Capitolo 36- Magiacrauti

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<< Signor Rodríguez è ora di iniziare il suo viaggio >> esordisco così la sera del diciassette marzo.

Le mie valigie grandi come la mia casa troneggiano nel corridoio davanti alla porta di Javi, la prima del nostro piano, vicino all'area relax dove i quattro dottorandi da noi tanto amati ci osservano lanciandoci sguardi infuocati. Abbiamo due settimane per lo spring break, dieci giorni li passeremo in Australia mentre i nostri cari colleghi hanno prenotato una vacanza in Florida tra di loro ma a quanto pare preferirebbero essere al nostro posto, e ci credo!

<< Non sto più nella pelle >> mi sorride il moro tirandosi dietro il valigione.

<< Per le ventotto ore di viaggio? >> ridacchio avviandomi verso l'ascensore.

In strada ci aspetta un'auto privata che ci scorta fino in aeroporto, facciamo il check-in con tutta la calma del mondo, passiamo i controlli e, quando Javi fa per avviarsi verso il gate, gli prendo la mano e lo conduco verso l'ala VIP.

<< Fai sul serio? >> chiede con gli occhi che brillano.

<< Te l'ho detto che ti avrei fatto vivere l'esperienza completa, in realtà anche di più perché i paddock pass normali non ti fanno fare la track walk con i piloti >>.

<< Ellie >> si lamenta lo spagnolo.

<< Che c'è? >> chiedo colpevole.

<< Avevi promesso che non avresti lavorato, che sarebbe stata una vacanza >> mi rimprovera.

<< E lo sarà >> prometto.

<< Quindi in valigia non hai la divisa della Ferrari e non faremo la track walk con Vettel perché devi dare una mano? >> domanda perplesso.

Mi faccio piccola piccola nella poltrona di finta pelle sotto lo sguardo di rimprovero del mio amico, ammetto di aver infranto la promessa ma è più forte di me, io ho bisogno di lavorare, mi fa stare bene.

<< Ho detto che sarei stata in ferie e lo sono, darò una mano in qualifica e in gara, tutto qui >>.

<< Niente riunioni? Niente giornate a lasciarmi da solo? >> chiede.

<< Niente di tutto ciò, promesso >> gli sorrido e gli lascio un bacio sulla guancia.

Il nostro volo viene chiamato, essendo la prima classe ci imbarchiamo per ultimi per evitare code inutili e il viavai della gente che attraversa la nostra cabina per raggiungere l'economy. Abbiamo due scompartimenti vicini, dal momento che è un volo notturno abbiamo cuscini, coperte e le cuccette per dormire un po' oltre al monitor per guardare qualcosa. Javi non smette di guardarsi intorno sognante e felice e sorrido di rimando anche io, merita tutto questo e mi fa stare bene sapere che posso offrirglielo. Decolliamo alle dieci di sera, mettiamo su un episodio della casa di carta ma ci addormentiamo in un baleno, per poter partire abbiamo dovuto lavorare al MIT anche oggi che è sabato, siamo stati lì dalle sette del mattino e non ci siamo fermati nemmeno un attimo, siamo tornati a casa solo per prendere i bagagli. Riapro gli occhi dopo un lungo sonno profondo, fuori dal finestrino si vede la luce del giorno, scuoto Javi per una spalla e gli dico che ho fame.

<< Arriveremo a Doha tra tre ore, resisti >> biascica girandosi per darmi le spalle e continuare a dormire.

<< La colazione è compresa nel biglietto, possiamo scegliere quello che vogliamo>> lo informo sfogliando pigramente il menu sul monitor davanti a me.

<< Potrei abituarmi a tutto questo lusso >> sospira mettendosi seduto.

Ordiniamo il nostro pasto e, cinque minuti dopo, una hostess impeccabile ci porge i vassoi con sopra due montagne di pancake e due cappuccini.

Quanto ti ho aspettatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora