Giugno arriva in un battito di ciglia, aprile e maggio sono stati due mesi infernali tra le lezioni al MIT e il lavoro sul progetto che porterò alla fine di questo dottorato accelerato. Certamente sono avvantaggiata dalle mie conoscenze avanzate, dalla mia esperienza sul campo e dalle mie innate capacità intellettive ma comunque sono umana come tutti gli altri: mangio, dormo, mi innamoro e soprattutto soffro proprio come loro. Soffro perché mi manca casa, perché devo soddisfare delle aspettative su un progetto che i miei colleghi preparano in quattro anni e non in soli dodici mesi, soffro perché il MIT mi sta stretto, perché voglio essere in pista con la mia squadra, voglio sporcarmi le mani ma, più di ogni altra cosa, soffro perché con Charles non è cambiato nulla. I miei amici mi avevano avvisato, lo so, dovevo aspettarmelo ma loro non hanno vissuto quello che ho vissuto io con il monegasco, io li ho guardati quegli occhi, io l'ho letta l'emozione in quelle iridi verdi.<< Terra chiama Ellie >>.
La mano piena di anelli di Javier invade il mio campo visivo destandomi dal mio stato di trance.
<< Mh? >> domando confusa.
<< Avevi lo sguardo perso e la gente inizia a fissarti >> ridacchia.
<< Ero... Stavo pensando... >> balbetto.
<< Stavi pensando al principino >>.
<< No, io...>>
<< Mi offendi se non credi che ormai tu sia un libro aperto per me >>.
<< Hai ragione >> sospiro sconfitta e mi accascio contro la spalliera della mia sedia.
È una bellissima giornata qui a Boston e Javi ed io abbiamo deciso di lavorare ai nostri progetti nel cortile del dipartimento di meccanica così da poter godere del piacevole sole di metà giugno. Porto le mani dietro la nuca e chiudo gli occhi cercando di concentrarmi solo sul calore dei raggi che colpiscono la mia pelle ma il mio migliore amico oggi ha deciso di non volermi dare pace.
<< Ellie, bimba >> mi richiama.
<< Che c'è? >> domando aprendo un solo occhio per metà.
<< Per favore metti giù quelle braccia che le tue tette qui stanno per causare un infarto a più di qualcuno >>.
Mi ricompongo alla velocità della luce imbarazzata come non mai quando vedo lo sguardo di due ragazzi al tavolo di fronte che non mi molla nemmeno per un istante.
<< Che esagerazione, ho una semplicissima canotta >> borbotto anche un po' offesa.
<< Tesoro, non è colpa del tuo abbigliamento ma della tua devastante bellezza che farebbe risvegliare persino il mio amichetto omosessuale qui sotto >> spiega divertito lo spagnolo ed io avvampo come se non ci fosse un domani.
<< Ti odio >> nascondo il viso tra le mani.
<< Dico solo la verità >> scrolla le spalle lui.
<< Esagerato >>.
<< Vuoi che chieda a uno dei due ragazzi con una evidente erezione? >>.
<< Oddio ti prego basta >> lo prego.
<< Andiamo, ti porto a prendere un gelato >> cambia discorso guadagnandosi tutta la mia gratitudine.
Raccogliamo le nostre cose con molta clama e ci avviamo sottobraccio verso la gelateria più vicina, che poi chiamare gelato quella roba che fanno mi sembra un insulto ma è il meglio che si possa trovare in America al momento. Ci sediamo sull'erba di un piccolo spazio pubblico in riva all'oceano pochi minuti dopo con i nostri gelati tra le mani, Javi riceve una chiamata da Jack facendomi alzare gli occhi al cielo e decido di ammazzare il tempo facendo un giro su twitter. Ieri c'è stato il GP del Canada e tutta la mia timeline ancora esulta per la super vittoria di Seb, quest'anno ci sta regalando delle performance strepitose ed io vorrei essere li con lui e tutto il team a contribuire a questa scalata verso il mondiale. Ad ogni foto o commento che vedo mi sale il magone così decido di spostarmi su Instagram quando la mia attenzione viene attirata dalla foto dell'ultimo tweet in basso sullo schermo: Charles e Giada che passeggiano mano nella mano sul lungomare di Monaco. La mia vista comincia ad appannarsi, le lacrime bussano prepotenti ai miei occhi e non riesco a trattenerle, lascio che cadano silenziose lungo le mie guance. Javier si rende conto del mio stato d'animo e saluta il suo ragazzo in fretta.
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Quanto ti ho aspettato
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