CAPITOLO 8

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POV'S ALICE

"Claudio possiamo parlare?" chiedo alla prima occasione che ho di interloquire con mio marito. Stamattina con la scusa di un sopralluogo è uscito da casa prima che io potessi anche solo prendere atto che fosse già mattina e il discorso che sta notte non ha preso vita ancora inneggia, pesante come un macigno, fra noi.

"Alice io avrei da fare. Se non si tratta di questione di vita o di morte ne parliamo stasera."

Con queste parole sfugge alla mia richiesta e torna nel suo ufficio lasciandomi come un'emerita idiota nel bel mezzo del corridoio.











Il suo parliamo stasera non si è mai concretizzato e da quella sera nefasta per il mio cuore sono trascorsi esattamente tre giorni. Lui è fugace, fin troppo a mio avviso; la sera vede bene di tornare ad un'ora in cui può campare la scusa di essere stanco e di voler dormire.
Io, però, a causa di questo suo comportamento sto malissimo e non solo a livello psicologico. Anche il mio fisico risente di questo stato di angoscia in cui versa il mio animo da giorni. Sto male, molto male, ma la cosa peggiore è che Claudio, sempre molto attento e premuroso, non se n'è nemmeno reso conto. E forse è proprio questa la cosa che mi ferisce più di tutte.













"Amore che faccino, stai bene?" mi chiede la mia adorata nonnina non appena entro in casa e mi paleso a lei e Matteo che, abbarbicati sul divano, guardano le telenovelas argentine.

Non ho voglia di preoccuparla con le mie paranoie così scarico tutta la colpa sul lavoro. Lei evita di essere insistente, consapevole che prima o poi le racconterò tutto. È soltanto prima di uscire di casa che si volta verso di me e sgancia una delle sue perle di saggezza.

"Amore mio, ricordati che spesso ci facciamo influenzare fin troppo da situazioni che esistono solo nella nostra mente" e subito dopo è già sparita oltre la porta.













"Sei già a casa" dico col sorriso sulle labbra non appena lo vedo entrare dalla porta. La felicità del suo arrivo però dura ben poco e il sorriso mi muore sulle labbra non appena mi comunica che deve assolutamente correggere delle ricerche e che con ogni probabilità, data la scarsa attinenza degli studenti verso la materia, gli occorrerà tutta la sera.











È chiuso nel suo studio, anzi nel nostro studio, da tre ore. Matteo, mezz'ora fa, ha deciso bene di piangere e ancora non da segno di voler smettere a breve. Dal mio canto, io mi sento stremata; la testa pulsa come se mi avessero colpita con un bastone, ho la nausea e anche le vertigini.

Non ce la faccio più!

"Claudio, potresti venire?" lo richiamo cercando di sovrastare il pianto di Matteo. Lui mi sente e mi urla di rimando un "Non posso adesso".

Una flusso iracondo, però, si impossessa di me ed esplodo come non era mai successo prima d'ora.

"CLAUDIO CAZZO! VIENI QUI IMMEDIATAMENTE!"

Scocciato e incazzato per la mia uscita viene fuori dallo studio e si dirige verso di noi.

"Che succede?" Mi chiede mentre percorre la distanza che ci separa. "Ma Alice stai male?" mi domanda poi una volta che siamo uno di fronte all'altra. In tutta risposta io gli mollo Matteo in braccio e mi incammino verso la camera da letto.

"Ti sembro una che sta bene?" domando retorica mentre chiudo la porta alle mie spalle e subito dopo mi lascio sprofondare fra le lenzuola; un'unica lacrima mi culla in un sonno che necessitavo da troppe ore.











Sono le nove di sera quando mi desto dal sonno. Un silenzio insolito domina la casa, l'unica cosa che riesco a sentire è il vociare leggero del televisore. In salotto la scena che mi si para davanti è bellissima; uno sprazzo di normalità dopo giorni in cui mi sembrava di vivere la vita di qualcun altro. Matteo, spaparacchiato su un Claudio mezzo addormentato, guarda incantato la televisione e con una manina si tiene poggiato sulla bocca, con forza, il suo ciuccio.

UN CUORE PREZIOSISSIMO [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora