Capitolo 35: Il fiume dei ricordi

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Gomaki posò la sua giacca (o meglio, quella che aveva fregato a Minamisawa dopo averlo non proprio gentilmente abbandonato in un bar nei paraggi) sulle spalle tremanti e fredde di Yamato, coprendolo con un ombrello mentre aspettava che si tirasse in piedi. Era immobile, ma aveva vissuto così tante volte quel momento, sapeva come comportarsi e la scelta migliore era quella di dargli tempo.

La mente tornò a tanti anni prima, quando entrambi erano solo due bambini con il sogno di giocare a calcio per il resto della loro vita.

Un piccolo bambino dai capelli rosa singhiozzò piuttosto forte e si nascose meglio dietro al cespuglio, osservando un granchietto camminare tranquillamente nella sua direzione, ignaro di Yamato che sembrava sul punto di morire dalla paura. Si era allontanato da suo padre e dal suo migliore amico solo per qualche minuto perché la palla era finita dietro a un albero, però finì dentro a un cespuglio dopo essere scivolato sul fango.

Yamato era un frignone, aveva paura di qualsiasi animale che non fossero animali domestici, già il pappagallo di sua zia non gli piaceva, si divertiva a mordergli le piccole dita e suo cugino, Rensuke, rideva sempre.

Il granchietto arrivò a qualche centimetro dalla sua scarpa e il bambino provò ad allontanarsi, ovviamente invano perché si era impigliato con la maglia ai rametti, perciò, con un calcetto, allontanò l'animale abbastanza per tirarsi leggermente a sedere.

Inutile che però scoppiò a piangere e urlare appena il granchio salì sulla sua scarpa, facendolo dimenare dalla paura.

-Zietto! Yamyam è qua sotto!- Esclamò il suo migliore amico con un pallone sotto braccio, ma fu bloccato dall'adulto, il quale si tolse la giacca del completo e lo raggiunse con un piccolo salto. Allontanò il granchio prendendolo per una chela e, finalmente, Yamato riuscì a tenersi al collo di suo padre, pur continuando a lasciar andare qualche singhiozzo ogni tanto.

-Shh, va tutto apposto tesoro, era solo un granchio e non ti fa nulla, tu sei molto più grande e forte di lui.- Gli disse dolcemente mentre gli asciugava le lacrime con la manica della costosissima camicia, incurante di sporcarla con terra, lacrime e muco. Ritornò accanto all'altro bambino e riprese la giacca che gli stava porgendo dopo avergli scompigliato i capelli grigi che andavano in tutte le direzioni, specialmente dopo aver giocato tutto il pomeriggio.

-Anche io! Anche io voglio andare su!- Saltellò Tetsurou attaccandosi alla sua gamba, fino a quando Daigo non scoppiò a ridere e, con qualche difficoltà, riuscì a tenere entrambi i bambini in braccio.

Yamato guardò il suo migliore amico con ancora gli occhi pieni di lacrime, e lui gli sorrise e gli prese la guancia paffuta con una mano, provando a farlo sorridere a sua volta.

-Piangi troppo, sei brutto poi!-

Il più giovane dei Senguuji continuò a piangere fino all'arrivo a casa.

-Ti ricordi quante volte abbiamo giocato qua, quando venivo a cercarti?- Sussurrò Gomaki osservando il fiume. –Costruivamo castelli di sabbia, cercavamo di pescare dei pesciolini e una volta mi ricordo che abbiamo provato a fare un picnic con i nostri giocattoli.- E scoppiò a ridere, anche se era più una risata malinconica.

-Erano bei tempi, semplici.-

Il suo sguardo cadde su Senguuji e gli scompigliò i capelli con la mano libera fino a quando il ragazzo provò a fermarlo, spostandosi un po'. Quando si alzò in piedi, preferì coprire lui e si fece lavare da testa a piedi.

-Ti ammalerai..- Disse con voce roca mentre si stringeva della giacca e si girava verso di lui, il suo migliore amico restava un frignone anche ad anni a distanza.

-Ho degli anticorpi grandi come una casa, non mi sono quasi mai ammalato, vuoi che succeda proprio ora che ho il mio migliore amico distrutto?- E poi allungò una mano per spostargli le ciocche bagnate dal viso, tirandogli persino una guancia nel frattempo. –Torniamo a casa, Yamyam, non ancora tutto è perduto.-

Gli diede una mano a tornare sulla strada in ghiaia e lo seguì, notando Minamisawa da lontano. Aveva comprato un altro ombrello e li aspettava accanto a una panchina con una mano nella tasca, miracolosamente non fece alcuna battuta appena lo raggiunsero, si limitò solamente a camminare accanto a loro fino a casa di Senguuji.

-Io vi lasciò qua, ci vediamo domani. Senguuji, posso solo dirti di non arrenderti.- E gli diede una pacca sulla spalla, negando con la testa quando il più alto fece per ridargli la giacca. Scomparve dietro l'angolo quasi subito e Gomaki, per un momento, si sentì felice di esserselo tolto dai piedi. Non sapeva come relazionarsi con le persone.

Fortunatamente per lui, Senguuji non fece molte storie a spogliarsi ed entrare nella vasca, lasciando Gomaki l'ingrato compito di aprire l'acqua e lavargli i capelli come poteva, tanto rovinati erano. Non lo guardò quando si lavò il corpo, soprattutto per decenza, ma non lo lasciò solo.

-Posso farti le trecce dopo, se ti va.- Gli propose pettinandogli con cura i capelli, finalmente, privi di nodi e soffici, anche se bagnati. Senguuji annuì e socchiuse gli occhi, evidentemente perso nei suoi pensieri.

Mezz'ora dopo, il suo migliore amico si trovava sotto le coperte, pulito e profumato, profondamente addormentato e con gli occhi rossi dalle lacrime che aveva pianto in quel pomeriggio. La voce che rispose alla sua chiamata la conosceva fin troppo bene, a quel punto, e non riuscì a non sentirsi in colpa anche per lui.

Era un brutto periodo per entrambi, non era colpa di Kurosaki se era esploso in quel modo il pomeriggio prima.

-Ehi Kurosaki, scusa se disturbo durante il tardo pomeriggio, ma mi servirebbe un favore.- Chiese il più alto guardando fuori dalla finestra. L'autista era ancora nei paraggi, sarebbe riuscito ad inviarlo a casa del ragazzo e tornare indietro in poco tempo.

-Eh? Sì...che succede?- Rispose dopo essersi chiuso chissà dove, e sembrava anche molto nervoso. –S-se centra Sen—Yamato, posso spiegare e sono profondamente dispiaciuto per quello che ho detto, sono successe tante cose e—

-Non una parola. Dimmi dove vivi, l'autista verrà a prenderti e ne parleremo faccia a faccia.-

Riattaccò dopo aver memorizzato l'indirizzo e non ci mise troppo a comunicarlo all'autista, il quale fece un inchino e si dileguò con velocità. L'orologio segnava le sei e mezza di pomeriggio e fuori era già buio da un pezzo, però stare a guardare fuori dalla finestra sembrò calmarlo un po'.

Ma guarda un po', doveva davvero fare tutto lui, in quella relazione.

Oasis - Cosa fa la Resistance quando non è in campo?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora