𝐏𝐓.𝐈𝐈: 𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐯𝐞𝐧𝐭𝐮𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨

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Il grigio pensò di essere arrivato alla fine, che fosse giunta la sua ora, era finito in un tornado in piena regola, uno di quelli che ti solleva e ti lasciare ricadere in continuazione, ti costringe a vedere il mondo capovolto lasciandoti con un ...

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Il grigio pensò di essere arrivato alla fine, che fosse giunta la sua ora, era finito in un tornado in piena regola, uno di quelli che ti solleva e ti lasciare ricadere in continuazione, ti costringe a vedere il mondo capovolto lasciandoti con un terribile senso di nausea e debolezza in corpo. Lui non voleva morire, come chiunque del resto non si sentiva pronto, e mentre Hongjoong lo picchiava aveva veramente creduto per un momento che potesse morire per davvero. Aveva scampato pericoli più grandi, era stato nell'esercito ed aveva visto morire diversi uomini lì, anche da guardia per qualche detenuto non era finita bene, ma lui era sempre sopravvissuto a tutto, però mentre sentiva le fredde nocche del blu schiantarsi ripetutamente sulla sua pelle e la vista gli si offuscava, credette che fosse giunta la sua fine e non ebbe più un briciolo di speranza riguardo a niente. Si era lasciato picchiare perchè sapeva di meritarlo, occhio per occhio dente per dente, così si dice, e lui aveva già fatto soffrire troppe persone per non meritarsi tutto quello che gli stava accadendo. Proprio per quello non si difese più di tanto, l'istinto gli aveva fatto provare a parare i colpi con le braccia per quanto possibile, ma si arrese subito dopo aver visto che non funzionava, perché l'altro era troppo furioso per poterlo fermare in qualche modo, ed il fatto che tutti gli altri detenuti fossero rimasti immobili a guardare ne fu la prova.

Non gli sembrò vero quando Hongjoong se ne andò di nuovo, pensava di essere finalmente svenuto e di star solo sognando, perchè il dolore fisico era troppo forte per permettergli di capire che non stava ricevendo più alcun colpo, e sapeva benissimo che non sarebbe sparito per molto tempo. Si abbandonò alla sua sorte con il volto completamente ricoperto di sangue e le cellule mentali totalmente fuse, il resto degli uomini nella sua stessa situazione restarono a guardarlo senza sapere cosa avrebbero dovuto pensare. Era passato dall'essere l'unico ancora tutto intero ad essere quello messo peggio tra tutti, e ciò permise agli altri di sentirsi fortunati vedendo quanto gli sarebbe potuta andare peggio.

Passarono le ore, i minuti, i secondi, e Seonghwa stava lì in terra con gli occhi chiusi a soffrire per le ferite ancora fresche che indubbiamente gli provocavano dolore. Venne risvegliato da un colpetto alla gamba, poi un altro e un altro ancora, aprì gli occhi e vide uno degli ispettori che gli parlava. Ci mise un po' a comprendere le parole che questi gli stava dicendo, ripetute per almeno una decina di volte «Non c'è nessuno, vai a chiamare aiuto» gli sussurrò lanciandogli un coltellino a serramanico, ecco con cosa era riuscito a liberarsi l'altro ispettore, Seonghwa non reagì subito, gli ci volle del tempo per assimilare le informazioni e riuscire ad alzarsi dalla posizione sdraiata in cui stava, aprì bocca sentendo un interminabile dolore al mandibola, così come ad ogni altro muscolo della faccia. Si toccò constatando che il sangue si fosse seccato e si chiese che aspetto avesse visto da fuori. Per fortuna il dolore era diminuito dall'inizio e adesso non gli impediva più di ragionare lucidamente, così capì poco dopo il significato delle parole dette dall'uomo accanto a lui.
Era il direttore, solo lui o le guardie conoscevano bene il posto, e le seconde si trovavano raggruppate troppo più lontano, così dato che avevano un coltello avevano convenuto che fosse meglio che a liberarsi fosse stato lui, così avrebbe potuto provare a chiamare aiuto. Probabilmente questo anche perché l'ispettore sparito già da un po' non aveva dato più alcun segno, e fu la dimostrazione che nessuno degli altri tre avrebbe potuto fare meglio di lui.

ƒєνєя || ᴡᴏᴏsᴀɴDove le storie prendono vita. Scoprilo ora