CAPITOLO 25

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POV'S ALICE

Depressione post partum, ecco di cosa soffro o almeno credo. Proprio stamattina mentre riordinavo la libreria cercando di procrastinare il momento del confronto con i moduli per il trasferimento mi è capitato fra le mani un volume di saggistica sulla depressione post parto che al tempo dell'università ho dovuto studiare per l'esame di psicologia. Ricordo ancora che quando ho affrontato l'argomento, in fetta e furia perché come al solito mi ero ridotta all'ultimo minuto, ero basita nell'apprendere che spesso donne che hanno desiderato a lungo un figlio, da un giorno all'altro, iniziano a deprimersi perché non riescono ad affrontare la nuova realtà che gli si para davanti, diversa sicuramente dallo stereotipo della maternità spensierata. Oggi, invece, quella che si sente soffocare dalla realtà sono io e non comprendo nemmeno il perché. Quando è nato Matteo la maternità è stata persino più bella di come l'immaginassi, mi sembrava di toccare il cielo con un dito ogni volta, ma oggi non so quale sia il problema e Claudio ha ragione, non posso più continuare a sfogare tutta la mia frustrazione su di lui, non è giusto per nessuno dei due e nemmeno sano per i nostri figli.

È proprio con questa voglia di redimermi con lui e soprattutto con l'intenzione di ammettere che da sola non posso più affrontare questa situazione che decido di andare in questo preciso istante a parlare con Claudio; se aspetto sino al suo ritorno a casa potrei persino cambiare idea.





"Matteo piano sui gradini!" avverto mio figlio che già, entusiasta come poche volte, si accinge a marciare verso l'imponente gradinata dell'istituto.

"Vieni in braccio?" tento di dissuaderlo con un'offerta allentante, almeno per me lo sarebbe, ma a quanto pare per lui è molto più sacra la libertà di circolazione perché dopo un no che più che detto è stato urlato si accinge a salire il primo gradino.

"Piano" gli dico sorreggendolo evitando che si catapulti giù ed è quando finalmente arriviamo in cima, dopo almeno venti minuti che lui, ancora più egocentrico del padre, si concede un forte applauso per aver affrontato e superato quello che per lui aveva tutta l'aria di essere un ostacolo insuperabile. Ho la schiena a pezzi e Aurora che dorme completamente abbandonata fra le mie braccia non è d'aiuto.

"Bravissimo tesoro, ma che dici entriamo?" gli chiedo poi e intuendo che le sue intenzioni sono quelle di riascendere le scale richiamo la sua attenzione giocando d'astuzia.

"Andiamo da papà a disegnare!" e subito si fa condurre ovunque purché a fine metà ci sia il suo papà.





Dieci minuti, quattordici litri di sudore e sei chili in meno dopo siamo davanti la porta dell'ufficio di Claudio; Matteo dopo la prima rampa di scale ha capito che forse l'idea di stare in braccio mentre la mamma fa la sfacchinata non era tanto male e nel frattempo anche Aurora si è svegliata e ha iniziato a tirarmi i capelli. Speravo tanto di trovare qualcuno a cui affidare le due pesti, ma sembra che chiunque lavori in questo istituto si sia volatizzato e sto iniziando a credere che anche Claudio non sia nel suo ufficio, magari perché impegnato insieme a tutti gli altri in un'autopsia che richiede il massimo dell'attenzione e di cui io non so nulla perché da settimane snobbo mio marito, e se così fosse io mi sono letteralmente spezzata la schiena per nulla.

Busso, ormai che sono quassù meglio fare un tentativo. Stranamente due secondi dopo la porta si apre.

"Ah sei tu..." constata subito Claudio, quasi deluso di trovarsi me e non qualcun altro sulla porta, ma questa sua reazione dura appena un secondo perché subito Matteo gli salta addosso dando pace alla mia povera schiena e facendo sorridere Claudio così come non capitava da tanto in mia presenza.

UN CUORE PREZIOSISSIMO [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora