Capitolo 30 - Jace: L'avamposto del Grun'hel

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Jace era fiero di sé stesso. In un solo giorno era riuscito a convincere sia Ashes che Noall a seguirlo nel suo piano per fermare la guerra. Ah, anche Connor, ovviamente. Ma lui era stato obbligato dalle circostanze.
Era molto semplice la routine che si era instaurata tra loro tre. Si alzavano il mattino e si allenavano nel corpo a corpo. Il pomeriggio viaggiavano e la sera, atterrati sull'ennesima isola dell'arcipelago che sembrava infinito, con il fuoco come unica luce, Jace seguiva i consigli di Noall per tirare di scherma. Connor ogni tanto gli dava qualche dritta, che si rivelava molto utile, ma per la maggior parte del tempo stava in silenzio. Niente di più. Almeno fino al giorno precedente, quando Jace aveva intavolato una seria conversazione.
Stranamente Noall aveva accettato di parlare del suo passato, anche se era rimasto molto sul vago. Connor aveva bofonchiato qualcosa su una guerra, nient'altro.
Ora si trovavano vicino a quelle che Noall aveva chiamato le "terre tra i mari", un nome per indicare una striscia sottile di terra circondata dai mari che univa le due isole a sud e nord.
- davvero vuoi continuare con questo piano? - chiese Noall mentre Jace gli illustrava come avrebbero fatto a liberare May.
- sì, sono sicuro - rispose Jace senza esitazione - dobbiamo fare il più presto possibile -
Noall sembrava poco convinto - sai che probabilmente i prigionieri così preziosi li tengono sotto sorveglianza giorno e notte? -
Jace non aveva idea di cosa stesse parlando - non credo sarà così difficile... -
- il problema è che nessuno ha mai trovato l'avamposto dei cacciatori di uomini, e se anche ci riuscissimo sarà piena di tagliagole - rispose Connor - nessuno ha mai neanche provato ad avventurarsi in quel luogo, a patto che qualcuno l'abbia trovato prima di noi, ovvio -
Jace non capiva dove fosse il problema - proprio per questo riusciremo a farlo. Se nessuno se lo aspetta useremo la sorpresa come arma -
Noall sospirò - ho detto che ti seguirò e lo farò, puoi starne certo. Ma credo sarà difficile... Sono d'accordo che dobbiamo salvare Mariline, ma proprio ora? Aspettiamo che la portino da qualche altra parte -
- credo proprio che sia necessario se vogliamo convincere tutti che non c'è più nessuna guerra da combattere, non abbiamo tempo - spiegò Jace incespicando nelle sue stesse parole.
Noall non discusse ancora, ma Jace si sentì in colpa. La verità era che lui voleva salvare May non per fermare una guerra o motivi così nobili, semplicemente perché sentiva di volerlo fare. Anzi, doveva farlo. Era colpa sua se adesso era prigioniera.
E questo Jace non poteva sopportarlo - non mi devete per forza aiutare a salvarla, se non volete -
- non è questione di volerlo o no, il problema è non morire nel farlo - spiegò Noall.
- lo so -
- allora sai che ci stai chiedendo molto - disse Connor - ma allo stesso tempo credo che i miei compagni siano nello stesso posto della bambina, quindi verrò con te -
Noall si alzò e iniziò a fare degli strani esercizi di respirazione che Jace gli vedeva fare molto spesso - per qualche motivo credo che ci sarà molto utile il tuo aiuto, Connor - disse lentamente.
Jace si trovò daccordo. Quell'uomo, che lo aveva ingannato e spinto a tradire Reyla, sembrava sapere molto sulla guerra e il suo modo di fare era sicuro e forte. Lo rassicurava.
Non disturbò più Noall, sapeva che c'era un limite a quanto quel gigante potesse socializzare in un giorno.
Aveva imparato a conoscerlo durante il mese trascorso insieme. Non glielo avrebbe mai detto, ma ormai conosceva la sua routine e i suoi atteggiamenti. Poteva indovinare il suo umore solo dal rumore dei suoi passi la mattina.
E sapeva anche che dentro, molto in fondo, sotto la scorza dura di rabbia e indifferenza, c'era un cuore buono. Ne era certo, Noall  la persona più sincera e buona che avesse mai conusciuto, più di lui stesso forse.
Noall cominciò ad allenarsi. Jace rimase a guardarlo, un po' per imparare, un po' perché era davvero impressionante la forza che possedeva.
Sferrava calci e pugni con una violenza tale da smuovere l'aria. Ogni colpo risuonava forte e secco, preciso e potente.
Usava soprattutto i pugni. Jace l'aveva notato mentre combattevano. Il suo stile era incentrato sulla parte alta del corpo. Usava anche le gambe, ma di solito solo per dare maggiore forza ai pugni.
Un'idea lo folgorò.
- Noall, ho capito come potrei combattere - disse Jace alzandosi e raccogliendo il bastone che usava come spada ormai da un bel po'. Era rovinato e ammaccato, ma teneva ancora.
Connor ghignò - oh, bene... -
Noall per poco non lo colpì al volto voltandosi di scatto - cosa? - chiese con la voce affaticata.
- so come voglio che sia il mio stile di combattimento - spiegò Jace emozionato - ci ho pensato mentre combattevi -
- no, il mio stile non è adatto a te, sei troppo... -
- gracile - terminò Jace per lui - ma non è quello che volevo dire. Voglio provare a unire il combattimento con la spada a quello magico -
Noall abbassò i pugni alzati - ne vuoi aggiungere ancora uno per semplificare le cose? -
- il combattimento corpo a corpo - rispose Jace senza cogliere l'ironia nella domanda di Noall - mi è subito sembrato adatto a me quando l'ho immaginato -
Noall gli fece un gesto per farlo avvicinare - spiegami come vorresti fare -
Jace si mise in posizione. Fino a quel momento aveva tenuto la spada con due mani, ora la impugnò con una sola. Incanalò il Lyn nella spada e anche nella mano sinistra.
- vorresti usare sia la spada che la magia insieme - disse Noall mentre lo osservava - è una buona scelta, ma sarà difficile -
Jace annuì. Ne era consapevole ma sapeva che era quello il metodo che voleva utilizzare.
Decise di fare una cosa che pensava da molto. Raccolse una gran quantità di Lyn negli occhi, fin quando non iniziarono a bruciare.
Noall disse qualcosa, probabilmente per fermarlo, ma Jace vide solo il movimento delle labbra. Non poteva più né sentire né percepire gli odori.
Continuò a far scorrere il Lyn, fino a quando anche la vista, sopraffatta da troppi stimoli, si spense.
Ma Jace non si fermò. Ancora un po' di Lyn e finalmente successe qualcosa. Era come se avesse perso ogni senso ma allo stesso tempo tutti quanti si erano raccolto in uno solo, potenziato. Si sentiva come onniscente. Poteva percepire ogni minuscola cosa nel raggio di cinque metri, ogni animale, insetto e perfino il più piccolo spostamento d'aria causato dalle ali di una zanzara. Oltre non c'era nulla, solo buio totale.
Poteva "vedere" anche Noall. Lo percepiva accanto a sé. Sentiva il suo battito e un ronzio provenire da lui, come se... Come se sentisse i suoi pensieri. Connor era una macchia alla periferia della percezione.
Stava quasi per ridere, non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così facile, quando qualcosa ruppe l'equilibrio.
Un colpo secco e veloce, alle sue spalle. Riuscì a riconoscerla come una freccia.
Non aveva nessuna paura, ogni emozione era azzerata, sopraffatta dalla concentrazione.
Si voltò all'ultimo momento, un attimo prima che la freccia lo colpisse, e la afferrò fermando la sua traiettoria.
Sei presenze fecero la loro apparizione nel raggio di percezione di Jace. Noall, al suo fianco, si stava muovendo per difendersi, ma era come se fosse avvolto dalla gelatina. Era lento, come lo erano gli altri intorno a loro.
Jace percepì intenzioni ostili nei suoi confronti. In un istante raggiunse Even'hell e la sfoderò. Non c'era spazio per l'esitazione.
Colpì il primo uomo dritto al cuore pulsante. Non vedeva i loro corpi, ma solo lo scorrere del Lyn nelle loro vene. Erano solo figure umanoidi firmate da grovigli e intrecci di rossastri nastri luminescenti.
In pochi istanti tutti e sei gli uomini giacevano a terra, morti.
Fu allora che gli occhi di Jace ripresero la vista e un'ondata di stanchezza lo pervase.
Tutti i sensi tornarono di colpo. Noall, che aveva fatto appena in tempo a muovere un passo, osservò sbalordito prima i corpi senza vita, poi Jace e di nuovo i corpi, con gli occhi spalancati pieni di confusione.
Jace aveva la testa pesante, tutto intorno a lui era sfocato. Piccole macchioline rosse gli riempirono la vista. Noall lo sostenne mentre si adagia a contro un masso.
- cosa è successo? - chiese Connor dopo qualche secondo.
Jace boccheggiò. Si era accorto che non aveva ancora respirato. Eliminando i sensi aveva anche eliminato il bisogno di respirare. Per quello probabilmente l'incantesimo era svanito e lui si sentiva così male.
Tossì un paio di volte prima di riprendere un minimo di controllo - è stato... Straordinario - gracchiò, la voce sibilante.
- straordinario? Io direi spaventoso - Noall era davvero spaventato. Si poteva leggere nell'espressione che aveva sul volto.
- non esagerare, erano solo sei dopotutto - disse Jace cercando di non pensare che era stato lui ad ucciderli.
Connor scosse la testa - non loro, eri tu che facevi paura -
Jace rimase senza parole per un attimo - io? -
- avevi gli occhi completamente vacui - spiegò Noall - e le vene intorno erano nere come se scorresse inchiostro e non sangue -
Jace si sfiorò le tempie - davvero era così spaventoso? - chiese incredulo.
- sembravi un demone, Jace - disse Connor sedendosi di fianco a lui - ho visto in pochi casi qualcosa di simile ed era sempre orribile -
- quindi non sono il primo che usa una tecnica simile, potrei imparare da qualcuno che ne sa più di noi -
- no, Jace. Nessuno lo fa intenzionalmente. Le vene nere sono un segno di sventura e morte - disse Noall grave - un morbo mostruoso che attacca i maghi e soprattutto gli elfi. In passato veniva chiamato la morte nera o la morte del demone Furh, il signore delle ombre -
- una malattia? - chiese Jace esterrefatto - ma non... Non credo sia così -
- invece lo è. Accade quando un mago non riesce a tenere separati le due anime che ognuno porta dentro di sé, quando il ki positivo è quello negativo di mescolano - Connor unì le mani per sottolineare il concetto - per questo ad ognuno viene insegnato ad usare un solo tipo di ki, una sola strada dell'anima -
Jace iniziò a mordicchiare il pollice, come faceva Reyla quando era nervosa - ora si spiega tutto - disse lanciando un'occhiata alla mano destra.
Connor, che ancora stava spiegando i dettagli della malattia, si fermò - cosa? -
Jace sospirò. Non aveva detto nulla perché non era sicuro nemmeno lui di quello che gli stava succedendo.
Con cura arrotolò la manica della maglia, fino al gomito. Poi fece lo stesso con l'altra.
Dalla bisaccia prese la boraccia con l'acqua e la versò sul braccio destro. Strofinò forte, quasi come se volesse spellarsi il braccio.
A poco a poco un arazzo di linee scure spuntò sulla pelle chiara, fino a formare un tatuaggio, proprio come quello che aveva sull'altro braccio, ma più confusionario, come se fosse incompleto.
Noall rimase un attimo a bocca aperta, letteralmente.
- oh... Sei malato quindi... -
- sempre sincero eh? - ironizzò Jace coprendo nuovamente il marchio - ma non mi sento malato -
Noall cercava di non guardarlo negli occhi - non... Non importa. Non è il momento di pensarci -
- giusto - disse Jace poco convito - abbiamo qualcosa sa fare -
L'argomento venne accantonato, ma qualche ora dopo, mentre camminavano sul crinale della montagna che tagliava a metà la terra tra i due mari per lungo, Jace si ritrovò a rimuginare su quello che gli avevano detto Noall e Connor.
Era quindi una malattia che lo affliggeva, una malattia grave, mortale. Non sapeva quanto avrebbe potuto ancora vivere, forse qualche settimana o se era fortunato anni. Sì, forse avrebbe potuto vivere ancora molti anni.
Non ci credeva neanche lui, ma non poteva farsi abbattere da pensieri negativi. Era quasi al punto di raggiungere l'obiettivo di liberare May, non poteva distrarsi. Purtroppo anche l'orrore di ciò che aveva appena fatto, uccidere sei uomini a sangue freddo, lo tormentava. Non poteva credere che fosse stato lui a decapitare un uomo e mutilarne altri cinque.
Il sentiero diventò così arduo da percorrere, con rocce e fango che rendevano il cammino impossibile, che Jace riuscì a focalizzare la sua attenzione solo su dove mettere i piedi per evitare di cadere.
Il paesaggio era bellissimo, da lassù. A sinistra si stendeva infinito  il mare blu, luccicante sotto la luce del sole. Jace non aveva detto nulla, ma la prima volta che l'aveva visto, qualche giorno prima, era rimasto estasiato dall'immensità di quella distesa d'acqua. Gli sembrava incredibile che potesse essercene così tanta in un solo posto.
A destra invece il mare era circondato da due strisce di terra che lo racchiudevano in una larga baia circolare, di dimensioni ragguardevoli.
Il vento gli impediva di sentire il rumore delle onde, anche se Noall gli aveva detto che non le avrebbe sentite lo stesso, che erano troppo lontani. Jace non poteva credere che tutta quell'acqua non facesse abbastanza rumore. Dall'isola aveva sempre visto una piccola striscia di mare e dal dorso di Ashes tutto sembrava... Diverso. Ora invece si accorgeva della maestosità di ciò che stava guardando.
Noall apriva la strada a grandi passi, obbligando Jace a tenere un ritmo fuori dall'umana comprensione. Connor arrancava dietro di loro, zoppicando.
Macinarono in poche ore miglia su miglia, senza mai rallentare. Questo permise a Jace di allenarsi nell'uso continuo di Lyn per non rimanere indietro.
Ma dopo un po' Noall lo lasciò indietro. Jace arrancava cercando di tenere il passo, con il fiatone e lo sguardo fisso sui piedi. Il sentiero ora era pure in salita, tanto che sembrava quasi un'arrampicata.
In questo modo Jace non si accorse che Noall si era fermato, fin quando non andò a sbattere contro la sua schiena.
Noall lo prese dallo zaino, lo alzò da terra e Jace pensò che volesse lanciarlo giù dal monte. Invece percorse gli ultimi metri prima della cima portandolo su un solo braccio. Jace, nonostante il sollievo per non dover più camminare, si sentì come un gattino che viene preso dalla collottola.
- ehm... Grazie? - disse quando Noall lo posò in cima.
Noall scrollò le spalle e tornò indietro, facendo lo stesso con Connor, anche se questi protestò molto di più.
Da lì riuscirono finalmente a vedere la loro meta. Ashes li aveva avvertiti che quell'isola, che per quanto fosse grande non era mai toccata da nessuno per via delle storie di morte che circolavano, doveva essere quella giusta. Tutte le altre possibili erano state scartate, una ad una, ed ora rimaneva solo quella oppure avrebbero fallito. E Jace era stanco di cercare. Stanco di muoversi da un pezzo di terra ad un altro di continuo.
Jace si avvicinò al palo di legno conficcato nel terreno qualche metro più avanti, proprio all'inizio di un altro sentiero che scendeva lungo un ripido versante roccioso.
Fu facile trovare l'accampamento. Spuntava prepotente in mezzo alle dolci colline verdi e ai boschi scuri.
- è quella vero? - chiese Jace fissando l'enorme torre di ponti e corde costruita intorno ad un albero gigantesco, che si innalzava verso il cielo con cinque punte, quasi come le dita scheletriche di una mano.
- sì - rispose Noall - o credo, almeno -
- è quella, sono sicuro - disse Connor - è proprio come viene descritta nei racconti di Lestia la Svelta -
Jace provò a deglutire, ma gli mancava la saliva. Gli sembrava di avere della sabbia in bocca.
Quella struttura era così inquietante che persino da lì provava paura, una sensazione di ribrezzo totale.
- ora tocca a te, Jace. ti ho... Abbiamo portato fin qui, tu dovrai pensare al resto - disse Noall posandogli per un istante la mano sulla spalla prima di ritirarla come se si fosse scottato.
Jace annuì - dobbiamo avvicinarci di più, mi serve una buona visuale -
Noall gli fece segno di andare per primo, senza esitare.
Jace non si lamentò, nonostante fosse stremato. Iniziarono la discesa del versante seguendo le lunghe curve del sentiero, così stretto che ogni tanto erano obbligati a strisciare contro il muro per non cadere.
Dovettero anche cercare nuove vie quando trovarono un ponte crollato e più avanti una frana che aveva ostruito il passaggio.
Ma riuscirono prima di sera a fare comunque un buon tratto di strada.
Si accamparono in una rientranza della roccia, dove stavano a malapena seduti in tre. Noall aveva le gambe così lunghe che prendevano oltre il bordo, nel vuoto e Connor non riusciva a trovare la posizione giusta per la gamba ferita.
Nessuno dei tre riuscì a chiudere occhio. Il freddo pungente si unì ad un abbondante nevicata, una tempesta che imperversò per tutta la notte.
La mattina dopo Jace non riusciva più a sentire le dita delle mani e dei piedi. Ogni lembo di pelle esposto era violaceo, insensibile.
Noall era nella stessa situazione e Connor forse peggio. Non parlarono, se muovevano la bocca le labbra si riempivano di goccioline di sangue che subito si congelavano ancor prima di cadere.
Tremando e scivolando sullo strato abbondante di neve iniziarono nuovamente a scendere. Il bel tempo del giorno precedente era stato sostituito dal cielo plumbeo e dalla nebbia latiginosa.
Furono le ore piu lunghe che Jace avesse mai vissuto. Le ferite rimarginate si riaprirono per il freddo, e per lo stesso motivo le nocche delle mani iniziarono a spaccarsi e sanguinare. Ogni parte del corpo che si muoveva si spaccava in piccole ferite sottili.
Non riuscivano a camminare per più di qualche minuto, poi facevano una pausa, si riparavano sotto ai mantelli, e dopo partivano di nuovo. Quando anche il vento ululante si aggiunse a tutto il resto Jace pensò che sarebbero morti su quelle montagne.
Ne fu sicuro quando perse l'equilibrio su un mucchio di neve fresca. Scivolò e non trovando nessuno appiglio cercò di urlare aiuto - a... Aiuto - gracchiò così debolmente da non convincere neanche se stesso.
Poi cadde, vide il piccolo e stretto sentiero per un ultima volta e... Rimase appeso a qualcosa per la collottola.
Jace alzò lo sguardo e vide il volto di Connor, barba corta e occhi scuri inclusi - se vuoi prendere una scorciatoia ti consiglio di sceglierne una più sicura - disse con la voce affannata dallo sforzo di tenere il bastone con cui aveva agganciato il suo colletto.
Jace voleva ridere, ma il vuoto sotto ai piedi glielo impedì.
Noall accorse e riuscì a tirarlo su senza problemi. Jace si issò sul sentiero e si abbandonò sulla parete di roccia, con il fiato corto - grazie - sussurrò con il cuore che ancora batteva forte.
Noall scrollò le spalle e Connor fece un gesto elegante con la testa - è stato un piacere -
Il resto del giorno fu, per minimizzare, assurdo. Il sentiero non accennava ad allargarsi o finire e Jace aveva l'impressione di non riuscire ad andare avanti ogni volta che faceva un passo falso e rischiava di cadere, ogni volta che degli strani boati rimbombavano tra le pareti rocciose.
Ma non fu così. Il giorno dopo, all'improvviso, tutto terminò.
La nebbia scomparve, il vento anche. Il cielo era scuro e sembrava essere appena qualche centimetro sopra le loro teste. Erano appena scesi al di sotto delle nuvole di tormenta.
Faceva ancora freddo, e la neve cadeva ancora, ma non era più una tempesta. Jace ringraziò tutti gli dei.
Si concessero una pausa di tacito accordo. La voglia di parlare ancora non era tornata né a lui né a Noall, tantomeno a Connor, che era quello più provato, ma Jace si sentiva molto meglio.
Decise di usare un po' di Lyn e, raccogliendolo appena sotto la pelle, iniziò a riscaldarla. L'effetto fu immediato. Una nuvola di vapore si alzò intorno a lui per poi svanire in una miriade di piccole gocce di ghiaccio non appena entrò a contatto con l'aria.
Jace sorrise. Un errore che gli costò una dolorosa fitta alle labbra.
- dobbiamo... - sussurrò Noall - dobbiamo raggiungere quella collina laggiù -
Con un cenno del mento indicò un'altura, molto più in basso di loro. Jace capì subito perché. Da là avrebbero potuto avere una buona visuale sulla torre.
- andiamo - disse tremando - non sembra fare così freddo laggiù -
- speriamo, o moriremo prima di poter compiere qualunque grande impresa - commentò Connor
Noall lasciò che Jace andasse per primo, poi seguì lui e Connor a poca distanza. Dopo ancora qualche difficile ora di discesa, proprio mentre il sole feceva capolino dall'orizzonte , raggiunsero la fine del sentiero, che si univa ad una strada che, seppur dissestata, era molto più facile da percorrere.
I piedi di Jace, gelati e doloranti, tirarono un sospiro di sollievo.
Più scendevano e più le temperature diventavano, nei limiti dell'inverno, più miti. Gli arti dei ragazzi iniziarono a sciogliersi, i cristalli di ghiaccio sui loro capelli scomparvero.
Il cielo andava pian piano schiarendosi, lasciando ai caldi raggi del sole sottili spiragli tra le nuvole per passare.
Entro mezzogiorno avevano percorso più di metà strada verso la collina. Mentre avanzavano imperterriti, decisi a raggiungere al più presto la collina, Jace si guardava regolarmente alle spalle per vedere con immenso piacere la montagna da cui erano scesi poco prima. Era contento di aver superato anche quella prova, per quanto banale potesse essere.
Verso sera, quando il sole raggiunse lo zenit, avevano raggiunto la loro meta.
Jace si lasciò cadere senza forze sul manto erboso, senza curarsi delle goccioline d'acqua che gli bagnavano i vestiti.
Dopo qualche minuto, durante i quali Noall preparò una cena fredda a base di pane, Jace si sentiva molto meglio.
- allora - disse Noall tra un boccone e l'altro - cosa vuoi fare ora? -
Jace deglutì un pezzo secco troppo grosso - quello è l'avamposto? - chiese indicando la punta della torre che faceva capolino dalla cima della collina.
Connor annuì - sì, e siamo troppo vicini -
- è perfetto, invece. Troveremo un modo per entrare e libereremo May - disse Jace stringendo il pugno.
Noall continuò a mangiare - venite - disse quando finì.
Jace e Connor lo seguirono fino alla sommità, pochi metri più avanti.
Da lì una vista stupenda si apriva su un enorme foresta che si estendeva a vista d'occhio.
- è quasi inattaccabile. È circondata da pareti di roccia che non lasciano via di scampo se non il mare  -
Jace guardò disgustato il cerchio brullo di alberi bruciati al centro del quale sorgeva la torre, circondata da edifici più bassi. Una moltitudine di focolari illuminavano a giorno i dintorni. Sembravano le porte dell'inferno.
E Noall aveva ragione, sembrava davvero inespugnabile. Sorgeva al centro di una baia circolare, ma anche dalla parte del mare alte scogliere la proteggevano dagli occhi del mare, che si poteva appena intravedere da uno spiraglio, probabilmente l'ingresso principale dei contrabbandieri. Era protetta su tre lati dalla scogliera-muraglia e dall'altro dalla montagna da cui erano appena scesi. Davvero un luogo ideale per un covo di criminali.
- è raccapricciante - sussurrò Jace.
- è molto peggio - Connor aveva lo sguardo concentrato fisso sulla torre - e stiamo per buttarci tra le sue fauci -
Jace scosse la testa - no, non è così - disse appoggiando la punta di Even'hell, ancora nel fodero, a terra. Incrociò le mani sul pomolo - riusciremo a conquistare quella prigione -
- sarà la nostra prima battaglia insieme - disse Noall - dovremo preparaci -
Noall aveva ragione. Quella sarebbe stata la prima volta che avrebbero combattuto insieme, ma non solo. Era la prima volta che Jace combatteva sul serio, la prima volta che era disposto a fare tutto, persino uccidere, per raggiungere il suo obbiettivo.
Era la prima volta che aveva un motivo per lottare.

La Rosa Cremisi - Il Destino Di Un RegnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora