Saint Seiya Shogun Hen - La Guerra Mitologica

CAPITOLO VIII - L'ARMATURA DI PEGASUS

Era un giorno speciale ad Argo. Quale luogo di addestramento più famoso, secondo solo ad Atene, la notizia della conclusione delle selezioni attraverso la sfida finale del torneo per le investiture a Cavaliere aveva fatto raggruppare moltissima gente proveniente da tutte le città della Grecia. Le sfide finali si sarebbero svolte nella grande arena e presenziate dal signore della città di Argo, il sovrano Diomede.

Le tribune dell'arena erano gremite, mentre quella delle principali autorità era ancora vuota, in attesa del re e dei vari ospiti importanti che sarebbero seduti accanto a lui. Tra gli spalti vi erano anche coloro che avevano combattuto per il titolo, ma che poi erano stati sconfitti dagli attuali finalisti.

In una tenda lì vicino, un giovane aspirante Cavaliere si stava preparando per sostenere l'incontro finale: si trattava proprio di Seiya. Il ragazzo era arrivato alla finale riuscendo a sconfiggere i suoi avversari contro tutti i pronostici. Seiya si stava stringendo le fasce ai polsi e alle mani sotto lo sguardo attento e fiero del suo maestro Mentore. Dopo averle strette bene, ne provò la consistenza, alternandosi a colpire con i pugni le mani, per poi scaldarsi ancora sferrando dei colpi contro l'aria.

In quel mentre, il suo maestro Mentore si rivolse al suo allievo e disse: «Seiya... Non posso farti che i miei complimenti. Sei riuscito ad arrivare alla finale solo contando sulle tue forze. Nonostante l'addestramento sia stato duro in questi tre anni, ho visto crescere la tua forza giorno dopo giorno. Quando sei arrivato da me, eri una grande promessa mentre adesso sei una grande realtà!»

«La ringrazio tanto, maestro. Ma resta il fatto che senza il suo aiuto e, i suoi consigli, non sarei potuto arrivare dove sono ora.» rispose Seiya. «Dopo essermi separato da Salomone, in questi anni lei non solo mi ha insegnato a combattere, ma anche a credere in me stesso e a farmi conoscere la vera forza che si celava dentro di me: il mio cosmo!»

Sorridendo appena per le parole di Seiya, Mentore divenne poi serio e cominciò a fare un discorso molto più importante al suo allievo: «Seiya diventare Cavaliere di Pegasus non è un traguardo ma solo il principio. Essere un Cavaliere e combattere per la Giustizia in nome di Athena, significa lottare per il mondo e il genere umano contro le forze oscure del male.»

Seiya annuiva, mentre Mentore proseguì nel dire: «Per questo i Cavalieri sono così forti. Perché il bene debba sempre vincere contro ogni forma di male che esiste in questo mondo, attraverso la forza della Giustizia e la luce della Pace! Ricordalo sempre, Seiya!»

«Si, maestro! Lo farò!» annuì poi il ragazzo.

«Ora pero vai a prepararti per la cerimonia di apertura. Io, invece, ti raggiungerò più tardi.» replicò Mentore.

Nel palazzo del sovrano di Argo, tutti erano pronti per andare ad assistere alle finali dei tornei che mettevano in palio l'armatura di Bronzo di Pegasus e l'armatura d'Argento di Centaurus, le cui gare si sarebbero disputate rispettivamente nella mattina e nel pomeriggio della stessa giornata. Preparata la delegazione che doveva presenziare, il re Diomede si intrattenne a parlare col suo grande amico e compagno d'armi Odisseo di Itaca, il quale aveva al suo seguito anche Telemaco, già nominato Cavaliere di Bronzo di Equuleus, ed Euriloco, il Cavaliere d'Argento di Perseus.

Tra un sorriso e l'altro, il gruppetto si appartò per un momento, con lo stesso Diomede che esordì dicendo: «Hai ricevuto anche tu la lettera di convocazione del Grande Sacerdote? Sembra ci siano stati dei grossi guai a Tebe e non solo lì!»

«Proprio così! Ho il presentimento che il periodo di pace a cui ci siamo abituati in questi anni, sembra sia destinato a terminare in maniera così brusca.» rispose Odisseo. «Inoltre, si dice che di Cadmo non si sappiano più notizie. Dalla lettera di Egeo che ci è giunta, il Grande Sacerdote abbia inviato nella città di Tebe, Dardano di Sagittarius ad indagare.»