L'elfa non sapeva se quello che stava per fare fosse giusto. Era un gesto orribile, che mai avrebbe compiuto fino a qualche anno prima. Un gesto meschino e crudele.
Ma in quel momento, con il ruggito della guerra alle spalle e le urla dei feriti attutite solo dalle sottili pareti di pietra che racchiudevano la piccola stanza nascosta tra le fronde delle secolari quercie, un avamposto segreto reduce di una guerra antica e dimenticata, non poteva esitare.
Spinta dal dovere verso la sua gente e verso ogni libero abitante della terra di Leverian, si avvicinò a piccoli passi al cantuccio che dominava come unico arredamento la stanza circolare.
Sentiva già, ancora prima di vederlo, i movimenti del bambino che dormiva tra le bianche lenzuola, ignaro di ciò che lo circondava, avvolto da quella impagabile ed effimera innocenza propria solo del sonno, così rara da essere un tesoro.
Finalmente l'elfa riuscì a scorgere la testolina ricoperta di folti capelli, poi venne il corpicino sottile ma allo stesso tempo paffuto, ancora sottile e candido da sembrare fatto di porcellana.
L'elfa allungò le braccia tremanti per prenderlo, per portarlo via a quel luogo sicuro che lo faceva dormire così pacatamente.
Ma la mano del bambino, veloce, afferrò un suo dito, stringendolo forte. Gli occhi, grossi e luminosi, si fissarono nei suoi, come due pietre preziose, pieni di vita.
L'elfa rimase immobile. Lo sguardo di quel bambino era... Consapevole. La fissava senza quasi sbattere le palpebre, come in una muta protesta. Ma allo stesso tempo sembrava volerla confortare, con la sua mano calda e sicura - ma... Chi sei? - chiese con la voce limpida.
L'elfa sentì un groppo al cuore. Stava per rapire quella piccola creatura, stava per strapparla alle braccia della madre.
Prima che l'esitazione si trasformasse in qualcosa di peggio, prima che potesse rovinare il sacrificio di migliaia di persone, l'elfa passò una mano davanti agli occhi del bambino, che si chiusero, facendolo cadere in un sonno profondo. Lo prese in braccio e corse.
Corse fuori dal rifugio, trovandosi in mezzo alla foresta infinita di Lofariel, il campo di battaglia della guerra.
Da ogni parte rumori di spade che cozzavano una contro l'altra, urla angosciate, di dolore o di sanguinaria follia, la morte dietro ogni angolo, più vicina di quanto chiunque potesse pensare. Nel cielo i bagliori verdi e rossi del fuoco di draghi e viverne.
L'odore di decomposizione aleggiava in ogni dove, soffocante, ma l'elfa ignorò i cadaveri sparsi sul terreno reso molle dal sangue dei caduti, ignorò ogni avvertimento del proprio istinto e corse.
Mentre correva in mezzo a quel massacro insensato calde lacrime scorrevano sulle sue guance. Teneva stretto il bambino come se fosse un'ancora di salvezza, l'unico motivo per non fermarsi e affondare nelle torbide acque della guerra. Una guerra che aveva già combattuto e che stava per terminare.
Superò alberi così grossi da poter contenere intere case, salì e discese per innumerevoli montagne, senza mai rallentare. La forza le veniva da dentro, o meglio, dalla consapevolezza che quello che stava facendo in quel momento, tutto quello che stava sacrificando, era volto a un bene superiore.
Finalmente, quando ormai il tramonto stava volgendo al termine, lasciando spazio nel cielo alle oscure tonalità della notte, l'elfa raggiunse una radura illuminata da tante piccole lucciole variopinte.
Lì la attendevano trepidanti due figure incappucciate, una alta e dal fisico possente nascosto sotto al mantello, l'altra più minuta e sottile, ma non per questo meno imperiosa.
- ci sei riuscita? - chiese l'uomo impaziente.
L'elfa gli fece vedere il volto del bambino, ancora stremata per la lunga corsa.
- quindi è lui... - sussurrò l'uomo con uno strano accento di nostalgia nella voce - è cosi... Sembra così fragile -
- quando la Quarta Era giungerà al termine e l'ombra dell'invasore si farà più lunga che mai, alla luce morente del crepuscolo, quando giorno e notte in equilibrio viaggeranno, temete, o stolti, il ritorno del principe di fuoco. Figlio della stirpe di Ragnar, cresciuto da un figlio della luce, Di pace eterna la promessa, dell'Abisso il sussurro. Su tutti noi la salvezza porterà, o la disfatta infine - sussurrò l'altra figura enigmatica.
- ha ragione lei - disse l'uomo nervoso, tormentandosi l'angolo strappato del mantello logoro - se le Antiche Profezie dicono il vero questo... Bambino, sarà la nostra salvezza -
- o la nostra disfatta - disse l'elfa stringendo più forte il bambino.
- o la nostra disfatta - annuì l'uomo - per questo lo affidiamo a te, lo comprendi vero? -
L'elfa guardò un'ultima volta quel visetto così dolce, cosi... Puro. Non immaginava che fosse possibile che diventasse un essere così potente come veniva descritto dalle scritture di qualche antico profeta.
- è un compito che solo tu puoi portare a termine, per questo ti abbiamo coinvolta -
L'elfa sospirò - sono pronta -
- allora vai, veloce. Non ci vorrà molto prima che si accorgano di noi - l'uomo la spinse dolcemente per le spalle.
L'elfa raggiunse il limitare della radura e si voltò un'ultima volta verso i due compagni, che illuminati dall'ultimo raggio di luce sembravano due creature mistiche, due ombre senza volto.
- ci incontreremo di nuovo - sussurrò.
Poi scomparve nelle ombre della notte, un fantasma che portava con sé una promessa di pace.
Un terribile segreto cominciò quella sera d'estate, sorto dal sangue dei morti in battaglia e consumato nel buio e solitario silenzio del tempo.
STAI LEGGENDO
La Rosa Cremisi - Il Destino Di Un Regno
FantasyDurante una guerra che perdura da secoli, con il nemico sempre più potente, sempre più vicino, le ormai uniche delle cinque razze in grado di opporsi all'impero sono gli elfi e gli umani, ultimi superstiti dell'antica resistenza, di un regno ormai p...