•Capitolo 41•

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I hear you're feeling down
Well i can ease your pain
Get you on your feet again
Can you show me where it hurts?

Alice si svegliò di soprassalto, con il batticuore e madida di sudore.
La canottiera ne era zuppa.
Aveva avuto un incubo.
Sognare di trovarsi sott'acqua e di essere prossima all'annegamento non era proprio il massimo, con quella sensazione angosciosa di sapere che se entro breve non fosse tornata in superficie sarebbe andata incontro alla fine di tutte le sue speranze e di quella gioia di vivere che, nonostante tutto, ancora la connotava.
Le era rimasta impressa quella sensazione di chi ha i polmoni pregni di acqua, che bruciano alla disperata ricerca di un po' di ossigeno. Un sentore che le lasciò molta inquietudine addosso.

Si guardò attorno smarrita.
Tra le altre cose, non riuscì subito a decifrare se fosse giorno o notte perché le serrande erano totalmente abbassate.

Prima di realizzare chi fosse, tentò di calmarsi ispirando ed espirando con il torace che si alzava e si abbassava convulsamente al ritmo dei suoi respiri.

Era parecchio tempo che non le accadeva una cosa del genere, da quando i suoi erano morti.

Girò la testa verso il suo lato destro per guardare la sveglia digitale posta sopra il comodino, munita di una scritta rossa a led individuabile perfettamente anche nel cuore della notte.

Segnava le due.

Decise di rimettersi giù per cercare di riprendere il sonno interrotto, dato che l'indomani si sarebbe dovuta svegliare presto per andare a lavoro.

Si girò più volte senza trovare riposo. Anzi l'impossibilità di addormentarsi le regalava sentimenti di angoscia, inquietudine e inutilità.

A un certo punto pensò che tanto valeva alzarsi.

Accese la abat - jour rassegnata e si recò in salotto per bere un bicchiere di acqua e andare in bagno, subito dopo.

Pensò di porre fine a quell'atroce insonnia che anni prima l'aveva colpita duramente dopo la morte del padre decidendo di assumere quelle gocce miracolose prescritte dal medico e riposte nell'anta del mobiletto del bagno, stipate insieme agli altri farmaci.
Era tempo che aveva deciso di non assumerle più, dietro consiglio della terapeuta perché per il suo disturbo era sufficiente la terapia cognitivo - comportamentale, interrotta anni prima, per mancanza di tempo e di denaro.

Ne mise tre sotto la lingua, soddisfatta.
Le ripose eccitata nel posto dove si trovavano conscia che poco dopo avrebbe trovato riposo e quiete nel sonno.

E fu proprio così anche se la sveglia suonò intrepida e alzarsi fu la cosa più difficile che fece quel giorno.

Si preparò con calma assoluta. Quello era l'effetto delle benzodiazepine ancora in circolo. Il farmaco assunto era uno di quelli a lento rilascio che rendeva scombussolati tutto il giorno.

Era terrorizzata che l'insonnia potesse prepotentemente ritornare nella sua vita. Aveva passato bruttissimi momenti subito dopo il decesso dei suoi. Le sue giornate, infatti, era scandite da tachicardia, insonnia e una marcata malinconia.
La dottoressa le aveva diagnosticato un disturbo post - traumatico da stress con il quale dovette fare i conti per anni. Questo l'aveva limitata molto nella vita sociale. Non riusciva più facilmente a uscire di casa o a vivere serenamente qualsiasi accadimento le potesse capitare perché aveva un timore inconscio di rivivere quel trauma patito nel passato.
Per fortuna sia la zia Shannon che l'amica Tracey l'avevano aiutata per tutto quel tempo ad affrontare i suoi demoni che non la lasciavano vivere tranquilla come una qualsiasi ragazza spensierata e felice della sua età.

A winning love (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora