•Capitolo 25•

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Si svegliò che erano le sei.
Si strofinò il volto con la maglia, pulendosi le labbra con l'avambraccio. Era piena di saliva alla bocca. Aveva, una volta tanto, dormito bene, senza pensieri. Era crollata, letteralmente, sul divano.
Si alzò, ancora spaesata e insonnolita. Si affacciò alla finestra e afferrò la tenda per scostarla. A quell'ora era buio pesto e immaginava facesse un freddo cane, lì fuori. I tetti delle abitazioni vicine erano innevati. Era magico passare il Natale con tutta quella neve. Era come la ciliegina sulla torta, atta a dare quel tocco in più a un periodo dell'anno, altrettanto, speciale. Per gli altri, di certo, ma non per lei.
In quel periodo, le mancavano ancor più i genitori che aveva perso non da troppo tempo. La ferita non si sarebbe mai rimarginata del tutto ma, sicuramente, con il passare del tempo, avrebbe imparato a conviverci.
Le venne una fame da lupi. D'altra parte, non aveva mangiato granché dalla zia. Sapere che si sarebbe incontrata di lì a breve con Andrew l'aveva sconvolta al punto tale da toglierle la fame.
Con il plaid sulle spalle, si diresse verso il frigo per vedere se avesse qualcosa da piluccare.
Incredibile, ma il frigorifero era vuoto.
C'era solo una coca cola a colorare quell'ambiente freddo.
Ripiego' sul delivery.
Ordinò da asporto del cibo cinese. Quando il fattorino le recapito' involtini primavera, ravioli al vapore e spaghetti di soia era contenta come una bambina.
Non le interessava che fossero le sei e mezza. Aveva una fame mostruosa.
Si sedette, a pie' pari, al tavolino della cucina e mangiò con avidità.
Dopodiché optò per una doccia bollente che le sciolse tutte le contratture che lo stress le arrecava.
Indossato il pigiama pulito, si poggiò sul divano a guardare un film d'amore.
Senza nemmeno accorgersene, le lacrime scesero copiose sulle guance.
Narrava la storia di una ragazza, senza genitori, piantata in asso dall'uomo che credeva di amare alla follia. Sembrava il racconto della sua vita.
Come tutti quei generi di film, c'era il finale romantico a concluderlo.
Chissà, pensò, se per lei era stato riservato un finale, altrettanto, fortunato. Il suo pensiero corse, subito, ad Andrew. Sarebbe stato bello avere il suo numero e chiedergli cosa stesse facendo. Magari, era sdraiato, proprio, come lei, intento a vedere la televisione.
Una volta terminata la visione, spense l'apparecchio e andò a dormire.
Un altro giorno era terminato.
L'indomani l'andamento della giornata non fu molto dissimile da quella precedente. Tra l'altro, era un giorno uggioso che non offriva spunti ricreativi.
La ragazza ne approfittò per pulire casa.
Accese la musica ad alto volume.
Questo le impedi' di sentire il continuo squillare del cellulare.
Si ricordò, improvvisamente, che non aveva più chiamato Carlo. Spense, subito, l'aspirapolvere che mise nel ripostiglio. Tanto il grosso delle pulizie era stato fatto.
Accese il pc, per collegarsi a skype e chiamarlo.
L'accesso non andò a buon fine perché c'erano problemi sulla linea che non si riuscirono a risolvere.
Quindi, decise di mandargli un sms.
Vide, a quel punto, quattro chiamate di Tracey.
"Che sarà mai successo?" Rifletté.
La priorità, per adesso, l'aveva quel lontano parente italiano che si era dimenticata di contattare.
"Ciao Carlo come stai? Prima stavo connettendomi a Skype ma ho continui problemi sulla linea. Va e viene quest'oggi. Io non ho da raccontarti molto. Le solite. Si lavora. Oggi mi sono dedicata un po' alla casa. Spero tu stia bene e di vederti presto. Con affetto.
Alice"
Così recitava il messaggio.
Poi, fece il numero di Tracey che, come solito, esclamò, con voce argentina, "allora sei viva?"
"Se ti sto chiamando, direi di si!"
"Molto spiritosa, come sempre, Alice!"
"Beh cosa è successo? Ho visto quattro chiamate, una di seguito all'altra"
"Volevo chiederti di vederci per provare insieme quel famoso vestito"
"Cioè mi stai dicendo che mi hai contattato con una tale urgenza per quel cavolo di vestito?"
L'amica rispose, ridendo,
"Beh si. Direi che è una questione di vita o di morte!"
"Ma vaff... Tracey" esclamò, censurando la parolaccia.
"Comunque, non mi va di uscire. Ho finito adesso di sistemare casa.
Vorrà dire che, come solito, mi rilassero' sul divano"
"Tu ci scherzi ma un giorno di questi ti verrà la divanite!" Ironizzò Tracey.
Rise anche Alice.
Quella chiamata ebbe fine così come quella giornata.

A winning love (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora