Capitolo31- Javier

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Sono le otto del mattino, sono seduta sul primo volo della giornata in partenza da Abu Dhabi e diretto a Monaco di Baviera, ho sei ore e mezzo davanti a me prima di fare il primo scalo e spero di riuscire a risposare un pochino. L'aereo è decollato da circa dieci minuti, Ferrari non ha badato a spese per il suo gioiello e mi ha pagato un viaggio tutto in prima classe, sono da sola sul mio sedile, ho un tavolino davanti a me, uno schermo per guardare film e la connessione internet per poter lavorare. Oggi iniziano i test giovani post mondiale ad Abu Dhabi ma non sono potuta rimanere, il MIT è stato categorico: se voglio ricevere il dottorato in un solo anno non devo perdere nemmeno un giorno con loro.

<< Signorina vorrebbe fare colazione? >> mi chiede una hostess.

<< Volentieri >> sorrido sorpresa da tutto questo lusso.

<< Mi dica pure cosa preferisce e provvederò a tutto >>.

<< Cappuccino e cornetto andranno benissimo >> dico e la ragazza sparisce nel corridoio per poi tornare pochi minuti dopo con la mia colazione.

Strappo un pezzo del croissant con le mani e lo mastico lentamente mentre penso a quanto sia stato difficile lasciare tutti, lasciare Charles. Dopo aver parlato con lui avrei voluto tornare in albergo e crogiolarmi nel mio dolore ma non l'ho fatto e ne sono contenta. Ho passato l'ultima sera con i miei amici e la mia famiglia, non so quando li rivedrò e mi sono goduta ogni singolo istante. Ho ballato con Max e Daniel, ho giocato con le figlie di Seb, ho bevuto e riso tanto con le mie amiche e mi sono commossa con il team Prema. Mi fa strano pensare che non lavorerò più con loro, c'è sempre stato un clima familiare in quell'azienda, tra piloti, ingegneri e il team in generale non c'è stato un giorno in cui io non sia voluta andare a lavoro con piacere.  Mi hanno regalato un piccolo trofeo con la targa che dice:" Miglior tesista della storia Prema " , inutile dire che ho pianto tutte le lacrime che avevo in corpo, soprattutto quando hanno accompagnato al trofeo un collage di tutte le foto con la squadra. Fede e Clara hanno deciso di aspettare l'alba con me, siamo rimaste nella mia stanza, sedute per terra a ridere ripensando a tutte le avventure che abbiamo vissuto quest'anno e abbiamo pianto ancora quando è arrivato il momento per me di andare via.

Sorseggio il mio cappuccino mentre guardo il sole splendere sulle nuvole e penso a quanti sacrifici io stia facendo per realizzare il mio sogno, passerò un intero anno lontano da tutto e tutti, sarà il primo Natale che non trascorrerò con la mia famiglia ed è forse l'aspetto più duro di questo percorso. Sono abituata a passare la notte del ventiquattro con i miei genitori e i miei cugini a casa nostra, mia mamma cucina per un esercito, il salotto è pieno di regali e noi tutti abbiamo ogni anno un maglione natalizio diverso, siamo una famiglia di folli e non potrei amarli più di così. Sono terrorizzata ed eccitata allo stesso tempo di scoprire cosa mi aspetterà quest'anno, non sono mai stata a Boston e spero di riuscire ad ambientarmi in fretta, soprattutto spero di fare amicizia.

Queste sei ore passano in fretta grazie alla Call con mio fratello dai box Ferrari, sapere di poter lavorare ancora con loro mi fa sentire più tranquilla, è l'unico punto fermo di tutto questo casino e mi ci aggrappo con le unghie e con i denti. Dopo ben diciannove ore di viaggio atterro a Boston, ho lavorato quasi tutto il tempo e guardato dei film pur di non dormire, sono le sette di sera qui e vorrei cercare di seguire l'orario locale il più possibile. E' la prima volta che mi ritrovo totalmente da sola in una nuova città, a Stoccolma c'erano i miei genitori i primi giorni, a Pisa mi accompagnò Sandro come rappresentate della Scuderia e garante del mio percorso giovani talenti, qui in America devo cavarmela da sola, ho quasi ventidue anni ormai, sono grande abbastanza. Così prendo un taxi che mi porta fino al monolocale che mi è stato assegnato, si trova a pochi metri dall'università, in un palazzo altissimo a quanto pare dedicato a tutti gli studenti del MIT, più si è in alto di piano, più si è avanti nella carriera universitaria, per questo il piano dei dottorandi è il ventesimo.

Quanto ti ho aspettatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora