Cap. 16 - Promozione.

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Reame Oscuro, residenza reale - Data Terreste 25 Settembre 10247. Gli allenamenti di Lue continuavano senza pause e questa volta puntavano a farle imparare il combattimento con una qualche arma bianca. Prima di imparare le cose complicate però, bisogna ovviamente passare per le cose basilari per ogni arma che la famiglia Oscura aveva. C'era una vasta scelta, molto vasta, e Lue dovette provare ogni singola arma e molto tempo sarebbe passato prima di arrivare alla fine e scegliere quella che lei voleva imparare. Nonostante avesse passato mezza giornata nell'area di addestramento, non aveva ancora finito di usare due delle categorie di armi che aveva a disposizione, ma la madre l'aveva già avvertita del fatto che ci avrebbe messo un po' e che un solo giorno probabilmente non sarebbe bastato. Lei era seduta sulle stessa panchine e la osservava, guardando i suoi movimenti e guidandola dove sbagliava. Insieme a lei c'era ovviamente il maggiordomo mentre Blell era come sempre nel suo ufficio, non curante dei miglioramenti della figlia ma solo del risultato finale. Le ore passarono velocemente per Lue che nonostante il lungo e apparentemente noioso allenamento, si stava stranamente divertendo, nonostante lei fosse convinta di non essere una persona che amava queste cose tendenti alla violenza. Continuò ad allenarsi anche dopo la cena nonostante la madre non la stesse guardando, c'era solo il maggiordomo ad osservarla mentre faticava e sudava. Dopo poco però non riusciva più a continuare per la stanchezza. Si piegò sul ginocchio respirando un po' a fatica, davanti al manichino che stava colpendo mentre impugnava una kusarigama. Il maggiordomo si avvicinò a lei, guardandola quasi dispiaciuto. Si piegò anche lui sul ginocchio e le chiese come stava, ma lei non stava male, o era triste, anzi, si sentiva bene ed era felice, ma era un po' preoccupata di non riuscir a trovare la sua arma preferita ed era sorpresa da come sua madre e suo padre avessero trovato facilmente la loro, la prima usava il suo stocco estremamente affilato, l'altro una spada di pietra oscura. Dopo secondi di silenzio, chiese al maggiordomo quale arma usava lui e che non lo ha mai visto impugnarne una. Lui fece una risatina e le mostrò la mano e le disse con sicurezza che i suoi pugni erano la sua arma, le fece segno di spostarsi e così lei fece, si allontanò di qualche passo e il maggiordomo si rimise in piedi. Si mise in posizione per colpire e con pugno prese in pieno il volto del manichino che venne scagliato a qualche metro di distanza strusciando per terra e alzando un polverone. Lue applaudì sorridendo anche se era un po' spaventata da quello che aveva visto. Il maggiordomo si sistemò il papillon e con un fiero sorriso guardò la principessa. Lei gli disse che era sicuramente molto forte ma come avrebbe potuto affrontare cose molto più minacciose, ma lui aveva già la risposta. Le spiegò che lui, esattamente come Nerine, era in grado di incantare le armi, di potenziarle fisicamente e non solo. Le mostrò quindi due anelli con entrambi una A incisa su di essi che aveva in tasca, se li mise e in poco tempo usò una magia, che ricoprì loro, e di conseguenza anche le intere mane, di un fuoco oscuro. Lue ne rimase incantata, la trovava una cosa fantastica sapendo che non sentiva dolore. Le fiamme si estinsero e il maggiordomo si tolse gli anelli e la principessa non poteva fare a meno di chiedere come era diventato così bravo e soprattutto dove aveva trovato quegli anelli fantastici, curiosa anche di sapere il suo passato. Lui rispose che non era una storia molto lunga, ma se era curiosa, avrebbe fatto del suo meglio per raccontarla, ma doveva sentirsi pronta perché potrebbe non averla trovata molto bella. Lue annuì dicendo che era prontissima, così il maggiordomo iniziò a parlare. Era un semplice ragazzo quando capì di avere così tanto potere e forza tra le mani, ma era anche povero, la sua famiglia lo era e tutto quello che lui poteva fare era non pensarci. Non poteva andare a scuola, non poteva far parte delle guardie reali, tutto perché la sua reputazione purtroppo lo precedeva, infatti non era ben visto da molte persone, per il suo carattere e per il fatto che faceva parte della parte povera del Reame, così povera che anche gli schiavi vivevano meglio di lui e la sua famiglia. Quando divenne maggiorenne, la situazione non fece altro che peggiorare. Lui cadde vittima dell'alcool, e di una sorta di malavita, faceva spesso a pugni con altri gruppi di banditi per il controllo di determinate zone o strutture, ed era così bravo a farlo, che qualcuno cercò anche di ucciderlo, ma ovviamente non ci riuscirono, altrimenti non sarebbe stato lì a raccontare quella storia. Iniziò anche a venir preso di mira da persone più importanti, capi di bande molto forti, che o lo volevano morto, o lo volevano nel loro gruppo di malavitosi. Era solo un ragazzo, era povero, disperato, i suoi genitori soffrivano per colpa sua e allora decise di lasciare la sua casa e la sua famiglia per unirsi ad uno di quei gruppi, senza capire in che gioco si era immischiato. Finì per rubare insieme a loro, scontrarsi con altre persone e purtroppo anche ad uccidere, più volte di quanto non avesse voluto ammettere. Guadagnava soldi però, e la sua stupida mentalità da ragazzo pensava solo a quello, soldi da spendere per lui, ma soprattutto da dare alla sua famiglia, nonostante lo ripudiassero. Passarono diversi anni di lavoro, guadagnava sempre più soldi ed era benestante, ma tutto finì, quando il capo della sua banda morì insieme ad altri dei suoi compagni, lui non poteva fare niente in quel momento, non era al loro fianco, poteva solo non farsi trovare nel loro covo e andarsene via, ora senza una casa. Passò molti anni della sua vita ad ubriacarsi in una taverna, senza mai venir riconosciuto ma con un sacco di soldi da spendere, che però non era sufficienti per vivere una vita. Capitava spesso di dover fare a pugni in quelle taverne o bar, le classiche risse che si facevano quando lui era ancora giovane. Una di quelle risse però, attirò l'attenzione della persona che gli salvò la vita. Quella notte fu probabilmente quella in cui combattette con più foga e forza. Iniziò quando qualcuno con un brutto carattere gli chiese, molto sgarbatamente, di togliersi da un posto che non era il suo ma lui non aveva intenzione di spostarsi. Ricevette insulti, minacce e poi lo colpirono dietro la testa, ma ormai non sentiva nulla. Così si alzò dal suo posto con il suo boccale di vetro ora vuoto mentre il taverniere gli diceva di non fare stronzate e di calmarsi. Ovviamente non lo ascoltò. Colpi con forza il volto della persona che lo infastidiva con il boccale di vetro, ferendolo gravemente, senza però accorgersi che c'erano dei suoi amici dentro la taverna, che iniziarono ad andargli addosso, prese molte botte, ma anche lui le diede. Come un virus, lo scontro partì anche tra chi non c'entrava nulla e non aveva nessun problema l'un l'altro. Quella rissa durò quasi un'ora, e alla fine lui era l'unico ancora sveglio, ma era appoggiato in un angolo della taverna mentre il taverniere, come se non fosse successo nulla, puliva i boccali di birra. All'improvviso le porte della taverna si spalancarono, il rumore di tacchi sul pavimento avanzava all'interno del locale, il suono di una moneta luccicante che cadeva sul bancone. Un boccale che veniva riempito di bevanda. Poi ancora quel rumore di tacchi che si avvicinava a lui. Una figura femminile di una giovane donna si piegava verso di lui porgendogli il boccale, lui lo prese e iniziò a bere. Poi quella voce si fece viva, chiese quale fosse il suo nome e lui rispose. Adam, Adam era il suo nome. "Adam, eh?" rispose la voce femminile. Gli sorrise. "Da ora poi, io, rinnego il tuo nome." continuò, mentre gli porgeva due anelli.

EudasiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora