•Capitolo 9•

98 36 45
                                    

Giunse a lavoro, con il fiatone.
Si era, prima, fermata in un bar per bere l'unica bevanda amica nelle sue giornate schizofreniche.
Quel caffè così bollente la risvegliò, destandole i sensi.
"Che piacere!" Rise tra sé e sé.

Con la metropolitana arrivare a lavoro, in una delle zone più esclusive di Londra, Notting Hill, non era un problema. Il quartiere, invece, dove viveva, era, popolato, per lo più, da italiani.

L'affascinava molto quella nazione, famosa per il buon cibo, la moda e l'arte.

Si era ripromessa che avrebbe fatto visita a Carlo, il lontano parente con il quale si sentiva, ogni tanto, via Skype, non appena avrebbe messo da parte un piccolo gruzzolo che le consentisse di affrontare quel viaggio.

Londra era una città sorprendente ma troppo caotica e, soprattutto, cara ma ci era nata, per cui, nonostante potesse avere tutti i difetti del mondo, a lei andava bene così.

"Ciao Margaret, ciao Frank!" Salutò i due anziani proprietari del locale.
Sebbene avessero un'età avanzata per lavorare, erano sempre lì presenti ad aiutare lei e l'altro dipendente, Nick, un ragazzo pakistano che viveva nel suo paese da molto.

Gli affari andavano bene, così come gli introiti giornalieri. Era una lavanderia molto rinomata in zona. Esisteva da anni nel quartiere. Era un po' la mascotte, nonché colonna portante di Notting Hill.

Dopo, tantissimi sacrifici, portata avanti di padre in figlio, quell'attività commerciale era riuscita a costruirsi un nome e a fare una fortuna. C'erano professionisti di tutti i tipi a servirsi, prettamente, di ceto medio - alto. Un giorno o l'altro, Alice credeva che avrebbe visto entrare la Regina Elisabetta, addirittura!

"Quanti capi abbiamo da stirare oggi, Nick?" chiese la ragazza.
"Molti come sempre!" Rispose, frettolosamente, il collega, accingendosi a prenderli.
"Dai, diamoci sotto!" Trillo', allegramente, la giovane.

Il lavoro le occorreva non solo per sopravvivere ma, anche, per non pensare, troppo, alla sua misera vita.
Purtroppo, anni addietro, aveva dovuto abbandonare gli studi, perché, economicamente, non ce l'avrebbe fatta a pagare, anche, la retta universitaria, seppur, la generosa zia Shannon si era offerta di pagare anche quell'incredibile salasso, se ce ne fosse stato bisogno. Era, davvero, brutto vivere coi soldi contati. Alice, comunque, si era, categoricamente, rifiutata di sobbarcarla anche di quel balzello.

Tracey non aveva questi problemi.
I suoi genitori erano entrambi medici e guadagnavano bene. Tra l'altro, vivevano in un quartiere residenziale dove le case costavano un occhio della testa.

Si era sempre chiesta come faceva a frequentare una come lei che, invece, a confronto, viveva quasi di stenti.
Fortunatamente, malgrado fossero benestanti, i genitori le avevano insegnato a dare valore alle cose e a sacrificarsi per averle. Difatti, a differenza di altre persone del suo stesso ceto, non poteva dirsi che fosse, affatto, viziata. Quell'educazione impartita l'aveva resa anticonformista. La gente del suo rango avrebbe guardato Alice da capo a piedi, quasi con sprezzo, ma lei no, perché era diversa.
La stimava tanto, anche, per questo motivo. Sicuramente non era da tutti comportarsi così.

Molte volte, l'era andata a prendere con la macchina al negozio ed era capitato che si fosse fumata, addirittura, una sigaretta con Nick. I compagni universitari dell'amica non l'avrebbero mai fatto, talmente, erano snob e pieni di sé.
Gente come Nick e Alice erano considerate, da quelle persone, spazzatura.

Dopo quelle riflessioni esistenziali, la ragazza decise di indossare le cuffiette alle orecchie, per sentire un po' di musica. Le ore, così, sarebbero trascorse prima.
Quello, sicuramente, era un buon mezzo per rendere quei giorni uggiosi e freddi maggiormente gradevoli.
Difatti, non fece in tempo ad accorgersene che la giornata lavorativa terminò e Alice corse al supermercato per racimolare quattro cose e realizzare un pasto decente.

A winning love (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora