamente chiuse, era buio, fin troppo e non capiva neanche il perché

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Il ragazzo dai capelli neri stava camminando lungo la schiera delle celle stranamente chiuse, era buio, fin troppo e non capiva neanche il perché. L'unica luce presente arrivava dai corridoi in fondo al blocco, sentì dei rumori provenire da là e si chiese cosa stessero combinando adesso alcuni dei detenuti. Osservava l'interno delle celle senza però vedere niente perché c'era troppa poca luce, tutti sarebbero dovuti essere a letto ed in effetti tutto stava andando bene come sempre. Faceva caldo, un po' troppo, così si passò una mano tra i capelli corvini per prendere un po' di aria e respirò quell'atmosfera fin troppo tranquilla. Il silenzio regnava come mai prima di allora ed era tutto così silenziosamente assordante, un po' come quando d'inverno nevica e si crea quel silenzio eccessivamente silenzioso. L'effetto era quello eppure lui continuava a camminare tranquillamente quasi come se fosse tutto normale.
Improvvisamente sentì un rumore provenire dalla sua destra, un qualcosa di metallico e fin troppo lontano per poter provenire da dentro la cella. Istintivamente si voltò osservando il buio completo oltre le sbarre grigie, era strano, troppo strano, come faceva a vedere il colore grigio se era tutto completamente nero? Non fece in tempo a realizzarlo che due mani spuntarono dal nulla accompagnate da delle urla di dolore provenienti da tutto intorno a lui. Quelle robuste mani maschili lo afferrarono per il collo prima che potesse allontanarsi, eppure non pensava di stare così vicino al muro. Una presa stretta sul suo collo iniziò a bruciargli, il respiro gli mancò per troppo tempo mentre si lasciò trasportare in quel vortice oscuro di urla e lamenti, la sua vista si annebbiò fino a che non vide più neanche il grigio delle sbarre.

Buio totale e niente ossigeno.

Scattò a sedere completamente accaldato, si tastò la fronte constatando di aver sudato parecchio per essere ottobre e cercò il calmare il suo cuore che batteva all'impazzata. Era da tre giorni che aveva incubi del genere, non li aveva mai avuti prima, o meglio, gli era capitato alcune volte subito dopo essersi trasferito, ma nessuno era mai stato come questi. In genere erano legati a Seonghwa e a ciò che aveva fatto, ma mai così cupi e terrificanti. Allungò una mano verso il comodino per prendere il cellulare e controllare l'ora.

4.45 del mattino.

Sospirò. Cosa stava a significare tutto quello? Da quando aveva sentito della rivolta nel carcere non aveva più smesso di pensarci, Seonghwa stava bene? Erano riusciti a bloccare tutto? O ancora stavano in alto mare? Purtroppo non poteva saperlo con esattezza, nelle notizie venivano detti solo i fatti principali senza troppi dettagli e soprattutto non ne parlavano costantemente per dire qualsiasi novità. Eppure era convinto di aver dimenticato Seonghwa, o almeno quasi del tutto, ma evidentemente era ancora un ricordo troppo fresco per essere spazzato via e abbastanza da essere riportato a galla da una semplice notizia al telegiornale. Il suo cuore batteva inspiegabilmente tanto, troppo per essere solo a causa dell'incubo, ma Yeosang lo sapeva bene il motivo. Non poteva negare a sé stesso di amare ancora Seonghwa, quello che avevano condiviso era stato troppo importante per venir spazzato via in quel modo con un semplice addio. E seppur fosse passato un anno da quando quell'addio era stato detto, i sentimenti nel suo cuore non erano mutati, avevano solo imparato a convivere con la delusione e l'amarezza provate nel momento in cui aveva scoperto tutto. Adesso però sembravano aver preso improvvisamente il sopravvento, era possibile che per così poco fossero spariti gli altri due?

ƒєνєя || ᴡᴏᴏsᴀɴDove le storie prendono vita. Scoprilo ora